Speciale: Anglo-Français

Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Le caratteristiche e le grandi qualità venatorie di questo cane da seguita fortemente voluto dagli allevatori francesi emergono grazie alle opinioni di appassionati italiani della razza

Bruno Baraldi,Roberta Ercoli, Gianluca Lerda e Giovanni Poli sono in stretto ordire alfabetico. gli appassionati esperti della razza hanno risposto alle nostre domande e che attraverso le loro parole, ci hanno fornito un’interessante spaccato sulle caratteristiche e le qualità venatorie di questo segugio francese che sta raccogliendo sempre più consensi tra i segugisti del nostro Paese che lo impiegano in particolare nella caccia al cinghiale.

D. – Vuole provare a spiegarci quali sono le caratteristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire l’Anglo-Francais ai suoi potenziali utilizzatori, aspetto alle altre razze da seguita? Bruno Baraldi: “Le preferenze sono molto soggette e dipendono sa tanti fatta n quali. ad esempio. Il sentimento l’aspirazione,l’amore  eccetera.”.

Gianluca Lerda: “Sul lavoro sono segugi di straordinaria volontà e determinazione che non mollano mai nella cerca e nella risoluzione del covo, che rimane il loro obiettivo. Inoltre si adattano benissimo tanto alla caccia alla lepre che in quella al cinghiale; poi sono dei cani che non sentono la fatica del lavoro, cosicché potrebbero cacciare la lepre al mattino e il cinghiale al pomeriggio. Ma la loro qualità maggiore è sicuramente il rientro, dovuto al loro grandissimo senso di orientamento che fa si che questi cani ritornino esattamente nel medesimo punto in cui sono stati sciolti.”.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio di questa razza per essere tale veramente?

Gianluca Lerda: “Mio padre Oscaldo, in qualità di mio maestro,mi ha insegnato che un buon “segugio” deve innanzitutto possedere,venatoriamente,una grande volonta e una forte determinazione sul terreno di caccia.Poi lavorare naso a terra sulla fase di incontro,dare buona voce sulla pastura e/o sul maneggio notturno,arrivare allo scovo e seguire il selvatico con continuità e senza farsi depistare dai falli dell’animale in fuga.Se poi il segugio in questione si dimostra capace di scovare sia la lepre che il cinghiale… beh ,allora lo definirei un “grande segugio”.

D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?

Gianluca Lerda: “Mi sembra evidente che datala risposta precedente le qualità dell’Anglo-Francais sono conosciute solamente da quanti hanno personalmente provato questo segugio, utilizzandolo sul terreno ci caccia. Come allevatori della razza noi abbiamo la fortuna che i nostri promotori sono gli stessi cacciatori segugisti che, avendo acqui-stato qualche soggetto ed essendone estremamente soddisfatti, ne parlano bene ai loro colleghi, alcuni dei quali decidono, a volte, di provare questi cani anche loro.”

L’intervista: 9 domande a Gianluca Lerda

Gianluca Lerda con un Briquet Griffon Vendéen del suo allevamento (Foto G.M.)

Gianluca Lerda con un Briquet Griffon Vendéen del suo allevamento (Foto G.M.)

Insieme al padre Osvaldo al quale, negli anni, è subentrato a tempo pieno, Gianluca Lerda alleva a Caraglio, in provincia di Cuneo, segugi francesi di razza Petit Anglo Francois, Briquet Griffon Vendéen e Ariégeois. Ed è proprio a proposito di quest’ultima razza che (questa volta) ho pensato di rivolgermi a lui che, per il fatto di essere praticamente nato con questi cani e quindi di conoscerli da una vita, può sicuramente parlarci dei “segreti” di questa razza che, attualmente, è una tra le più apprezzate dai segugisti italiani. Ecco quindi le sue risposte alle mie domande.

D. — Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio questa razza di segugi?
R. — Per la verità io mi sono trovato questi Segugi in casa. Infatti, spinto dalla passione per la caccia alla lepre e al cinghiale con i cani da seguita mio padre, in seguito ad alcuni viaggi di lavoro nel Midì di Francia, vedendo per la prima volta degli Ariégeois impegnati sul terreno di caccia s’innamorò di questa razza e, coinvolgendomi, decise d’iniziarne l’allevamento. Farla conoscere agli appassionati italiani, all’inizio, non fu facilissimo, ma il fatto che oggigiorno la razza sia utilizzata con soddisfazione da molti ci ha reso felici e orgogliosi che ciò sia successo.

D. — Vuole provare a spiegarci quali sono le caratte-ristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizzatori rispetto alle altre razze da seguita?
R. — Credo che, per quanto riguarda la caccia alla lepre, sia sicuramente l’innata vocazione dell’Ariégeois per il lavoro di traccia e la sua iniziativa di scovo, nella quale eccelle per la sua determinazione a risolvere i falli e le doppie, per poi lanciarsi nell’inseguimento della fuggitiva con tutto sé stesso con la sua voce ululata che da i brividi. Nella caccia al cinghiale, invece, se selezionato su giuste linee di sangue di grinta e coraggio, l’Ariégeois da dimostrazione della sua intelligenza nell’abbaio a fermo dove sa tenere la giusta distanza dal selvatico, tuttavia sono sempre le sue qualità di tracciatore di scovatore a distinguerlo anche sull’irsuto “re del bosco”.

D. — A suo parere, vi è una dote che oggi non viene te-nuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. — Direi di no; personalmente, infatti, ritengo che il segugista cacciatore, quando possiede davvero un buon soggetto, non può non scoprire le grandi qualità di questa razza e, anche, perdonarne gli eventuali difetti.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. — A questa domanda ho già risposto, in parte, nelle domande precedenti. Tuttavia voglio parlare di quella che ho potuto riscontrare durante gli anni di caccia con l’Ariégeois e che, secondo me, è una grande dote: vale a dire quella di riuscire a specializzarsi sul selvatico da noi prediletto rifiutando ogni altro animale.

D. — Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. — L’Ariégeois sta avendo la fortuna di essere sempre più conosciuto, e quindi apprezzato, dai segugisti italiani, cacciatori e/o cinofili che siano. Pertanto, secondo me, nel suo allevamento occorre solamente continua-re a selezionarlo cercando di migliorarne sempre più le qualità.

D. — Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. — Come ho già detto, nel nostro Paese, attualmente L’Ariégeois si è fatto ben conoscere ed è ben presente sui terreni di caccia. Voglio comunque fare un inciso: io penso che ogni razza vada sempre rispettata, e ciò anche se a priori non ci esalta per via del nostro modo di vedere e di apprezzare un certo tipo di metodologia di lavoro o di voce.

