L’Anglo Francais (de petit venerie)

bilu e domino

Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Rispetto a tutte le altre razze francesi,l’Anglo Français è un segugio atipico, che raggruppa in se un po’ tutte le qualità che caratterizzano e contraddistinguono segugi d’oltralpe

bilu e domino
Iniziai a conoscere l’Anglo Francais de petit venerie, e ad apprezzarne le indubbie doti venatorie, verso la metà degli anni ’80, allorché mio padre Osvaldo, per mezzo di un cacciatore francese, entrò casualmente in possesso di un soggetto di questa razza: una femmina bianco arancio di tre anni che si chiamava Alpina. Era una segugia tutta tinta unita arancio sulla schiena, con una leggera scriminatura bianca sul cranio, sulle zampe e sotto il dorso, di taglia media misurava 2 centimetri al garrese era ben aperta di torace.’ mentre le zampe evidenziavano una buona muscolatura che, senza farla apparire pesante, le conferiva un aspetto prestante ed atletico.
A quell’epoca mio padre aveva già avuto modo di provare, sui terreni di caccia, le qualità di altre razze seguge francesi quali, ad esempio, il Griffone Nivernese,il Fulvo di Bretagna e il Porcelaine, e per la Verità tutte e tre queste razze gli avevano fornito, chi più chi meno, dei buoni risultati, ma quando si avvicinò all’Anglo Francais capì ben presto che questo cane era un francese atipico rispetto alle altre razze d’oltralpe e che, proprio per questo, meritava di essere selezionato, poiché si trattava di un segugio che raggruppava i sé un po’ di tutte le loro qualità. Fu così che l’Anglo Francais divenne la terza razza del nostro allevamento. A quel tempo io ero ancora impegnato negli studi e non potevo quindi dedicarmi, come invece avrei voluto, a tempo pieno al nostro canile, tuttavia bastarono poche uscite di caccia al fianco di mio padre per farmi innamorare a mia volta di quei cani. Nel frattempo, infatti, ad Alpina, la nostra capostipite, erano arrivati ad allargare il nostro ceppo i vari Batù, Belle e Trombette, tutti soggetti tricolori, dei quali il maschio Batù era specializzato a cacciare unicamente il cinghiale, mentre le femmine, al pari di Alpina, erano brave anche nella caccia alla lepre.

Un “mix” molto ben riuscito

BilùL’Anglo Francais de petit venerie è, delle 28 razze francesi da seguita riconosciute dalla S.C.C., quella che deriva da un mix di incroci tra razze diverse come gli chien d’Artois, gli Ariégeois, i Petit Bleu de Gascogne,il Porcelaine, i Briquet “de pais” ecc. Fu, infatti, tramite il sangue di questi segugi di gran metodo sulla traccia, mescolato, attraverso mirati accoppiamenti, con quello dei segugi inglesi, più potenti fisicamente e dotati di grande passione per la caccia, che l’Anglo Francais venne definitivamente fissato. Si tratta, a mio parere, di un segugio micidiale, in possesso di una struttura fisico atletica eccelsa, per di più dotato di una grande passione per la caccia e di una volontà innata nella cerca; un cane di metodo che da voce sulla traccia (soprattutto se fresca), della passata notturna.

Nella sua azione di accostamento, che precede lo scovo, ha la qualità dell’iniziativa e la perspicacia di risolvere i falli della lepre o d’infilare, in modo smaliziato, l’uscita dal maneggio sul cinghiale. Grazie al loro olfatto, davvero fine, i soggetti di questa razza sono quindi più veloci (a parità di condizioni climatiche), nello scovare. Ed è allo scovo poi, allorché parte la seguita, che emerge tutta la forza dell’Anglo Francais capace di inseguire il selvatico in piedi mantenendone la distanza in termini molto minori rispetto alle altre razze francesi con voce potente e melodiosa che si fa ben sentire, sempre alla francese, ma non ululata. La sua velocità, che nella seguita gli permette di pressare il selvatico, ne esalta altresì il metodo di lavoro consentendogli, a favore di vento, di percepire l’emanazione dell’animale inseguito a testa alta e potendo tagliare la strada tracciata dal fuggitivo in diagonale (e per
questo accade, anche frequentemente, che i postaioli che hanno visto passare nei loro pressi un cinghiale senza riuscire a fermarlo, vedendo arrivare gli Anglo Francais e notando che questi cani non passano esattamente sulle peste del selvatico, sono portati a pensare che i segugi siano sulle tracce di un altro animale quando, in realtà non è affatto così). Questo metodo consente all’Anglo Francais di cadere raramente in fallo poiché, pressato da vicino, il selvatico, lepre o cinghiale che sia, non riesce a ragionare e quindi a mettere in atto le sue astuzie; ed a questo, inoltre, va aggiunto che grazie alla sua infaticabile vitalità è capace di portare una seguita di ore.

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Il Briquet della Vandea

Briquet Griffon Vendéen dei lupi del Grana

Cane da cinghiale per eccellenza, il vandeano gode di una popolarità senza macchia, sostenuta da una diffusione conseguentemente importante.

Briquet Griffon Vendéen dei lupi del GranaDa diversi lo s’incontra in quasi tutte le regioni, a fianco di cacciatore di cinghiale che praticano la caccia collettiva e conviviale Bisogna voler riconoscere che la sua temibile efficacia contribuisce in modo determinante alla reputazione di cui gode. Grifone di antiche origini, non è solo e rappresentante di taglia media della specie, a metà strada fra il grande grifone, suo patriarca, e i bassotti, costituisce al contrario una razza a se con una propria identità, sia per quanto concerne il fisico che per quanto riguarda le sue attitudini per la caccia. Secondo l’opera “i segugi francesi nel XIX secolo” opera del conte Coulteulx de Canteleu, pubblicato nel 1873, diverse regioni, fra cui la Vandea, possedevano “alcune varietà di briquet successivamente migliorate, provenienti in genere dai cani d’ordine di questo paese”. In generale i briquet sono in origine cani mezzo sangue nati da cagne incrociate con cani da muta. Si ottiene così un cane che prende dal padre la tipologia euna buona attitudine, e dalla madre l’allattamento al territorio e alle necessità locali.

