Come eravamo

articolo tratto da “Cani da seguita”  di Osvaldo Lerda

Il titolo si riferisce alla realtà del mondo segugistico di quarant’anni or sono e mira , attraverso le parole e i ricordi di quanti possono orgogliosamente dire:”io c’ero”, a far emergere un quadro il più preciso possibile di quegli anni in cui la filosofia della cinofilia segugistica era agli inizi

Quando si è giovani il tempo sembra non passi mai. Da ragazzini si desidera diventare grandi subito, ma poi da adulto capisci, invece, come il tempo sia volato via veloce e allora vorresti rallentarne la corsa. Tuttavia, pur se tornare indietro non si può, quello che, fortunatamente, si può fare è rivivere, anche se con un po’ di inevitabile nostalgia, i ricordi nella nostra mente. Così i miei ricordi, di allevatore e di cacciatore, sono indelebili, ricchi come sono di emozioni e di soddisfazioni, anche se non ho certo dimenticato i grandi sacrifici che pure mi sono costate.

Quarant’anni fa

A quell’epoca, più di quarant’anni fa, la caccia era l’espressione di una vera fusione con il mondo della natura, con i segugi e con i selvatici. lo iniziai praticando solo la caccia alla lepre. Negli anni Sessanta/Settanta, infatti, i territori erano popolati da molti selvatici che vi proliferavano naturalmente, non essendo ancora insidiati né dai liquidi studiati dall’uomo per l’intensificazione agricola né dalle monoculture intensive e solo più tardi, specialmente nei territori di montagna dove ho sempre cacciato, la gente è andata via via scomparendo poiché i giovani inseguivano un lavoro più comodo nelle città.
Ma allora l’uomo viveva ancora in simbiosi con la natura alimentandosi dei frutti che questa gli metteva a disposizione e avendone cura, tenendo puliti i boschi e i prati necessari per il foraggiamento degli animali domestici. Gli inverni erano freddi e nevosi, il che garantiva il verde intenso della primavera e significava abbondanza d’acqua per tutta la successiva estate. Di tutto ciò ne trae-vano beneficio tutti i selvatici della montagna, ma soprattutto le lepri e, di conseguenza, anche noi amanti dei segugi che potevamo contare sulla sicura riuscita del loro addestramento.

Personalmente sono cresciuto con questi valori ed è per questo che, logicamente, ho cercato di trasmetterli anche a mio figlio Gianluca che, fin da piccolissimo, mi seguiva nelle mie avventure di caccia e non, ma sempre in compagnia dei miei amati segugi. E, attualmente, sto cercando di fare lo stesso anche con mio nipote, suo figlio Alex, anche se però, purtroppo, nel suo caso l’esempio di una natura incontaminata sono oramai più solamente nei miei racconti che non nella possibilità di fargliela toccare e vedere.

I segugi di ieri e quelli di oggi

Dai tempi in cui io ho iniziato, l’evoluzione che hanno fatto registrare i segugi ed i segugisti è stata davvero notevole. Vi è stato, infatti, un grande miglioramento,che ha interessato tutte le razze da seguita, che in generale ha riguardato sia la struttura morfologica, sia le loro qualità venatorie. Quello che si è smarrito, proprio  per il trascorrere del tempo che scandisce l’evoluzione della nostra vita (come ho già detto inizialmente), purtroppo è il fascino di certi grandi cacciatori anziani che con il loro bagaglio di esperienze, conoscenze e tradizioni rappresentavano un insostituibile esempio per le nuove leve. E questo anche se i loro insegnamenti vivono tuttora dentro di melo, che da sempre ero rimasto affascinato dai Vandeani, a quel tempi importavo e addestravo i miei primi Ariégeois, unitamente a qualche Porcelaine e a qualche Fulvo di Bretagna (razze, queste ultime due, che poi sostituii con gli Anglo-Francais de petit venerie), e per questo, nell’ambiente segugistìco di allora ero visto un po’ come una meteora nello spazio. Poiché, all’epoca, il segugista viveva la caccia molto più con la mentalità del carniere a discapito del godimento dato dall’osservare il lavoro dei segugi. E in fondo, a ben pensarci, ancora oggigiorno vi è più di qualcuno che continua ad avere un simile atteggiamento anche se, indubbiamente quanto fortunatamente, una tale situazione è andata cambiando in meglio. Così come la figura del cacciatore segugista è sicuramente migliorata grazie, anche, all’aumentato benessere sociale che ha ingenerato una mentalità nuova e un diverso approccio all’attività venatoria.