D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai ra-duni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. — Certo! Il confronto fa sempre migliorare e il giudizio di un esperto può solo accrescere il miglioramento morfologico e qualitativo della razza. Inoltre, e questo vale in generale, è importante portare la razza alla visione di tanti appassionati che magari ancora non la conoscono o, addirittura, non l’hanno mai vista dal vivo.

D. — A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. — Come ho già detto sicuramente l’Ariégeois eccellente nella caccia alla lepre, ma anche in egual misura (in presenza delle giuste linee di sangue), nella caccia al cinghiale.

D. — Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per sod-disfare la propria passione venatoria?
R. — Per iniziare gli direi di non illudersi che basti che il suo soggetto possieda il sangue giusto perché tutto, poi, venga da sè. Di sicuro, infatti, se il Segugio ha del talento e iniziativa tutto diventa più facile, ma il neofita deve sapere che è altresì necessario, sempre, che il suo soggetto sia seguito da lui con passione, amore e pazienza facendogli fare la necessaria esperienza, sino a diventare, negli anni, un bravo ausiliare. E, in questo caso, il suo Ariégeois saprà sicuramente ricambiare la sua dedizione, facendolo divertire e procurandogli sul terreno di caccia quelle emozioni che lo ripagheranno dell’impegno profuso per il suo addestramento.

Il Briquet Griffon Vendéen

articolo tratto da “Cani da seguita”
di Luca Colombo

Questa   razza di origine francese è molto presente numericamente in ltaiia, dove viene impiegata, quasi esclusivamente, per la caccia al cinghiale e solo rarissimamente per la caccia alla lepre

Originaria della regione francese della Vandea, della razza dei vandeani esistono ben quattro varietà: il Petit Basset Griffon (da 34 a 38 cm), il Grand Basset (da 39 a 42 cm), il Briquet Griffon Vendéen (da 50 a 55 cm) e il Grand Griffon Vendéen (da 60 a 65 cm). Tra queste, il Briquet Griffon Vendeén, cane segugio utilizzato per la caccia in battuta con il fucile, è la sola razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”. Va ricordato, infatti, come, con il termine “briquets de pays”, (bracchetti di paese) anticamente venivano genericamente indicati tutti quei cani di taglia media, di sangue non nobile, piuttosto focosi, testardi, indisciplinati e irregolari nella loro azione, ma intelligenti e dotati d’iniziativa nel dipanare i grovigli ed i falli sulla traccia della lepre. Curiosamente, tuttavia, furono proprio i briquets che contribuirono a formare in Francia una serie di cani da lepre di mezzo sangue dalle ottime capacità venatorie. Anzi, molte di quelle razze che all’epoca della rivoluzione del 1789 andarono disperse o deliberatamente distrutte perché appartenenti all’odiata nobiltà, hanno trovato la possibilità, attraverso i briquets, di perpetuare la loro stirpe. Si spiega quindi così anche l’origine del Briquet Griffon Vendeén, che sarebbe derivato dal griffone di Vandea di grande taglia, per Hubert Dezamy, dal momento che questo cane pare essere una riduzione armonica e migliorata di quello, poiché in esso tutto è stato ridotto nelle-dimensioni senza tuttavia perdere la distinzione del tipo originario e mantenendo integre le doti naturali di quel gran cane; doti che risultano essere ideali tanto per la caccia alla lepre, quanto per quella al cinghiale. In tempi più recenti, la selezione del Briquet Griffon Vendeén fu intrapresa, prima della prima guerra mondiale, dal conte d’Elva. Dopo il suo intervento, infatti, si potevano trovare degli esemplari di questa razza in diversi equipaggi della regione. ImagePurtroppo la razza subì una drastica riduzione nel numero dei suoi esemplari durante il triste periodo delle due guerre mondiali. Tuttavia il Briquet Griffon Vendeén iapparve, anche se ridotto quasi ai minimi termini, a Fontenay-le-Comte nel 1946, nella muta di monsier Guilleme e da lì prese il via il suo allevamento moderno. Soggetti di una qualità straordinaria sono stati allevati nella patria d’origine da madama Chataigner, monsieur Coper e monsieur Moinet, e nel 1995 una muta di questi cani vinse il “Trofeo di Francia” nelle prove di lavoro su capriolo.

 

Lo stato attuale della razza, grazie anche all’opera svolta dal Club che la tutela, ha oramai raggiunto anche nel nostro Paese un livello davvero buono, e questo sia numericamente sia per ciò che concerne la morfologia dei soggetti prodotti. Tanto che, tra i suoi appassionati, vi è addirittura chi ritiene che sotto l’aspetto della morfologia ci si possa sentire all’altezza della patria d’origine della razza, la Francia. Oggigiorno, infatti, grazie alle prove di lavoro, alle esposizioni e anche a tutti i mezzi d’informazione, è piuttosto facile sapere tutto ciò che si vuole sul Briquet Griffon Vendéen ed è un dato di fatto che questo cane sia ormai piuttosto conosciuto anche qui da noi, in Italia, e pertanto i nostri segugisti ne conoscono pregi e difetti. Pregi che sono, naturalmente, in misura assai maggiore dei difetti.

Alcune note generali

Il colore del mantello del Briquet Griffon Vendéen può essere bianco-arancio, ma possiamo trovare anche i tricolore, i bianco-grigi e i bianco-neri. Il pelo deve essere lungo, piuttosto duro, con un po’ di sottopelo, mai lanoso. Gli occhi e il tartufo scuri, ben pigmentati, mai chiari mentre la cute di questo segugio è molto spessa: tale dote, unitamente alla caratteristica del suo pelo, fa sì che durante la stagione fredda (proprio il periodo della caccia al cinghiale), esso presenti un’alta resistenza alle basse temperature concomitanti, anche abbastanza di frequente, con pioggia e neve; diversamente da molti altri cani che, a volte, in presenza di tali condizioni meteorologiche cessano l’azione di caccia. Per contro soffre molto il caldo, tanto che è quindi opportuno mettere a riposo il nostro Vandeano, durante l’estate, per evitargli colpi di calore.
L’appassionato deve sapere, poi, che l’addestramento del Briquet Griffon Vendéen richiede, innanzitutto, di avere del tempo a disposizione da dedicargli. E questo poiché il Vandeano è un segugio che ha bisogno di tempo per cacciare e ha bisogno di tempo per rientrare. Ed anche che, oltre a dedicarsi molto all’addestramento di questo segugio, occorre altresì che il suo padrone faccia attenzione anche al mantenimento della forma fisica esteriore dei suoi esemplari in quanto sono cani a pelo lungo e pertanito devono essere spazzolati spesso.Inoltre a volte alcuni soggetti soffrono di otite e quindi ,periodicamente,un controllo veterinario è d’bbligo.Ciononostante di tratta di un segugio forte e robusto, molto resistente a quasi tutte le malattie virali e batteriche che, se sverminato e vaccinato regolarmente, non presenta quasi mai qualche problema. Tant’è vero che chi possiede e, quindi, conosce davvero il Briquet Griffon Vendéen, o lo ha semplicemente visto lavorare non può certo dirne male.
Cane che come sottolineato nel sottotitolo di questo articolo viene utilizzato, in Italia, pressoché esclusivamente per la caccia al cinghiale, per via delle sue caratteristiche particolari quali il coraggio, la tenacità e l’iniziativa, questo segugio, infatti, non è solito, in genere, arrivare molto velocemente ad abbaiare a fermo al cinghiale sfruttando il vento; ed è da notare come la sua voce possa, spesso, variare da una corrente di sangue all’altra, alcuni soggetti, infatti, possono “urlare”, mentre altri possono “scagnare”. Per quanto riguarda poi il lato affettivo, il vandeano è insuperabile essendo molto legato al proprietario .