Un briquet di pura razza: un vero paradosso

La storia del briquet si modifica successivamente in maniera molto rapida nel corso del ventesimo secolo. Prima della guerra del 1518, il conte d’Elvas aveva già selezionato una muta di briquet della Vandea con i quali forzava le lepri.Briquet Griffon Vendéen dei lupi del GranaMa sarà nel periodo fra le due guerre, e precisamente nel 1924, che l’interesse portato nei confronti di questi cani portò alla creazione del club del grifone della Vandea, nato dal primo antico Club del basset grifone di Vandea (1907) , sotto l’impulso di alcuni allevatori desiderosi di organizzare l’allevamento del briquet. È in quel periodo che la tipologia attuale fu definita e fissata. È interessante notare che causa della sua forte identità,il Vandeano e il solo cane da caccia di taglia media ad aver mantenuto ufficialmente la denominazione di briquet nella nomenclatura della Federazione Cinofila Internazionale. Quando esaminiamo umbri che è della Vandea vediamo immediatamente come controllori sia votato alla migliore efficacia. E non sarà certo il carattere a smentire questa impressione. Sul piano pratico si tratta di un segugio fuori dal comune, dotato di un viscerale amore per la caccia, il che lo spinge a volte fino all’insubordinazione. In compenso è dotato di uno spirito d’iniziativa e spesso ci è molto utile. Fornisce i migliori servigi agli appassionati della caccia con i segugi in cui scopo è quello di far correre i cinghiali. Un corridore al tempo stesso appassionato ed equilibrato

Segni particolari


 

Il Parere degli utilizzatori

Parlo volentieri del vandeano, una razza che mi sta molto a cuore nella nostra sezione. È un cane di taglia media e colori ben distinti: i lavori di nella nostra selezione abbiamo scelto lo standard, quindi taglia media tra 0,50 e 0,55 al garrese. È collegato e di buon rientro, qualità molto importante per un segugio da seguita. Noi lo abbiamo scelto è selezionato unicamente per la caccia al cinghiale, ma non disdegna nemmeno la lepre. Se fosse un fuggire lo classificherei nei pesi massimi, i suoi punti di forza sono il gran carattere e il coraggio, pressoché fondamentali della caccia al cinghiale. Non è eccessivamente veloce ed è molto legato al filo della traccia lasciata dall’animale. È dotato di ottimo olfatto , da dove incontra la caccia inizia a dare voce, portandosi allo scovo e sul fermo con voce ululata. Il suo difetto più grande può essere il pelo che essendo ruvido e lungo richiede molta cura . d’estate può essere opportuno tosarlo , ma in inverno il manto gli garantisce isolamento e protezione.

Ritratto del petit anglo-français

petit anglo-français

petit anglo-français

In possesso di tutti i comportamenti tipici degli altri segugi e dotati di un coraggio eccezionale, i cani di questa razza stanno ottenendo consensi sempre più numerosi tra i cinghialai nostrani, che li impiegano con ottimi risultati nella caccia al suide.

La passione venatoria, per chi ha il piacere di poterla soddisfare praticandola in compagnia di cani abili e in tipo,è ineguagliabile per emozioni, entusiasmi e ricchezza di soddisfazioni. E la soddisfazione maggiore nostra e di tutti i colleghi segugisti è quella che ci ‘è data dall’ascoltare il coro della muta dei cani che stanno lavorando per noi.
In Francia, i cacciatori hanno sempre perseguito la ricerca e la creazione di razze di segugi nuove e migliori; ecco quindi spiegata la grande varietà di razze francesi da seguita per lepri e cinghiali. I francesi, infatti, si sono bastati per anni su cani dal fiuto sopra fino e dal meticoloso metodo di lavoro di scovo, come ad esempio l’ariegeois e il porcelaine.

Gianluca Lerda con Vespa, eccezionale fattrice e abilissima sulla lepre Gianluca Lerda con Vespa, eccezionale fattrice e abilissima sulla lepre

Il porcelaine è tra i suoi avi

Con l’inizio degli anni sessanta è cominciata la ricerca di qualcosa di più e di diverso, sostenuta dalla volontà di imprimere ai cani una maggiore vitalità e potenza fisica, pur mantenendo intatte le qualità olfattive delle razze sopra citate. Pertanto, l’attenzione dei selezionatori di quel tempo si concentrò non molto lontano da casa loro. L’Inghilterra, infatti, vantava da secoli dei segugi dal grande vigore fisico e atletico, ed ecco allora che il beagle e l’harrier furono subito prescelti a questo scopo. Nella loro opera di selezione, gli allevatori francesi preferirono avvalersi del più antico e ha apprezzato segugio francese:il porcelaine (pressoché scomparso durante la rivoluzione francese,quest’antico cane fu “ricostruito” nel 1845 grazie all’aiuto di alcuni allevatori svizzeri).Da questi incroci nacque l’anglo-français de petit vènerie.

Ancora Gianluca Lerda con Dominò re produttore di quattro anni, ottimo sia sulla lepre, sia sul cinghiale(Allevamento dei lupi del Grana,Caraglio -

Ancora Gianluca Lerda con Dominò re produttore di quattro anni, ottimo sia sulla lepre, sia sul cinghiale(Allevamento dei lupi del Grana,Caraglio –

Fino gli anni ’80, alcuni selezionatori crearono con il poitevin una taglia più grande, da non confondere con il petit,che diede origine ai Grand Anglo che misuravano oltre i 55/58 cm; cani veloci ma con uno spirito di battuta e di ricerca del selvatico che portava a perdere il metodo logico dello scovo e il collegamento con il canettiere. La selezione avvenuta con la trasmissione del sangue del porcelaine, invece, è all’origine della taglia petit,quella che oscilla tra i 48 e i 52 centimetri, con un peso variante tra il 15 e i venti chilogrammi. I soggetti di questa razza hanno occhi nocciola scuro, orecchie ricadenti e non troppo lunga, coda portata fieramente a falce, pelo liscio, mantello di norma nei tre colori bianco, nero e arancio (ma sono ammessi anche esemplari di colore bianco-nero e bianco-arancio), e possiedono un carattere furbo, coraggioso, instancabile e ubbidiente.
Queste, secondo il nostro metodo di selezione (che poi anche quello della maggior parte dei selezionatori francesi) sono la taglia e le caratteristiche morfo-funzionali e psichiche emerse dalla ricerca effettuata dai primi selezionatori di questa razza.