Fondamentale in questo senso è stata poi l’attività di propaganda del cane segugio svolta dalla società specializzata, la Sìps, dall’Enci e, soprattutto, dagli esperti giudici che in esposizione e nelle prove dì lavoro hanno promosso una migliore conoscenza dei cani da seguita tra gli appassionati e gli stessi allevatori. Con il risultato che al giorno d’oggi (che alla lepre e al cinghiale si va a caccia organizzati in squadre composte da un minimo di tre o quattro ad oltre trenta persone, a seconda dell’animale perseguito), in genere si presta molta attenzione al lavoro svolto dai segugi dando, giustamente, un’importanza più relativa alla cattura del selvatico. Anche se poi, in definitiva quest’ultima rimane pur sempre lo scopo ultimo della caccia.

I rapporti tra Nord e Sud

Nel corso degli anni, sia io che mio figlio Gianluca, come allevatori con l’affisso “dei Lupi del Grana, siamo andati via via accrescendo i nostri contatti con i segugisti di tutta Italia. In particolare dobbiamo tanto al Sud e non solo perché lui è sposato, da più dì tredici anni, con una ragazza siciliana che gli ha regalato due figli splendidi. Abbiamo, infatti, una sincera stima, profonda e ricambiata, con tanti bravi segugisti del Meridione che amano la caccia con i segugi in modo appassionato e che hanno ritenuto di accordarci la loro fiducia avvalendosi dei nostri segugi francesi per soddisfare la loro passione venatoria. E noi, proprio grazie a ciò, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con delle realtà territoriali diverse cercando sempre di migliorarci nella selezione dei nostri cani, affinché i nostri soggetti avessero a rispondere nel migliore dei modi alle esigenze di quanti praticavano metodi di caccia anche diversi dai nostri.

Da ultimo, pertanto, dirò che voglio sperare che anche questo nostro atteggiamento abbia, sia pure in minima parte, contribuito a rafforzare i legami tra i segugisti del Nord e quelli del Sud, in un rapporto di fiducia reciproca che faccia crescere sempre più la voglia di migliorarsi, tutti insieme, per cercare di raggiungere dei risultati sempre più grandi nell’ottenere dei segugi tanto belli quanto bravi ed uniti nel divertimento e nella passione che solo la caccia con i nostri cani ci sa regalare.

II Briquet Griffon Vendéen

Briquet Griffon Vendéen
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Quella di questo segugio è la soia razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”, il termine con cui, anticamente, venivano genericamente indicati i cosiddetti “bracchetti di paese”

di Luca Colombo

Originario della regione francese della Vandea, il Briquet Griffon Vendeén, cane segugio utilizzato per la caccia in battuta con il fucile, è la sola razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”. Va ricordato, infatti, come, con il termine “briquets de pays”, (bracchetti di paese) anticamente venivano genericamente indicati tutti quei cani di taglia media, di sangue non nobile, piuttosto focosi, testardi, indisciplinati e irregolari nella loro azione, ma intelligenti e dotati d’iniziativa nel dipanare i grovigli ed i falli sulla traccia della lepre. Curiosamente, tuttavia, furono proprio i briquets che contribuirono a formare in Francia una serie di cani da lepre di mezzo sangue dalle ottime capacità venatorie. Anzi, molte di quelle razze che all’epoca della rivoluzione del 1789 andarono disperse o deliberatamente distrutte perché appartenenti all’odiata nobiltà, hanno trovato la possibilità, attraverso i briquets, di perpetuare la loro stirpe. Si spiega quindi così anche l’origine del Briquet Griffon Vendeén, che sarebbe derivato dal griffone di Vandea di grande taglia, per Hubert Dezamy, dal momento che questo cane pare essere una riduzione armonica e migliorata di quello, poiché in esso tutto è stato ridotto nelle dimensioni senza tuttavia perdere la distinzione del tipo originario e mantenendo integre le doti naturali di quel gran cane; doti che risultano essere ideali tanto per la caccia alla lepre, quanto per quella al cinghiale.

 Briquet Griffon Vendéen

In tempi più recenti, la selezione del Briquet Griffon Vendeén fu intrapresa, prima della prima guerra mondiale, dal conte d’Elva. Dopo il suo intervento, infatti, si potevano trovare degli esemplari di questa razza in diversi equipaggi della regione. Purtroppo la razza subì una drastica riduzione nel numero dei suoi esemplari durante il triste periodo delle due guerre mondiali.