 

E’ coraggioso e dinamico

Pur essendo il Briquet Griffon Vendéen un cane capace, durante la cacciata, di compiere anche degli atti estremi, più in generale si può affermare comunque che il Vandeano è un segugio dotato di metodo, capace di dare buona voce sulla pastura notturna del cinghiale, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa, coraggioso e dinamico, con grande attitudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.
Riassumendole le doti migliori del Briquet Griffon Vendéen sono la grande iniziativa, l’atti- – tudine all’abbaio a fermo, la voce e la ricerca della passata, oltre alla grande generosità nella seguita, anche se, a proposito di quest’ultima, stante le miserevoli condizioni in cui versa oggigiorno la caccia nel nostro Paese, costretta dentro confini ben precisi, un segugio che ha la capacità di inseguire a fondo è considerato da molti cacciatori di cinghiali quasi un handicap. A caccia, infatti, vi è chi è abituato ai piccoli cani (spesso frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo. Tuttavia vi è più di un cacciatore che apprezza il fatto di sapere sempre dove sono e di non perderli mai.Image
Ma a nostro parere un buon segugio da cinghiale, invece, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. E se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito venga “padellato” o non ci passi, deviandole, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio che caccia con il cuore non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttoredal momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.
In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen (ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro) il selvatico che ha scovato gli viene abbattuto, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto. ❑

40 anni al servizio dei francesi

articolo tratto da Diana Caccia

 Dopo aver dedicato diversi servizi al nostro segugio italiano, ci occupiamo stavolta di segugi francesi ed in particolare di ariegeois e briquet griffon vendéen. Ne abbiamo parlato con Osvaldo e Gianluca l.erda che grazie anche all'esperienza quarantennale di appassionati cacciatori cinofili, con il loro allevamento «dei Lupi del Grana» hanno selezionato apprezzati cani da seguita francesi per la caccia alla lepre ed al cinghiale, raggiungendo ottimi risultati nel lavoro

Secondo i dati relativi alle iscrizioni nei Libri Genealogici forniti dall'Enci per l'anno 2007, vediamo che almeno nella scorsa stagione alcuni cani da seguita sono stati ridimensionati quanto a numeri. Tra questi anche gli chiens courants francesi. Se in casa italiana le cose appaiono rosee – con i segugi italiani a pelo raso che passano dai 4.612 soggetti del 2006, ai 5.132 del 2007, e quelli a pelo forte che contano oggi 2.235 soggetti con un bel più 297 rispetto al 2006 – lo stesso non può dirsi per tutti i cugini transalpini. Gli ariégeois, seppur lontani dai numeri del 2005 per non parlare di quelli registrati nel 2002, aumentano invero rispetto al 2006 potendo contare nel 2007 su 791 soggetti. Confermano in tal modo la loro superiorità – almeno numerica… – sui briquet griffon vendéen fermi a quota 596. I briquet, per molto tempo i segugi francesi più diffusi in Italia anche perché considerati lo chien courant più adatto nella caccia alla bestia nera, dopo una bella ripresa nel 2006,anno perso infatti 117 effettivi per strada. Battuta d'arresto anche del petit bleu de Gascogne che passa dalle 291 iscrizioni del 2006 alle 211 del 2007 (ma nel 2003 erano 550), per non parlare dell'anglo-francese che «crolla» da 132 a 41 soggetti. Praticamente costante invece il porcelaine con i suoi 97 soggetti. Abbiamo  parlato di questa situazione con Osvaldo e Gianluca Lerda
 

L'amore per i segugi francesi si è trasmesso ai Lerda dal frequentare la Provenza francese dove risiedono alcuni parenti; e proprio dalla Francia hanno attinto i primi esemplari e le prime linee di sangue

 
Conosco, almeno «di fama», la famiglia Lerda ormai da alcuni anni e più precisamente da quando, colpiti da alcune pubblicazioni di mio padre Massimo sui segugi, decisero di inviarci a casa dei deliziosi cioccolatini cuneesi. Se li intervistiamo non è certo per questa gentilezza, per altro ripetuta nel tempo, ma perché i Lerda allevano con successo segugi francesi dal 1968 ed hanno dunque alle spalle ben 40 anni di esperienza nel settore. Ovviamente, come la maggior parte degli allevatori, anche Osvaldo e Gianluca si sono specializzati e dunque non si occupano di tutti i segugi francesi, avendo preferito concentrarsi su ariégeois, briquet griffon vendéen e anglo francesi de petite vénerie.