Elegante, veloce e dotato di ottimo olfatto

 

Il petit anglo-français è un segugio veloce, che possiede ottimo olfatto, attivo ed elegante nel movimento, dotato di un abbaio melodioso. In un primo momento venne utilizzato (e molto apprezzato) nella caccia su ogni terreno alla piccola selvaggina: lepri e conigli. Poi, grazie alla sua eccezionale intelligenza venatoria, iniziò a riscuotere una considerazione sempre crescente trae cacciatori francesi che lo addestrarono anche per la caccia agli ungulati in genere.Questo piccolo grande cane si distinse in particolare sul cinghiale selvatico sul quale diede subito dei risultati davvero eccezionali. Infatti, il suo odorato finissimo e la sua grande velocità gli consentono di andare allo scovo del selvatico molto più velocemente, senza mai perdere il filo della traccia. Quando il petit ha scovato, non dà mai tregua all’animale cacciato standogli vicino nella corsa, in modo particolare si fa apprezzare quando il cinghiale si ferma, poiché in quel frangente il nostro segugio è molto scaltro: gli gira intorno standogli circa a otto/dieci metri e continuando ad abbaiare. Molto difficilmente, pertanto, un cinghiale, anche grosso, riesce a ferirlo mortalmente, perché l’anglo-français elude le sue cariche sfruttando la grande velocità e scappando via di qualche metro. E anche se impegnato in tale compito, questo cane eccezionale non smette mai di abbaiare e di segnalare al cacciatore la posizione del selvatico

Osvaldo Lerda (allevamento "Lupi del Grana") insieme a Falco (quattro anni) capo - muta su lepre e cinghiale
Osvaldo Lerda (allevamento “Lupi del Grana”) insieme a Falco (quattro anni) capo – muta su lepre e cinghiale
Gianluca Lerda (allevamento "Lupi del Grana") con Dik (tre anni),ottimo lepraiolo e promettente anche sul cinghiale
Gianluca Lerda (allevamento “Lupi del Grana”) con Dik (tre anni),ottimo lepraiolo e promettente anche sul cinghiale
 Bateur ,segugio anglo-francese tra i migliori riproduttori dell'allevamento "Lupi del Grana"
Bateur ,segugio anglo-francese tra i migliori riproduttori dell’allevamento “Lupi del Grana”

 

In Italia è ancora poco allevato

 

 

Ultimamente in Italia si riscontra un certo interesse per questi cani. Nonostante ciò, sono ancora pochi gli allevatori che si occupano della razza. Gianluca e Osvaldo Lerda si dedicano dal 1985 alla selezione dell’anglo-français avvalendosi del ceppo di sangue di Batù e Alpina, rispettivamente maschio tricolore e femmina bianco-arancio,validissimi sia sulla lepre, sia sul cinghiale.
In ogni caso, non viene ragione di dubitare che il futuro di questi segugi in Italia sarà certamente semprepiù roseo e ciò accadrà sicuramente più roseo e ciò accadrà sicuramente non appena la notizia delle loro eccezionali doti venatorie – che, unitamente al coraggio,ne fanno degli ausiliari eccellenti nellacaccia al cinghiale-inizierà a diffondersi tra i cacciatori italiani.

Osvaldo Lerda in compagnia di uno dei suoi briquet griffon venéen (allevamento "Lupi del Grana", Caraglio (CN)

Osvaldo Lerda in compagnia di uno dei suoi briquet griffon venéen (allevamento “Lupi del Grana”, Caraglio (CN)

Cane equilibrato e solidamente costruito, senza essere pesante,l’anglo-français visto di profilo presenta una silhouette che, esaltandone la distinzione morfologica, lo identifica senza alcun dubbio tra le razze da seguita francesi. Cosa che non mancherà di aiutarlo a entrare nelle simpatie di tutti veri cacciatori cinofili che, pur avendo presente come la sostanza sia fondamentale in un cane da caccia, sanno benissimo che anche l’occhio vuole la sua parte e,a parità di risultati, cacciare con un bel cane è sicuramente preferibile che accontentarsi di un “mostriciattolo” qualsiasi.

 

 

Club dell’anglo-français de petit vèneriè
Mr Bernard Rousset
La Vacquerie 34520 -Le Caylaer (Francia)

Club dell'anglo-francais

L’Ariègeois

ariegeois

ariegeois

Elegante nella sua veste bianca, l’ariégeois seduce a prima vista. Ma sono le sue qualità di naso e di gola e le sue abilità nelle situazioni più difficili che lo fanno apprezzare dai cacciatori.

La denominazione di questo segugio tipicamente francese rimanda subito alle origini. Si tratta infatti di ogni incrocio tra selezionati briquet dell’Ariegeois con stalloni Ganscon e Ganscons Saintongeois appartenenti alle mute locali, com’è stato efficacemente descritta da Pierre Megnien nella sua opera “Le chien et ses races” , edito nel lontano 1899. All’inizio del XX secolo, il conte Elia de Vezin lo definiva una volta come un mezzo sangue…. Questo celebre cacciatore divenne tuttavia un accanito promotore di questa specie. Proseguì la linea di sangue ganscon e saintongeois , cara ai puristi, incrociandola con il sangue lo spirito briquet, ai quali gli utilizzatori locali erano ferocemente attaccati. Organizzò quindi una miglior selezione. Intrapresa la carriera di giudice in tutte le esposizioni cinofile nel Midi di Francia, arrivò a godere di una grande popolarità e autorevolezza. Senza dubbio per lui a far conoscere, sia pur nel limitato mondo degli appassionati, questa razza canina. Vale in cerca in questo periodo che nacque il club Gaston Phoebus al quale si deve l’organizzazione delle prime prove di caccia alla lepre nel 1910 e 1912. Poco a poco, i progressi della cinofilia si sono fatti sentire sull’ariégeois , che ha guadagnato molto sotto l’aspetto dell’omogeneità. Dopo la seconda guerra mondiale Paul Daubigné, giudice molto famoso all’epoca, si recò nella zona del Midi e dei Pirenei, per rendersi conto di cose era divenuto l’ariégeois e stilò questa conclusione:” l’esposizione di Saint-Girons gode della fama di essere il cantone più rinomato per il numero alla qualità dei suoi cani”.

Tuttavia nel 1975, quando il ministero dell’agricoltura francese impose le sue regole ai club di razza d’oltralpe, si constatò che era impossibile raggiungere la quota minima di nascita richiesta, 50 esemplari all’anno. Il club Gaston Phoebus così si fuse nel Club Chien du Gascogne e Gascon Saintongeois. La stessa cosa vieni oggi in Italia, dove l’ariégeois é affiliato al club italiano de Gascogne.