Tuttavia il Briquet Griffon Vendeén iapparve, anche se ridotto quasi ai minimi termini, a Fontenay-le-Comte nel 1946, nella muta di monsier Guilleme e da lì prese il via il suo allevamento moderno. Soggetti di una qualità straordinaria sono stati allevati nella patria d’origine da madama Chataigner, monsieur Coper e monsieur Moinet, e nel 1995 una muta di questi cani vinse il “Trofeo di Francia” nelle prove di lavoro su capriolo. Ed è grazie alla sapiente mano selettiva degli uomini che si sono dedicati al suo allevamento e che ne hanno saputo fissare le straordinarie doti venatorie se il Briquet Griffon Vendéen si è fatto apprezzare anche nel nostro Paese soprattutto per le sue qualità venatorie

Un segugio vero

E, a proposito di qualità venatorie, non v’è motivo di tacere come, tra le caratteristiche del Briquet Griffon Vendéen, la testardaggine e la resistenza nel far canizza e nell’abbaiare a fermo al cinghiale rappresentino, per molti, un aspetto della razza che fa preoccupare. Tuttavia, chi decide di allevare un cucciolo di Vandeano deve sicuramente considerare altresì come questi cani presentino anche molte caratteristiche positive.

Questo segugio, infatti, durante la caccia non si risparmia, né fisicamente né psicologicamente, essendo un cacciatore assiduo, in continua ricerca del fiato dell’animale, che qui da noi, in Italia, è rappresentato per lui per lo più quasi esclusivamente dal cinghiale. Selvatico sul quale, ad esempio, un’altra dote molto importante di questo cane si rivela essere il coraggio innato; dote che, a volte, può persino essere pericolosa in quanto è capace di tenere testa ad animali molto cattivi, capaci di infliggergli ferite molto gravi quando non mortali. Briquet Griffon Vendéen

La razza è numericamente piuttosto presente nel nostro Paese dove viene impiegata, come già sottolineato, quasi esclusivamente, per la caccia al cinghiale e, ma solo rarissimamente, per la caccia alla lepre. Tant’è vero che in una sua intervista rilasciata qualche anno fa, Gianluca Lerda, noto allevatore della razza ebbe a dire: ‘Il Briquet Griffon vendéen ha fortunatamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori”. Lo stesso allevatore poi, ad una precisa domanda sulle caratteristiche venatorie di questi cani, proseguiva sostenendo altresì: “A caccia vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo; tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non li perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il vandeano che non sia “lungo” nella seguita. Orbene, a questi signori io ribatto che, se il cane riesce un buon segugio da cinghiale, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, dal momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.

In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto”.

E del resto, a detta dei suoi appassionati, è un dato di fatto che se possiede il giusto sangue da lavoro e se viene selezionato in serietà, attraverso accoppiamenti mirati su linee di sangue diverse, i Briquet Griffon Vendéen (indipendentemente dal colore del mantello), possiedono generalmente degli importanti mezzi per divenire ottimi ausiliari per la caccia al cinghiale. Questo segugio non è, in genere, un cane di passata, ma arriva molto velocemente ad abbaiare a fermo al cinghiale sfruttando il vento, ed è da notare come, la sua voce possa variare da una corrente di sangue all’altra: infatti, alcuni soggetti possono “urlare”, mentre altri possono “scagnare”.

Note conclusive

II Briquet Griffon Vendéen è un cane che, durante la cacciata, è sì capace di compiere degli atti estremi, ma più in generale si può altresì affermare che il Vandeano sia un segugio dotato di metodo, capace di dare buona voce sulla pastura notturna dell’irsuto ungulato, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa, coraggioso e dinamico, con grande attitudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.

II colore del suo mantello può essere bianco-arancio, ma possiamo trovare anche dei soggetti bianco-grigi, bianco-neri e tricolori, mentre il suo pelo deve essere lungo, piuttosto duro, con un po’ di sottopelo, ma comunque mai lanoso. Gli occhi e il tartufo devono essere scuri, ben pigmentati e mai chiari. Infine, la pelle di questo segugio è molto spessa e tale dote, unitamente allacaratteristica del suo pelo, fa sì che durante la stagione fredda (proprio il periodo della caccia al cinghiale), il Briquet Griffon Vendéen presenti un’alta resistenza alle basse temperature concomitanti, anche abbastanza di frequente, con pioggia e neve; a differenza di molti altri cani che, a volte, in presenza di tali condizioni meteorologiche cessano l’azione di caccia. Per contro, però, soffre molto il caldo, ragione per cui è quindi opportuno mettere a riposo il nostro Vandeano, durante l’estate, allo scopo di evitargli colpi di calore.

Infine, un ultima considerazione sul Briquet Griffon Vendéen circa alcuni aspetti delle cure veterinarie di cui, a volte, necessità questo cane.E’ bene ricordare, infatti, che le orecchie, gli occhi e il pelo vanno curati in modo particolare, e che inoltre, può soffrire di allergie cutanee. Ma, a ben vedere, si tratta di un segugio forte e robusto, molto resistente a quasi tutte le malattie virali e batteriche che, se sverminato e vaccinato regolarmente, non presenta quasi mai qualche problema.