L'amore per i segugi francesi, o come sarebbe meglio dire per gli chiens courants, si è trasmesso ai Lerda dal frequentare la Provenza francese dove risiedono alcuni parenti; e proprio dalla Francia hanno attinto i primi esemplari e le prime linee di sangue. Partendo da queste basi negli anni hanno poi lavorato sui loro soggetti e le loro genealogie, puntando adun continuo miglioramento dei ceppi originari ma rallentando sempre più il rinsanguamento «estero». Non certo per ragioni campanilistiche, come ci spiega Gianluca: «Vedi Carlo, una delle caratteristiche del nostro Allevamento e dei nostri segugi è quella di aver puntato sulla selezione di soggetti dalla taglia contenuta, non eccessivamente lunghi e robusti, ma piuttosto raccolti e ben costruiti. Viste le attuali condizioni ambientali dei nostri territori, caratterizzati da boschi molto fitti e zone non troppo estese, e le esigenze del cacciatore moderno, siamo convinti infatti che cani così costruiti corrispondano maggiormente alle attuali esigenze che richiedono cani pratici e capaci di entrar nello sporco senza problemi. In Francia, dove esistono differenti realtà territoriali e metodi di caccia, puntano invece ancora su taglie forti che garantiscono certamente maggior spettacolarizzazione della caccia ed una voce più forte ma che a mio avviso non sono troppo adatte da noi». Queste parole trovano conferma nei fatti ed effettivamente i segugi di Gianluca sono più «leggeri» di quelli francesi. Gli accoppiamenti operati nell'Allevamento hanno così portato alla nascita di vandeani dalla taglia contenuta in 52 cm al garrese per le femmine e 55 cm per i maschi, ed ariegeois dì taglia media,con altezza al garrese tra 48 e 55 cm.
Ma tornando ai dati iniziali che abbiamo riportato domandiamo a Gianluca come valuta la situazione attuale dei segugi francesi: «Tutto sommato positivamente direi. Indubbiamente un certo calo sì è registrato, come del resto per altre razze.
Noi comunque non possiamo lamentarci troppo anche perché, modestamente, possiamo contare sulla fiducia dei nostri vecchi clienti che costituiscono anche un'ottima forma di pubblicità. Le difficoltà certo non mancano ma le razze che alleviamo presentano oggi, grazie ad un'accurata selezione, ottimi soggetti capaci di regalare buone soddisfazioni agli amanti della caccia alla lepre ed al cinghiale. Ritengo che nel complesso i francesi siano andati verso un'evoluzione migliorativa e che se un calo c'è stato è dipeso da svariati fattori quale, ad esempio, la diffusione del maremmano che ha sottratto adepti a queste razze, sopratutto in Toscana e Umbria dove ha dato buoni risultati nelle macchie fitte. Certo i francesi per voce e metodo… e poi nei boschi…». Forse, per la modestia innata,Gianluca insomma non vuol troppo dilungarsi nel tesser le lodi dei suoi francesi, ma è indubbio, e non potrebbe esser altrimenti, che il suo giudizio sulla razza ed i soggetti in circolazione è più che buono.

Dicevamo all'inizio che i francesi «dei Lupi del Grana» sono ariégeois, briquet griffon vendéen e anglo francesi  de petite vénerie. Anche nella scelta delle razze, Osvaldo e Gianluca si sono in un certo senso dovuti adeguare alla mutata realtà puntando sempre maggiormente, negli ultimi anni, sugli ariegeois e confermando in tal modo i dati forniti sopra.«Beh su questa scelta hanno inciso anche ragioni meteorologiche e climatiche». Cosa? Ho capito bene? «Può sembrar bizzarro ma è così. Come ormai tutti riconoscono negli ultimi 5 anni il clima è cambiato diventando più secco, asciutto, caldo. In primavera non piove quasi più, l'estate raggiunge temperature record e così all'apertura, a settembre, ci ritroviamo con terreni aridi, talvolta desertici. Tutto ciò rende la caccia più difficoltosa e richiede l'impiego di segugi molto forti di naso, capaci di percepire anche le tracce più deboli: in questa situazione, rispetto al vandeano, l'ariegeois si rivela maggiormente adatto e dunque è più richiesto, mentre il primo non può esprimersi al suo meglio e ne esce penalizzato anche a causa del pelo lungo e irsuto. Langlo francese, che è un cane molto forte capace di ben lavorare anche a inizio caccia, nel secco, ha difficoltà invece ad affermarsi perché meno conosciuto e perché è difficile immaginare un segugista che si dedichi contemporaneamente a tre cani diversi».

Ecco Gianluca ma quali sono le caratteristiche dei segugi dell'allevamento «dei Lupi del Grana»? «II nostro pallino è di selezionare sul campo di lavoro, direttamente sui terreni di caccia, magari trascurando gare ed esposizioni dove si potrebbe anche fare bella figura visti i nostri soggetti. Da cacciatori appassionati ci piace lavorare per i cacciatori segugisti e poter offrire loro validi soggetti. Seppur convinti che il cane perfetto non esista e che quello migliore ha sempre da nascere, crediamo di selezionare buoni cani, equilibrati, con positive doti caratteriali, come ci confermano i nostri clienti. I nostri vandeani sono compatti, ben costruiti nel quadrato, con voce modulata, capaci di resistere alla fatica ed inclini al rientro spontaneo; mentre gli ariegeois hanno forte iniziativa nella cerca, buon rientro, doti olfattive notevoli e ottime capacità di abbaio a fermo sul cinghiale sebbene possano essere impiegati senza problemi sulla lepre. Chi cerca un segugio forte, instancabile, veloce può poi optare anche per i nostri anglo francesi».La filosofia che sorregge l'Allevamento è insomma quella di selezionare soggetti forse meno belli e morfologicamente meno tipici ma si rivelino degli ottimi segugi per la caccia, sia questa alla lepre o al cinghiale. Lentusiasmo e la passione di Gianluca, sempre coadiuvato ovviamente dal padre Osvaldo, spinge poi verso un continuo e costante miglioramento dal punto di vista qualitativo e ad un'attenzione verso i particolari. Circostanza questa che ha condotto ai «Lupi del Grana» anche tanti giovanissimi cinghialai, a riprova che se si lavora bene c'è spazio per attirare nel bel mondo della caccia anche le nuove generazioni. A loro, come a tutti, Gianluca ed Osvaldo mettono a disposizione la propria esperienza e professionalità oltre ad offrire validi consigli sul migliore addestramento («che non deve essere forzato, ma paziente, continuo, costante e non deve trascurare nessun soggetto»). Pare insomma proprio il caso di andarli a trovare, in via Prata, 16, a Caraglio (Cn), unendo magari alla visita una degustazione di quei
deliziosi cioccolatini cuneesi… 

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Come eravamo

articolo tratto da “Cani da seguita”  di Osvaldo Lerda

Il titolo si riferisce alla realtà del mondo segugistico di quarant’anni or sono e mira , attraverso le parole e i ricordi di quanti possono orgogliosamente dire:”io c’ero”, a far emergere un quadro il più preciso possibile di quegli anni in cui la filosofia della cinofilia segugistica era agli inizi

Quando si è giovani il tempo sembra non passi mai. Da ragazzini si desidera diventare grandi subito, ma poi da adulto capisci, invece, come il tempo sia volato via veloce e allora vorresti rallentarne la corsa. Tuttavia, pur se tornare indietro non si può, quello che, fortunatamente, si può fare è rivivere, anche se con un po’ di inevitabile nostalgia, i ricordi nella nostra mente. Così i miei ricordi, di allevatore e di cacciatore, sono indelebili, ricchi come sono di emozioni e di soddisfazioni, anche se non ho certo dimenticato i grandi sacrifici che pure mi sono costate.