L'Ariégeois stupisce sempre per la sua saggia prudenza.E' un cane eccezionale per la ricerca delle tracce notturneUn’efficacia mai smentita

Il fatto più singolare di questa razza è che il suo processo di allenamento e di selezione è avvenuto quasi al livello confidenziale. Tenuto conto delle sue origini da mezzo sangue, nel corso di un secolo le sue caratteristiche hanno subito diverse variazioni, della taglia, nel volume ed anche nell’aspetto generale. Fatto inevitabile, tenuto conto delle diverse linee di sangue che ne hanno dato origine. Si narra addirittura che in passato si siano visti dei fratelli concorrere nelle esposizioni in razze differenti: Ariégeois e Petit Gascon Saintongeois!.

Ma ciò ormai è un patto conosciuto. L’essenziale è che l’Ariégeois abbia conservato nel tempo le sue grandi qualità da cacciatore. Infatti, dietro al fisico seducente che lo contraddistingue, si nasconde un gran lavoratore dall’altro particolarmente il vino, che senza dubbio è la sua qualità principale. Spesso il suo eccezionale olfatto gli permette di trovare la caccia dove altri si sono arresi. Questa grande sensibilità gli offre anche i mezzi per non indugiare sulla traccia, di mantenere un’andatura regolare. Inoltre sopporta bene le avversità climatiche ed è caratterizzato da una certa regolarità ed un buon ritmo di caccia.

Uno specialista

Quando si muove l'ariégeois tiene sempre la testa alta.Qeusto segugio ha una voce da urlatore,con ululati flautanti,prolungati e molto sonoriL’Ariégeois stupisce soprattutto per la sua saggia prudenza è la regolarità nella caccia. La sua taglia media nella sua leggerezza lo rendono un ausiliario preciso, dinamico, intraprendente sia da solo che in muta, capace di districarsi con facilità anche i terreni particolarmente difficili. Inutile dire che un esperto nella ripresa (soluzione dei falli) è nella conduzione di una muta. È un segugio ben applicato e volenteroso, un ottimo scovatore, dotato di molta iniziativa e regolarità. Senza forzare eccessivamente, caccia in maniera metodica, spedito sempre ben ammutato. Non a caso in Francia si dice che una muta di questi cani è in grado di cacciare su un fazzoletto. Molto bello dal punto di vista estetico, è spettacolare caccia, quando segue l’animale al collo teso in testa dritta mezza altezza,con scagni flautati dal timbro chiaro che sono un’altra delle sue caratteristiche. Gran urlatore, emette degli scagni prolungati è molto sonori che oltre far godere dei proprietari possono essere sentiti anche a grande distanza. Dotato di un ottimo carattere, è un segugio dolce ed equilibrato, facile da gestire facilmente addestrabile. Se vive a fianco del padrone, come avveniva nelle cascine del Midi di Francia, si mostra molto affettuoso, quasi sottomesso. E inoltre un segugio precoce, anche se per la caccia al cinghiale è opportuno attendere l’età adulta. Adatto ad essere impiegato in mute numerose, si presta bene anche adoperare da solo o in coppia.

 

Una razza alla conquista dell’Italia

 

L’ariégeois è uno dei segugi di razza francese più diffusi nel nostro paese: adatto all’impiego su qualsiasi tipo di terreno, dalla landa pietrosa alle zone umide, dall’altura alla montagna, dal coltivo al bosco, ha un carattere molto perseverante e tenace che ha conquistato molti cacciatori nostrani. Nel paese d’origine,l’Haute Ariége , viene impiegato nella caccia di montagna fino a quota destinata nei 2000 metri e il suo manto chiaro rappresenta un vantaggio perché consente di scorgerlo fino a grandi distanze.

Benche la sua preda prediletta è la lepre, viene impiegato con altrettanto profitto anche nella caccia al cinghiale. Tuttavia nella zona dei Pirenei gli viene preferito il suo cugino Bleu de Gascogne , dal manto delicato e dal carattere leggermente più aggressivo. Comunque sia ormai non è raro trovarli nei suoi terreni di caccia di tutta la penisola italiana, dove questo bel segugio ha trovato numerosi estimatori .

 

Christian Pujol

Segni particolari

L'ariégois è un cane vigoroso  e molto affettuoso con il suo conduttore

L’Ariégeois è un segugio francese a pelo raso di taglia media, è elegante vigoroso. La sua altezza al garrese varia dai 52 al 53 centimetri per i maschi, da 50 a 56 per le femmine. Il cranio visto di fronte leggermente compatto e non troppo largo, con protuberanza occipitale poco marcata. La fronte è piena, le arcate sopraccigliari poco marcate. Il tartufo nero, le labbra leggere i fini, le palpebre tese che non fanno intravedere il rosso dell’occhio. Il dorso è ben muscoloso è sostenuto, il petto lungo e di media altezza, che scende fino al livello dei gomiti. Le membra sono ben proporzionate muscolose senza essere pesanti. Il pelo è corto fine e chiuso, di colore bianco a tacche nere con contorni ben delimitati con l’eventuale presenza di moschettature. Agli occhi e dalle labbra sono presenti anche leggere focature.

Articolo tratto da “La caccia al Cinghiale” n°6 Marzo-Aprile 2002


Il Parere degli utilizzatori

L’Ariégeois , nella nostra selezione di segugi francesi, ha sempre avuto molta attenzione. In passato non è stato semplice: non riuscivamo a trovare nemmeno in Francia dei soggetti come ci eravamo prefissati noi, sulla vera taglia Ariége, con un’altezza al garrese di 0,50 per le femmine e 5,52 per i maschi. Si tratta in questa casa di segugi slanciati, leggeri ma ben costruiti, con una certa eleganza che li contraddistingue dal più pesante Gascon Saintongeois.

È un cane da seguita a pelo raso, che lavora con metodo,dà voce alla pastura così pure nell’insegnamento. Possiede un fiuto molto fine, si comporta in modo retto e saggio, ha molta attitudine alla disciplina e al lavoro. Si adatta bene sia sui terreni di pianura che in montagna, è docile, possiede molto olfatto ed è di facile addestramento. Difficilmente per della traccia del selvatico che sta scovando, è in definitiva uno dei migliori segugi da lepre e da cinghiale dei nostri cugini francesi.

Dal 1994 siamo riusciti finalmente ad arrivare su una corrente che corrisponde requisiti da noi richiesti. Oltre all’aspetto morfologico contiamo su una selezione di grande carattere, senza paure né timidezze.Partimmo cos’è il femmine e due maschi di produttori e lavorammo molto sull’addestramento a lepre, da passare poi sul cinghiale. Fu sempre nel 1994 che vendemmoo tre femmine e due maschi al compianto Gabriello Santori, che fece brillare quei cani nell’esposizioni e gare al lavoro su cinghiale. Andando avanti nel tempo alla nostra selezione si è allargata, ed abbiamo anche fornito nel 1999 una muta all’amico Marco Barbanera, che nel 2000 e 2001 si è imposto vincendo in numerose competizioni.