Quarant’anni fa

A quell’epoca, più di quarant’anni fa, la caccia era l’espressione di una vera fusione con il mondo della natura, con i segugi e con i selvatici. lo iniziai praticando solo la caccia alla lepre. Negli anni Sessanta/Settanta, infatti, i territori erano popolati da molti selvatici che vi proliferavano naturalmente, non essendo ancora insidiati né dai liquidi studiati dall’uomo per l’intensificazione agricola né dalle monoculture intensive e solo più tardi, specialmente nei territori di montagna dove ho sempre cacciato, la gente è andata via via scomparendo poiché i giovani inseguivano un lavoro più comodo nelle città.
Ma allora l’uomo viveva ancora in simbiosi con la natura alimentandosi dei frutti che questa gli metteva a disposizione e avendone cura, tenendo puliti i boschi e i prati necessari per il foraggiamento degli animali domestici. Gli inverni erano freddi e nevosi, il che garantiva il verde intenso della primavera e significava abbondanza d’acqua per tutta la successiva estate. Di tutto ciò ne trae-vano beneficio tutti i selvatici della montagna, ma soprattutto le lepri e, di conseguenza, anche noi amanti dei segugi che potevamo contare sulla sicura riuscita del loro addestramento.

Personalmente sono cresciuto con questi valori ed è per questo che, logicamente, ho cercato di trasmetterli anche a mio figlio Gianluca che, fin da piccolissimo, mi seguiva nelle mie avventure di caccia e non, ma sempre in compagnia dei miei amati segugi. E, attualmente, sto cercando di fare lo stesso anche con mio nipote, suo figlio Alex, anche se però, purtroppo, nel suo caso l’esempio di una natura incontaminata sono oramai più solamente nei miei racconti che non nella possibilità di fargliela toccare e vedere.

I segugi di ieri e quelli di oggi

Dai tempi in cui io ho iniziato, l’evoluzione che hanno fatto registrare i segugi ed i segugisti è stata davvero notevole. Vi è stato, infatti, un grande miglioramento,che ha interessato tutte le razze da seguita, che in generale ha riguardato sia la struttura morfologica, sia le loro qualità venatorie. Quello che si è smarrito, proprio  per il trascorrere del tempo che scandisce l’evoluzione della nostra vita (come ho già detto inizialmente), purtroppo è il fascino di certi grandi cacciatori anziani che con il loro bagaglio di esperienze, conoscenze e tradizioni rappresentavano un insostituibile esempio per le nuove leve. E questo anche se i loro insegnamenti vivono tuttora dentro di melo, che da sempre ero rimasto affascinato dai Vandeani, a quel tempi importavo e addestravo i miei primi Ariégeois, unitamente a qualche Porcelaine e a qualche Fulvo di Bretagna (razze, queste ultime due, che poi sostituii con gli Anglo-Francais de petit venerie), e per questo, nell’ambiente segugistìco di allora ero visto un po’ come una meteora nello spazio. Poiché, all’epoca, il segugista viveva la caccia molto più con la mentalità del carniere a discapito del godimento dato dall’osservare il lavoro dei segugi. E in fondo, a ben pensarci, ancora oggigiorno vi è più di qualcuno che continua ad avere un simile atteggiamento anche se, indubbiamente quanto fortunatamente, una tale situazione è andata cambiando in meglio. Così come la figura del cacciatore segugista è sicuramente migliorata grazie, anche, all’aumentato benessere sociale che ha ingenerato una mentalità nuova e un diverso approccio all’attività venatoria.

Fondamentale in questo senso è stata poi l’attività di propaganda del cane segugio svolta dalla società specializzata, la Sìps, dall’Enci e, soprattutto, dagli esperti giudici che in esposizione e nelle prove dì lavoro hanno promosso una migliore conoscenza dei cani da seguita tra gli appassionati e gli stessi allevatori. Con il risultato che al giorno d’oggi (che alla lepre e al cinghiale si va a caccia organizzati in squadre composte da un minimo di tre o quattro ad oltre trenta persone, a seconda dell’animale perseguito), in genere si presta molta attenzione al lavoro svolto dai segugi dando, giustamente, un’importanza più relativa alla cattura del selvatico. Anche se poi, in definitiva quest’ultima rimane pur sempre lo scopo ultimo della caccia.

I rapporti tra Nord e Sud

Nel corso degli anni, sia io che mio figlio Gianluca, come allevatori con l’affisso “dei Lupi del Grana, siamo andati via via accrescendo i nostri contatti con i segugisti di tutta Italia. In particolare dobbiamo tanto al Sud e non solo perché lui è sposato, da più dì tredici anni, con una ragazza siciliana che gli ha regalato due figli splendidi. Abbiamo, infatti, una sincera stima, profonda e ricambiata, con tanti bravi segugisti del Meridione che amano la caccia con i segugi in modo appassionato e che hanno ritenuto di accordarci la loro fiducia avvalendosi dei nostri segugi francesi per soddisfare la loro passione venatoria. E noi, proprio grazie a ciò, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con delle realtà territoriali diverse cercando sempre di migliorarci nella selezione dei nostri cani, affinché i nostri soggetti avessero a rispondere nel migliore dei modi alle esigenze di quanti praticavano metodi di caccia anche diversi dai nostri.

Da ultimo, pertanto, dirò che voglio sperare che anche questo nostro atteggiamento abbia, sia pure in minima parte, contribuito a rafforzare i legami tra i segugisti del Nord e quelli del Sud, in un rapporto di fiducia reciproca che faccia crescere sempre più la voglia di migliorarsi, tutti insieme, per cercare di raggiungere dei risultati sempre più grandi nell’ottenere dei segugi tanto belli quanto bravi ed uniti nel divertimento e nella passione che solo la caccia con i nostri cani ci sa regalare.

Allenatori e allevatori

BENEDETTI SILVANO e blanco

 

BENEDETTI SILVANO e blanco

Onorati della visita in allevamento a sinistra affiancato a Diana capomuta razza ariégeois il Signor BENEDETTI SILVANO responsabile tecnico della Scuola Calcio Torino F.C. ed ex giocatore di Torino e Roma negli anni ’80 e ’90 vicino a Blanco dei Lupi del Grana sempre ariégeois il grande mister della Scuola Calcio Torino F.C. in particolare dei pulcini secondo e ultimo anno il signor ERMANNO DE MARIA il cui padre era un cacciatore cinghialaio


Antonio COMI

Antonio COMI e Silvano BENEDETTI  responsabili tecnici del SETTORE GIOVANILE del TORINO F.C. nonchè ottimi giocatori in serie A di TORINO e ROMA.

(Il signor COMI è alla mia sinistra, io Gianluca LERDA sono in mezzo con il segugio anglo-francese Bilù e alla mia destra c’è il signor BENEDETTI)

Il capriolo “salva” il cinghiale

capriolo
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Durante le battute di caccia al cinghiale l’aumento esponenziale del piccolo cervide fa si che,molto spesso e con disappunto dei canettieri,non siano pochi i segugi che si lanciano al suo inseguimento trascurando  il “re del bosco” e offrendogli così l’inconsapevole opportunità di salvarsi

 

caprioloDalle mie esperienze di caccia al cinghiale, maturata nella squadra che gestisco con mio padre Osvaldo nelle nostre vallate Grana e Maira, in provincia di Cuneo, ho da lamentare (per la felicità degli “amici di Bambi”), la notevole crescita del capriolo, al punto che ora come ora la specie è, forse, più numerosa e presente sul territorio di quanto non lo sia lo stesso suide. Cercando di prendere con filosofia una tale situazione vado pertanto ripetendomi (quasi a volermene convincere), che la dannazione che ci fa vivere questo piccolo ungulato portandosi dietro, in seguita, i cani, ha altresì l’inconsapevole facoltà di “salvare” i cinghiali presenti in quella stessa zona; i quali, infatti, hanno così l’opportunità di andarsene. Spero, ovviamente, non a farsi abbattere da una squadra concorrente ..

Occorre “specializzare” il segugio

Stante la premessa di cui sopra, ritengo appaia chiaro ai più come, a seguito della situazione descritta, sia oltremodo indispensabile cercare di specializzare i nostri segugi a perseguire solamente l’usta del cinghiale. Ma, naturalmente, ciò non è per nulla facile e anzi, molte volte, all’apertura di una nuova stagione venatoria risulta quasi impossibile, specie per i soggetti più giovani, astenersi dal compiere una bella “sfuriata” sulla seguita del capriolo.
E questo accade anche perché il terreno, reso duro dalla siccità estiva, non consente al canettiere di dedurre con assoI uta certezza a quale selvatico appartengono le orme che vi si trovano impresse … e i caprioli, purtroppo, praticano gli stessi trotto i dei cinghiali. E’ chiaro, quindi, che addestrare il segugio e “specializzarlo” a perseguire un solo selvatico non è poi così facile per qualunque cacciatore segugista. Ed è proprio per questo che sia io che mio padre Osvaldo, fermamente convinti in ciò dalla nostra esperienza di allevatori e di cacciatori, diciamo onestamente che il segugio “perfetto” deve ancora nascere. Ma, ciò nonostante, non rinunciamo certo a perseguirlo anzi … quello a cui abbiamo ritenuto di poter tranquillamente rinunciare, infatti, è invece l’avvalerci di quei congegni elettronici che, pur se indubbiamente e in certi casi ci consentirebbero di semplificare l’addestramento del segugio per contro, con il loro utilizzo, non ci permetterebbero, di verificare le effettive qualità naturali di quei soggetti che intendiamo poi utilizzare in riproduzione. Del resto, riteniamo anche che la base per ridurre il desiderio d’inseguire il capriolo da parte del segugio sia, prima di tutto, il selezionare una corrente di sangue di lavoro (meglio ancora un ceppo di correnti), che abbia insito nel proprio DNA una passione fortissima per il cinghiale (oppure la lepre, a seconda del selvatico sul quale si desidera poi utilizzare il cane). Inoltre, oltre a questa base sicuramente indispensabile, risulta poi almeno altrettanto fondamentale l’addestramento del giovane soggetto, sul terreno di caccia, da parte del suo proprietario/conduttore.

Sono necessarie passione e pazienza

E qui occorre premettere che, per ottenere dei buoni risultati nell’addestramento del proprio segugio, qualunque cacciatore segugista dovrà avere tanta pazienza ed essere animato da una forte passione. E questo risulta ancora più vero allorché si dovrà insegnare al giovane soggetto che non potrà limitarsi ad inseguire ogni usta utile che incrocerà durante la fase di cerca, ma dovrà perseguire unicamente un ben specifico animale. Per riuscirvi bisognerà, innanzitutto, portare il giovane allievo in una zona ricca del selvatico su cui intendiamo specializzarlo in maniera che il suo incontro con l’animale prescelto risulti più facile.
cinghiale
Per il cinghiale, mio padre e io, consigliamo di mettere il segugio da specializzare al guinzaglio lungo e di tracciare gli animali avvalendosi di un soggetto già esperto, meglio se un capo muta, che ci indirizzerà nell’accostamento del selvatico. Quindi, allorché il cane maturo segnala la vicinanza dei cinghiali si sciolga il giovane segugio che, certamente, si dimostrerà smanioso di lavorare e si unirà a quello per aiutarlo nello scovo. Ora, poiché il segugio, per conciliare l’esperienza dello scovo con la cattura del selvatico ha bisogno di vedere concludere con l’abbattimento la sua azione, bisognerà fare di tutto per riuscire a fermare l’animale che sta inseguendo. Così, tanti più saranno i cinghiali (e sempre solo quelli), abbattuti sulle seguite eseguite dal nostro allievo, tanto più bravo e specializzato egli diventerà.
Da ultimo permettetemi una considerazione: anni fa non era più facile di adesso, ma sicuramente, al giorno d’oggi, le difficoltà per specializzare un segugio a perseguire solamente il cinghiale sono di molto aumentate e questo, manco a dirlo, proprio a causa dell’imponente presenza del capriolo.