Lupi del Grana ,segugi DOC

Alex Lerda con Alù e Linda, Bianchi Grigi Briquet Griffon Vendéen
Articolo tratto dalla rivista "Il cacciatore italiano"

Nascono dall'esperienza quarantennale di appassionati cacciatori cinofili gli apprezzati cani da seguita dell'allevamento cuneese.Scegliendo dalle razze più vocate gli esemplari migliori per carattere e attitudine si è giunti agli attuali campioni.

Alex Lerda con Alù e Linda, Bianchi  Grigi Briquet Griffon Vendéen Gianluca Lerda è cresciuto sull'esperienza di suo padre Osvaldo, gran cacciatore. da cui ha appreso le emozioni e le soddisfazioni nell'allevamento di ca­
ni da seguita. Nella caccia al cinghiale e alla lepre si è sviluppata la passione per i segugi. con un occhio di riguardo per le razze francesi, pur rispettando e apprezzando quelle di casa. Sono ormai 45 gli anni trascorsi da Osvaldo allevando segugi, 37 con I'af­fisso Enci dei Lupi del Grana. mentre per Gianluca I'esperienza è di "solo" 15 anni: un tempo non indif­ferente, poiché impiegato interamente a selezionare e approfondire le doti venatorie delle varie razze. La razza che accompagna Lupi del Grana sin dagli inizi e che non è mai stata abbandonata è il Briquet Griffon Vandéen noto come il vandeano.Inizialmente si era optato per ii Grand Vendéen, un segugio di taglia robusta dalle caratteristiche notevoli nel tracciare e nella voce: successivamente di questo si sono conservate solo alcune linee da riproduzione, ma importanti ai fini dello sviluppo e dell'evoluzione di cani sempre più specifici. Alla creazione di un tipo di cane da seguita diverso si è giunti attraverso i cambiamenti avvenuti nella stessa metodica di caccia e per aver portato le battute in terreni sempre più coperti da vegetazione fitta: questo ha imposto segugi più collegati e con buone doti autonome di rientro a fine battuta. Per questo gli accoppiamenti mirati operati nei Lupi del Grana hanno portato alla nascita di Briquet Griffon Vendéen dalla taglia contenuta in 48 cm al garrese per le femmine e 52-55 cm per i maschi. Cani più leggeri e compatti, ben costruiti nel quadrato, capaci di resistere alla fatica.Ma anche ben selezionati caratterialmente. meno testardi dei Grand, più collegati al conduttore/battitore e più inclini al rientro spontaneo. Pur ammettendo che il segugio dal comportamento perfetto non esiste; poiché se è davvero bravo nello scovare il selvatico sarà anche insistente nella seguita, senza demordere se il selvatico viene sbagliato dai cacciatori o se elude del tutto le poste,tuttavia questa selezione offre cani in grado di ritornare alla zona in cui sono stati sciolti e. spesso. persino al carrello da cui sono stati trasportati. Un'importante razza sviluppata nei Lupi del Grana è I'Ariégeois. La selezione è iniziata nel 1990, con notevoli sforzi per individuare e isolare qualità precise come la tagiia, ricercando nelle linee di sangue originarie della razza i caratteri del Briquet Ariégeois più che quelli del Gascoin. Si è giunti ad un segugio leggero di taglia media, con altezza al garrese tra 48 e 55 cm. con buone doti di rientro. più ricco di iniziativa nella cerca dell'usta, concreto nella risoluzione dei falli e delle doppie sulla lepre in grado di trovare sempre il filo che dal maneggio porta al covo del cinghiale. Molti soggetti, inoltre, evidenziano una dote olfattiva notevole nel rilevare tracce vecchie di ore senza lasciarsi ingannare e risalendo sicuri alla lestra del cinghiale o al covo della lepre. Nel Briquet Ariégeois è molto accenluata l'iniziativa nella cerca mentre la seguita è assai veloce. spesso incalzando l'animale da vicino, rivelando anche ottime doti di abbaio a fermo sul cinghiale. Morfologicamente diverso dal Vandeano. ii Briquet Ariégeois ha pelo più raso, che lo rende adatto a terreni asciutti e rocciosi ,mentre il primo trova collocazione ottimale in zone fredde e natura impervia e boscosa.  Mentre il Vandeano è un ausiliario ottimale per specializzazione a senso unico (cinghiale), il Briquet Ariégeois è più versatile. in grado di dare eccellenti risultati in tutte e due le forme di caccia. Osvaldo e Gianluca. forti della lunga esperienza di allevatori e conduttori. suggeriscono comunque di specializzare sempre i segugi facendo loro avere contatto con una preda e una forma di caccia precisa, considerato che proprio attorno ai 7 anni d età I'ausíliario matura e completa attraverso le esperienze il proprio addestramento ed è in grado di operare anche come capomuta. Per presentare con completezza Lupi del Grana occorre citare, infine. l'Anglo Francese de Petit Venérie, un segugio scaltro e veloce, dotato di carattere che lo rende capace di fronteggiare il cinghiale a fermo con correttezza, ma anche dotato di iniziativa come scovatore sulla lepre. Un cane di grande prestanza fisica. instancabile, dotato di un eccellente senso d'orientamento. ideale per un aaàestramento specifico verso la lepre o il cinghiale. Un'ultima nota riguarda la selezione genetica sui tratti caratteriali, cui Osvaldo e Gianluca Lerda tengono molto. I segugi dei Lupi del Grana sono tutti soggetti equilibrati senza timore dello sparo, ma occorre ricordare. sottolineano i due allevatori, che I'approccio al fucile deve comunque avvenire in modo intelligente. collegando lo sparo al ritrovamento del selvatico abbattuto, portando il cane non solo a non avere timore, ma ad acuire invece l'attenzione e l'eccitazione al momento in cui avverte un colpo.


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Ci vuole un fisico bestiale

Roll e Tenor dei Lupi del Grana, anglo francesi capomuta per la lepre e per il cinghiale, un'altra razza allevata da Osvaldo e Gianluca Lerda

Articolo  tratto dalla rivista "Diana Caccia" di Massimo Scheggi

Probabilmente il grand o il briquet griffon vendéen rappresentano, nell'immaginario collettivo dei cinghialai, lo chien courant più adatto nella caccia alla bestia nera, grazie alla sua mole, al suo mantello irsuto, alla seguita incessante, al suo ululato, che incute timore al cinghiale ma mette in soggezione anche i postaioli. I francesi del resto dicono che per un animale grosso ci vuole un cane grosso e che per di più abbia il fisico di ruolo.