 


L’intervista: 9 domande a Gianluca Lerda

foto briquet
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita” foto briquet
Gianluca Lerda, insieme al padre Osvaldo del quale ha raccolto non solo idealmente il testimone, alleva con passione, serietà e competenza, ben tre razze di segugi francesi, e precisamente: i Petit Anglo Francois, gli Ariégeois e i Briquet Griffon Vendéen. E proprio per il fatto di essere praticamente nato con questi cani e, quindi, di poter sostenere di conoscerli da una vita, decisamente a ragion veduta e non solo per modo di dire, ho pertanto pensato di andarlo ad intervistare affinché, attraverso le sue parole, potessi capire meglio quali sono i “segreti” del Briquet Griffon Vendéen, sicuramente uno dei segugi più utilizzati dai cacciatori italiani nella caccia al cinghiale.
Ecco cosa m i ha detto:

L’intervista

D. – Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio una razza di segugi come il Briquet Griffon Vendéen?
R. – Per la verità io mi sono semplicemente limitato ad “ereditare” questa razza da mio padre Osvaldo. Fu lui, infatti, che iniziò da ragazzino, negli anni ’60, recandosi in Francia e precisamente nel “Luc” nel dipartimento del “Var” in Provenza, dapprima per far visita ad una sua sorella colà emigrata in cerca di fortuna e poi, in seguito, per lavorarvi nelle serre di rose e nelle coltivazioni dei vigneti di” Rosè doc”, a scopri re le razze di segugi del paese transalpino che oggi sono presenti nel mio canile e ad avvicinarvisi.
Per l’esattezza, poiché a quei tempi mio padre sfogava la propria passione venatoria essenzialmente sulla lepre, dal momento che il cinghiale non era ancora presente nelle nostre vallate, il Briquet Griffon Vendéen fu la seconda razza francese, in ordine di tempo, a richiamare il suo interesse. E così, solamente sul finire degli anni ’70, allorché iniziò a dedicarsi alla caccia di questo ungulato, rifacendosi all’esperienza avuta al seguito di alcuni cacciatori francesi durante qualche battuta al cinghiale e ricordando l’emozione provata nel vedere lavorare i Vandeani e nel sentire le loro voci cavernose che facevano tremare le vallate francesi, decise d’importare questi segugi pieni di ardore e coraggio. E proprio con quei soggetti, che furono alla base della nostra selezione, organizzò e diede vita ad una delle prime squadre che si specializzarono nella caccia al cinghiale nella “nostra” valle Grana. Da cui il nome del nostro affisso: “Dei Lupi del Grana”.
D.- Vuole provare a spiegarci quali sono le caratteristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizza tori rispetto alle altre razze da seguita?
R. – Nella nostra selezione, quella del Briquet Griffon Vendéen, è la razza che utilizziamo e specializziamo esclusivamente per la caccia al cinghiale. Rispetto alle altre razze seguge, che esistono e a quelle che noi stessi alleviamo (Ariegéois e Petit Anglo Francais), non potrei mai, né mi permetterei mai, di confrontare e sti lare grad uatorie. Infatti, anche se chiaramente il Vandeano può avere dei pregi, in più o in meno, che lo distinguono nel bene e nel male, a mio parere, ogni razza è bella per quello che è e che i suoi soggetti possono dare a chi li utilizza. Pertanto non desidero affatto fare paragoni di sorta. Del resto, come accade per i miei due figli, Alex e Martina, per i quali stravedo e a proposito dei quali non riuscirei mai a dire:
“Quello è meglio, o preferisco l’altro”; per lo stesso motivo non giudico le razze che allevo e seleziono.
Per quanto riguarda il Briquet Griffon Vendéen posso solo dire che, se possiede il giusto sangue da lavoro e se viene selezionato in serietà, attraverso accoppiamenti mirati su linee di sangue diverse, i prodotti che se ne hanno, sia con il mantello bianco arancio che bianco grigio, generalmente possiedono mezzi importanti per divenire ottimi ausiliari per la caccia al cinghiale. Più in generale si può altresì affermare che il Vandeano è un segugio dotato di metodo. capace di dare buona voce sulla pastura notturna dell’irsuto ungulato, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa. coraggioso e dinamico, con grande a titudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.
 foto briquet 2

D. – A suo parere, vi è una dote che oggi non viene tenuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. Chi possiede, e quindi conosce davvero il Vandeano, o lo ha semplicemente visto lavorare, non può certo dirne ma le. Pertanto, nel rispondere a questa domanda, più che gli “addetti ai lavori”, mi vengono in mente le richieste di certi segugisti che m’interpellano perché interessati al Briquet Griffon Vendéen, ma che si dicono preoccupati dalla presunta testardaggine di questi segugi che, secondo loro, non rientrerebbero. Ebbene a questo dire mi viene, in sincera umiltà, da sorridere poiché i punti di vista sono esattamente opposti. A cacc ia, infatti, vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo;
tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non I i perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il Vandeano che non sia “lungo” nella seguita
Orbene, a questi signori io ribatto che, se i I cane riesce u n buon segugio da c i nghiaie, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, al momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.

In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. –  Circa le doti di un “buon segugio”,oltre a quelle cui ho già ampiamente accennato nelle mie precedenti risposte, personalmente sono particolarmente esigente sul rientro. lo non sono uso utilizzare collari elettronici, sicuramente funzionali e molto comodi capaci come sono di localizzare il segugio nella zona dove può essere finito, e per questo pretendo dai miei cani il senso dell’orientamento che li faccia ritornare sui loro passi, sino al luogo della sciolta. Logicamente va tenuto conto che, se i I soggetto lavora mattino e pomeriggio e durante l’ultima cacciate scollina, non avrà più la forza materiale per essere pronto al rientro immediato nella stessa sera, ma tornerà, invece, per l’indomani allorché avrà recuperato le energie necessarie.
D. – Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. – Da sempre mio padre mi ha educato, e sicuramente me lo ha lasciato in eredità nel mio DNA, nella caparbietà di volermi sempre migliorare senza credere mai di essere “arrivato”. Pertanto sono fortemente convi nto d i dover sem pre limitarmi a guardare in casa mia. E guardando alla selezione dei nostri soggetti posso quindi affermare, pur sempre in umiltà, di ritenermi moderatamente soddisfatto dei risultati raggiunti dai nostri Briquet Griffon Vendéen, anche se certamente occorre continuare a lavorare sulla base dei risultati ottenuti sul terreno di caccia.
D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. – Il Briquet Griffon Vendéen ha fortu natamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori.
D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai raduni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. – Purtroppo, a malincuore, noi come allevamento (per come seguiamo direttamente gli accoppiamenti, l’addestramento e tutto il lavoro connesso alla funzionalità dell’allevamento stesso), riusciamo poco a praticare queste manifestazioni. Anche se le considero decisamente importanti e gratificanti, per chi ama i segugi, come il giusto riconoscimento dei sacrifici, non solamente economici, e di tutto il prodigarsi che comporta il mettere a punto un soggetto preparato, sia per le prove di lavoro sia per le esposizion i. Pertanto siamo davvero onorati quando dei segugi nati e cresciuti dalla nostra selezione si rendono protagonisti, in mano a nostri clienti, di prove e manifestazioni che ne mettano in risalto le qualità che corrispondono, in senso meritevole, allo standard della razza, alla voce, al metodo di lavoro ecc.
D. – A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. – Senza dubbio il cinghiale è, per il Vandeano, un chiodo fisso nel suo DNA. Pertanto, personalmente. ritengo proprio che sia sicuramente questo il selvatico capace di esaltare appieno tutte le grandi qualità lavorative di cui è dotata questa razza di sègugi.
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D. – Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per soddisfare la propria passione venatoria?
R. – Allorché vi è un interessamento verso un soggetto francese di nostra selezione, magari da parte di un appassionato che non ha mai avuto esperienze con questo tipo di segugi, cerco innanzitutto di farmi ben spiegare le qualità che va ricercando nel suo segugio ideale, le sue abitudini di caccia, le caratteristiche del territorio sul quale pratica la propria attività venatoria e quelle dei cani di cui già dispone. Da queste indicazioni, solitamente, trovo la motivazione per indirizzarlo verso una razza piuttosto che su un’altra, convincendolo che, anche se inizialmente magari lo entusiasma meno, al fine delle sue esigenze proprio questa può esprimere al meglio le qualità che lui sta ricercando nel cane. Tuttavia, beninteso, stiamo altresì attenti a mettere da subito ben in chiaro che, pur fatte salve le caratteristiche morfologiche e di metodo di lavoro di una razza,
non bisogna certo illudersi che queste bastino da sole a determinare la sicura riuscita del segugio. Vale a dire cioè che perché un cucciolo possa diventare un giorno, da adulto, un buon segugio capace di scovare, di abbaiare a fermo, di effettuare una buona seguita e dotato di un pronto rientro, non basta certo che quel cane sia in possesso di indubbie qualità genetiche o doti naturali, ma è indispensabile, invece, che il suo addestramento sia opportunamente condotto con la giusta dose di pazienza, di dedizione e di impegno da parte del suo nuovo proprietario.
Allora e solo allora, tutti questi sacrifici verranno sicuramente ripagati dalla buona riuscita del giovane segugio che, sulla base delle esperienza che il suo conduttore sarà capace di fargli fare, saprà regalargli delle belle soddisfazioni nel suo lavoro sul terreno di caccia. Così come auguriamo a tutti gli appassionati segugisti, che come mio padre e me condividono la grande passione per questi can i meravigl iosi, d i poter vivere com pi Lltamente la natura che li circonda cacciando in compagnia di soggetti che siano davvero bravi e belli.

Il Briquet della Vandea

Briquet Griffon Vendéen dei lupi del Grana

Cane da cinghiale per eccellenza, il vandeano gode di una popolarità senza macchia, sostenuta da una diffusione conseguentemente importante.

Briquet Griffon Vendéen dei lupi del GranaDa diversi lo s’incontra in quasi tutte le regioni, a fianco di cacciatore di cinghiale che praticano la caccia collettiva e conviviale Bisogna voler riconoscere che la sua temibile efficacia contribuisce in modo determinante alla reputazione di cui gode. Grifone di antiche origini, non è solo e rappresentante di taglia media della specie, a metà strada fra il grande grifone, suo patriarca, e i bassotti, costituisce al contrario una razza a se con una propria identità, sia per quanto concerne il fisico che per quanto riguarda le sue attitudini per la caccia. Secondo l’opera “i segugi francesi nel XIX secolo” opera del conte Coulteulx de Canteleu, pubblicato nel 1873, diverse regioni, fra cui la Vandea, possedevano “alcune varietà di briquet successivamente migliorate, provenienti in genere dai cani d’ordine di questo paese”. In generale i briquet sono in origine cani mezzo sangue nati da cagne incrociate con cani da muta. Si ottiene così un cane che prende dal padre la tipologia euna buona attitudine, e dalla madre l’allattamento al territorio e alle necessità locali.

Un briquet di pura razza: un vero paradosso

La storia del briquet si modifica successivamente in maniera molto rapida nel corso del ventesimo secolo. Prima della guerra del 1518, il conte d’Elvas aveva già selezionato una muta di briquet della Vandea con i quali forzava le lepri.Briquet Griffon Vendéen dei lupi del GranaMa sarà nel periodo fra le due guerre, e precisamente nel 1924, che l’interesse portato nei confronti di questi cani portò alla creazione del club del grifone della Vandea, nato dal primo antico Club del basset grifone di Vandea (1907) , sotto l’impulso di alcuni allevatori desiderosi di organizzare l’allevamento del briquet. È in quel periodo che la tipologia attuale fu definita e fissata. È interessante notare che causa della sua forte identità,il Vandeano e il solo cane da caccia di taglia media ad aver mantenuto ufficialmente la denominazione di briquet nella nomenclatura della Federazione Cinofila Internazionale. Quando esaminiamo umbri che è della Vandea vediamo immediatamente come controllori sia votato alla migliore efficacia. E non sarà certo il carattere a smentire questa impressione. Sul piano pratico si tratta di un segugio fuori dal comune, dotato di un viscerale amore per la caccia, il che lo spinge a volte fino all’insubordinazione. In compenso è dotato di uno spirito d’iniziativa e spesso ci è molto utile. Fornisce i migliori servigi agli appassionati della caccia con i segugi in cui scopo è quello di far correre i cinghiali. Un corridore al tempo stesso appassionato ed equilibrato

Segni particolari


 

Il Parere degli utilizzatori

Parlo volentieri del vandeano, una razza che mi sta molto a cuore nella nostra sezione. È un cane di taglia media e colori ben distinti: i lavori di nella nostra selezione abbiamo scelto lo standard, quindi taglia media tra 0,50 e 0,55 al garrese. È collegato e di buon rientro, qualità molto importante per un segugio da seguita. Noi lo abbiamo scelto è selezionato unicamente per la caccia al cinghiale, ma non disdegna nemmeno la lepre. Se fosse un fuggire lo classificherei nei pesi massimi, i suoi punti di forza sono il gran carattere e il coraggio, pressoché fondamentali della caccia al cinghiale. Non è eccessivamente veloce ed è molto legato al filo della traccia lasciata dall’animale. È dotato di ottimo olfatto , da dove incontra la caccia inizia a dare voce, portandosi allo scovo e sul fermo con voce ululata. Il suo difetto più grande può essere il pelo che essendo ruvido e lungo richiede molta cura . d’estate può essere opportuno tosarlo , ma in inverno il manto gli garantisce isolamento e protezione.