Roll e Tenor dei Lupi del Grana, anglo francesi capomuta per la lepre e per il cinghiale, un'altra razza allevata da Osvaldo e Gianluca LerdaAd eccezione dei segugi italiani e del dachsbracke tutti i cani da seguita sono stati ridimensionati, quanto a numeri, nel 2004 rispetto all'anno precedente. Quindi anche gli chiens courants francesi. Gli ariégeois che da qualche anno avevano superato, quanto a iscrizioni al Roi e Rsr, i briquet griffon vendéen – per molto tempo i segugi francesi più diffusi in Italia – perdono quasi 200 effettivi per strada mentre il briquet, mantenendo quasi le posizioni del 2003, si riavvicina al collega transalpino. Grossa battuta d'arresto del petit bleu de Gascogne che passa da 550 iscrizioni del 2003 alle 329 del 2004. Piccola avanzata invece, ma grande in percentuale, dell'anglo-francese (da 122 a 145) e del porcelaine (da 96 a 143). Rimanendo alle due razze più diffuse c'è da dire che l'ariégeois viene impiegato da noi, come in Francia, indifferentemente sulla lepre come sul cinghiale, mentre il briquet griffon vendéen è un cane essenzialmente cinghialaio e sinceramente sarebbe anche un po' ridicolo vedere questo canone ululante inseguire una timide lepre.«È celebre in Gallia il detto che li somiglia – i cani celtici – al- l'uom che mendica alle porte, poiché hanno voce lamentabile e di pianto e non latrano cacciando, come fossero infuriati contro la preda, ma come angosciati e dolenti». Così Arriano di Nicomedia, autore di un Cinegerico e vissuto sotto l'imperatore Adriano nel II secolo dopo Cristo, scriveva dei segugi transalpini. Siccome questi segugi celtici, oggi si direbbe francesi, Arriano li definisce anche «irti e brutti a vedere», si potrebbe fare un accostamento con gli attuali briquet griffon vendéen. Per la voce io dico di sì, per la morfologia non saprei, anche perché sono passati quasi 2.000 anni da Awiano a noi e il briquet come lo conosciamo adesso è frutto di vari incroci (briquet in francese sta per il nostro bastardo o meticcio che dir si voglia) e vede la sua creazione a partire solo dagli anni Venti del secolo scorso. Magari si potrebbe trovare un riscontro con il grand griffon vendéen che è alla base della creazione del briquet, però credo che,anche in questo caso, si lavorerebbe troppo di fantasia. Ricordo peraltro, en passant, che di vandeani ne esistono anche altre due razze: il grand basset griffon vendéen e il petit basset griffon vendéen. La solita moltiplicazione dei pani e dei pesci effettuata dai francesi. Se quindi è difficile accostare la morfologia di cani così distanti nel tempo (anche perché non abbiamo raffigurazioni probanti), si può tuttavia dire che la voce degli chiens courants in genere è davvero ululata, cavernosa, a volte lamentosa, «angosciata e dolente», tipo quella di un mendicante. Vi avrò del resto già raccontato di come rimasi meravigliato, durante una cacciata al cinghiale nella tenuta della Mar-
siliana, al cospetto di una muta di vandeani, nell'udire la voce di un briquet che era tale e quale quella descritta da Arriano.


I vandeani hanno grande resistenza e sopportano bene il dolore: pelle spessa e pelo duro sono a volte una valida corazza contro le zanne del cinghiale

Le gesta dei vandeani me le rinnovella il giovane Gianluca Lerda che, insieme al padre Osvaldo, è titolare dell'allevamento dei Lupi del Grana in quel dì Caraglio, provincia di Cuneo. Gianluca, che alleva con successo anche ariégeois e anglo-francesi di piccola veneria, appartiene a una squadra famosa di cinghialai della Valle Maira. Dai suoi racconti traspare una grande passione e un grande amore per i cani. Ne abbiamo scelto uno (tagliando qua e la per esigenze di spazio) in quanto narra la seguita ma anche le disavventure di un briquet griffon vendéen che, come leggerete, dimostra proprio di avere il fisco di ruolo per cacciare il cinghiale. Ecco quanto ci scrive Gianluca.Il  piccolo Alex con Pongo, cucciolone ariégeois dei Lupi del Grana di Osvaldo e Gianluca Lerda

«La stagione trascorsa e stata ricca di un ottimo carniere di 50 cinghiali, tutti begli animali. La soddislazione di tutta la squadra non è quella di fare la mattanza di selvatici, ma è come si catturano e come lavorano i nostri segugii. In una delle ultime giornate di caccia dei 2004. nella quale avevamo abbattuto 6 cinghiali, alla conta dei cani, la sera, ne mancava uno: Oscar. grande riproduttore vandeano il quale, in seconda cacciata nel pomeriggio, usato come unico capomuta con due giovani suoi figli, aveva scovato due cinghiali spingendoli fuori battuta e seguitando lungo il rifugio del Pajan, zona Valle Maira, dove i cìnghiali albergano da anni, in zone impervie e difficilmente raggiungibili dai battitori e anche dai cani. Tramite via radio so di mio padre che nell'altra battuta riesce a mandare alle poste diversi cinghiali, dei quali con buona sorte riusciamo a mandarne tre, mentre altri due riescono a scollinare e a ricercare la sicurezza nel rifugio faunistico, incalzati però dai vandeani. lo, recuperati due cuccioloni e messili nel carrello. mi dirigo di tutta corsa con il fuoristrada verso la direzione dei cani. Questa e una fase molto importante, quando il battitore cerca di fermare i segugi dalla seguita che porta fuori la zona di caccia. Ecco allora che subentra una figura della squadra importantissima, cioè uni cacciatore postaiolo che ha la conoscenza e l'esperienza dei territorio, dei passaggi degli animali, dove sentendo la voce incalzante della seguita capisce la direzione giusta nella quale si presume attraverseranno i segugi. Per la nostra squadra questo personaggio è Bertù (piemontizzato da Roberto) il quale è seguito nella stessa passione da Marisa, sua moglie, entrambi accaniti cinghialai delle nostre vallate. Bertù svolge anche le funzioni di caposquadra. insieme a mio padre e a me. Recuperare i segugi dalla seguita di un cinghiale è un'impresa non da poco, vivi una sensazione forte, inferiore solo di poco all'abbattimento del cinghiale. Mentre vado svelto sul fuoristrada, ti arrivano le direttive sul movimento dei cani: ora sono a metà costa, vanno verso la sagna (in pienwntese l'insoglio). Sento Diana e Zico con Luna più indietro, loro vanno verso la centralina (una cabina idroelettrica). Arrivo sul posto, provo ad appostarmi davanti al trattoio proprio della centralina, cammino lesto per arrivare alla posta dove Massimino, detto il sindaco (lo è davvero), aveva abbattuto il cinghiale in una cacciata precedente. Quando arrivo mi accorgo che le frasche erano sporche di fango. Capisco che il cinghiale era già passato e attraversato. Intanto sento il boato dei segugi che mi scendono uniti nella seguita con voce incalzante e cupa. In quei momenti l'adrenalina è a mille, la concentrazione è massima come quando stai per sparare al cinchiale. Devi individuare un punto preciso dove puoi essere addosso al cane, in modo che non possa divincolarsi facilmente. Ecco, il primo è Zico. Seguendo tutto naso a terra, mi esce proprio dalla fronda. spezza siepi e spini sulla strada del cinghiale. Gli urlo Zico e lui rallenta e io lo prendo al collare per legarlo al guinzaglio. Subito arriva anche Diana. molto scaltra e veloce pur nei suoi undici anni compiuti. Mi taglia sull'altro lato più pulito e come una freccia. continuando nella seguita, attraversa la strada asfaltata. riprende la traccia, salta il canalotto d'acqua e va là sul trattoio della centralina proprio come aveva detto Bertùr. Intanto arriva anche la Luna, sempre sulla strada di Zico. Facilmente mi obbedisce e lego anche lei. Con il recupero dei segugi, tornare a casa per festeggiare i cinghiali presi è una gioia ancora più bella. perché sei libero dal pensiero di doverli cercare e dalla preoccupazione di non averli recuperati. Oscar però ci fa stare in ansia, perché la sera di caccia, dopo le dovute ricerche, non è rientrato, ma l'indomani, rnentre si dividono i cinghiali, ci arriva una rasserenante telefonata: Oscar è stato trovato in una frazione di montagna adiacente alla nostra zona di caccia da un cacciatore di un'altra squadra di cinghialai della Valle Maira. Da noi la collaborazione tra cacciatori nel ritrovare i cani di una o dell'altra squadra è una priorità di educazione venatoria. Recuperato, il cane sale da solo nella gabbia del fuoristrada. Arrivato a casa il cane sembrava integro anche se affaticato, comunque tirava a guinzaglio, il mantello per di più era tutto bianco, lavato poiché nella sera di caccia c'era stata pioggia e nevischio.Parigi dei Lupi del Grana, briquet griffon vendéen di Osvaldo e Gianluca LerdaLo metto in allevamento e il cane si accovaccia in cuccia. Il giorno dopo però Oscar non esce dalla sua casa, è mogio. Lo prendo piano piano per tirarlo fuori. Ha il naso asciutto e la febbre. Cerco di controllarlo bene pelo per pelo e sotto il costato l'indice della mano entra in una scanalatura di pelle tagliata. Un taglio di più di dieci centimentri con un buco profondo su cui la pelle si era appiccicata dopo la ferita. probabilmente per essersi accovacciato nella notte, magari al riparo di una roccia che evidentemente aveva tamponato la ferita che aveva al polmone. Portato d'urgenza in clinica, la dottoressa veterinaria del nostro allevamento rimane esterrefatta di come Oscar sia potuto sopravvivere a quel devastante taglio al polmone. Operato, non ci dà molte garanzie che superi il danno e ci prepara a qualunque avvenimento. Oscar rimane sotto osservazione in clinica, ma, per fortuna, già l'indomani dall'intervento, quando andiamo a vederlo, esce fuori dal lettino da solo per fare i suoi bisogni. Incredibile: io e mio padre che non abbiamo chiuso occhio per tutta la notte, avvisiamo subito Bertù per tranquillizzare anche lui. Oscar rimane ancora in cura di antibiotici, ma il pericolo più grave di non farcela nelle prime 12 ore è passato. La dottoressa parla di un cane miracolato. Aggiunge che il tessuto del polmone nel tempo si rimargina per via naturale. L'importante è che dalla ricucitura non fuoriesca dell'aria e l'edema vada via gradualmente. Così è stato e oggi Oscar è rimasto con la stessa grinta e forza di sempre, un grande vandeano che è anche un grande riproduttore. Questa è un'esperienza che mi ha lasciato sbalordito e naturalmente felice di come si è conclusa». Idem per noi

 


Ciao Massimo

Massimo Scheggi

 

 Massimo Scheggi

Massimo Scheggi non c’è più. Inutile girarci attorno, trovare belle espressioni, far finta che non sia così. La verità purtroppo è questa nella sua cruda realtà. Un altro duro colpo dopo che poco tempo fa anche un altro amico, Francesco Parducci, che ricordiamo in questo stesso numero, ci aveva lasciati. Nel suo caso, per quel poco che serve, eravamo in un certo modo preparati. Con Massimo no.
Se ne è andato all’improvviso, un sabato dello scorso novembre. Negli ultimi _:orni aveva lamentato qualche problema di salute, ma tutto sembrava risolto per il meglio, tanto che ci permettevamo di scherzarci sopra.
Proprio per i postumi di quei disturbi aveva dovuto rinunciare ad essere dei nastri per prendere parte ad una eacciarella al cinghiale, un’altra delle sue tante passioni. Ed è proprio quando abbiamo acceso i telefoni tornando alla casa di caccia che abbiamo saputo. Inutile dire che la notizia ci ha lasciato tutti impietriti. E quando dico tutti intendo veramente tutto il nostro mondo, nel quale Massimo era una presenza forte e rappresentativa. Se mai ce ne fosse stato bisogno, a provarlo sarebbero sufficienti le telefonate ricevute in questi giorni e la rapidità con cui si è diffusa la notizia, portando con sé un dolore e uno sgomento difficili persino da immaginare.
II suo impegno per la scuola, il suo lavoro, per la caccia, per la cinofilia, il suo ruolo in Federcaccia, dove per anni ha retto importanti incarichi dirigenziali… i suoi tanti interessi, come l’ornitologia, la letteratura, l’amore per le tradizioni di Firenze, la sua città…
il vuoto che lascia è enorme. Per molti, in particolare per noi di Diana – che prossimamente lo commemorerà in maniera ufficiale – sarà difficile non poter contare più sulla sua collaborazione, assolutamente impossibile

godere più della sua amicizia. L’ultima volta che ci eravamo sentiti, lui convalescente, pochi giorni prima di andarsene per sempre, mi aveva salutato con una promessa: «La stagione non è ancora finita. Adesso torniamo a caccia insieme… ».
Lo sapeva quanto mi piaceva cacciare con lui e con i suoi cani e appena possibile me lo proponeva, con quei suoi modi bonari. Siamo stupidi, noi uomini, e per un malinteso senso di «virilità» certe cose non ce le diciamo, ma credo che provasse dell’affetto per me, che a volte trapelava, magari con una carezza sul callo, un po’ paterna, un po’ burbera, come quelle che faceva ai suoi bracchi e con uno spontaneo «Non fare i’ bischero…» in risposta a qualche mia uscita poco ortodossa. Certo io gli ero affezionato e, come sempre, adesso lo dico a chi in fondo non interessa, ma non l’ho mai detto a lui. Spero tu sia a caccia adesso, Massimo, lo spero davvero. Meglio, ne sono convinto, perché
eri un uomo buono e se c’è un Paradiso a te è toccato di sicuro. Certamente sarai con i tuoi bracchi. E quando sarà, presto o tardi, spero manterrai la promessa che mi hai fatto. Ciao Massimo, non mi riesce di continuare. Mi mancherai. Anzi, manchi già a tutti noi, perché quello che ho scritto io lo pensano
tutti gli amici di Diana e tutti coloro che ti hanno conosciuto.

Marco Ramanzini

 

articolo tratto dalla rivista “Diana Caccia”

 

A caccia nella “Granda”

gruppo di caccia

gruppo di caccia

articolo tratto dalla rivista “La caccia al cinghiale”di Alessandro Cipriani

 

In provincia di Cuneo il “sus scrofa” é in netta espansione, tanto da essere divenuto una causa non insolita di incidenti stradali:dal febbraio 2000 all’agosto 2001 sono stati investiti da automobili ben 86 cinghiali, un dato che la dice lunga sulla diffusione di questo animale. Di pari passo aumentano anche i danni al patrimonio agro/silvo/pastorale.Il mese scorso abbiamo voluto iniziare la stagione venatoria proprio in questa provincia, ospitati da Osvaldo e Gianluca Lerda, noti allevatori di segugi francesi ed appassionati di caccia al cinghiale.

Primi passi verso la gestione controllata

 

L'ex riserva del Paian,per anni rifugio dei cinghiali della zonaA causa dell’aumento degli incidenti automobilistici e delle richieste di danni al partimonio agro/silvo/pastorale la Provincia ha emanato di recente delle linee guida per il controllo del cinghiale, che prevedono non solo una maggior attenzione verso gli allevamenti di questi animali, che lo ricordiamo possono essere cresciuti solo per scopo alimentare, ma anche una maggior sensibilizzazione dei Comitati di Gestione (A.T.C. e C.A.) che si attua attraverso il monitoraggio delle popolazioni residenti e l’esortazione a riequilibrare attraverso la caccia la struttura delle popolazioni concentrando il prelievo verso gli indiviclui più giovani e risparmiando gli adulti.Inoltre la Provincia ha previsto degli interventi diretti al contenimento numerico che possono svolgersi anche al di fuori del normale periodo venatorio. In questo caso l’intervento si attua attraverso battute con fucili a canna liscia, a tiri (diurni o notturni) con la carabina ed ottica di mira dall’altana o da appostamento fisso o mobile e grazie all’impiego di gabbie e chiusini con successivo abbattimento degli animali catturati.

 

La caccia al cinghiale in provincia di Cuneo

Anzitutto parliamo delle armi utilizzabili nell’ambito della normale stagione venatoria: la carabina è consentita solo in casi eccezionali e soltanto negli A.T.C. ove sia stato stilato un piano di abbattimento quali/quantitativo (ovvero si è stabilito quanti adulti e quanti giovani abbattere, il loro sesso, ecc.). In pratica la scorsa stagione si è tirato con il canna rigata solo in Valle Stura; sul resto del territorio era obbligatorio l’uso del fucile a canna liscia.

Per questa stagione venatoria non è stato stabilito alcun quorum di abbattimento: l’unico limite è costituito dal numero di cinghiali prelevabili (la ciascun cacciatore, che può incarnierare nel corso cella stagione dieci animali. In pratica si andrà avanti ad oltranza fino alla metà di dicembre, visto che quest’anno la stagione al cinghiale è stata anticipata alla metà di settembre per venire incontro alle esigenze degli agricoitori che temevano le scorribante alimentari dei cinghiali proprio nel momento della maturazione finale dei vitigni (la legge Regionale 8 giugno 1989 n.36 prevede comunque all’articolo10 il risarcimento dei danni causati alle coltivazioni agricole dall’azione della fauna selvatica.II sistema di caccia più diffuso è la battuta,ma sono consentite anche la cosidetta girata e la caccia a singolo.

Fino allo scorso anno il territorio adibito alla caccia al cinghiale non era suddiviso in zone: le squadre erano libere, di muoversi sul territorio e provvedevano all’organizzazione delle battute mediante accordi verbali. A partire da questa stagione i singoli A.T.C. ed i Comparti Alpini possono dividere il territorio in zone da affidare a singole squadre, cosa che non è stata fatta da tutti.Noi per esempio abbiamo cacciato in territorio “libero”, ovvero a disposizione di chiunque. E’ una cosa singolare (a proposito si veda il box “Cinghiali… e avvoltoi”), contraria ad ogni norma di sicurezza e povera di etica venatoria.

Una battuta in Val Maira

Sul manto di Bill,magnifico anglo-francese,i segni di un incontro ravvicinato con il re del boscoGrazie all’ospitalità della squadra di Gianluca e Bertu abbiamo potuto partecipare il 26 settembre a una battuta al cinghiale. La zona prescelta è il monte Meloi, nel comune di Piossasco, un piccolo paese posto all’imbocco della Val Maira. Nei pressi si trovano Dronero e Caraglio, due importanti comuni della campagna cuneese.
lo che ho letto molti libri sulla resistenza cuneese, sbircio i cartelli stradali e chiedo informazioni: così spiega a Gianluca, che lui a Caraglio ci vive, che nella vecchia filatura del paese, ora sottoposta a restauro perché si tratta di un edificio molto bello e particolare, tipico di quest’area ciel Piemonte, c’era il supermarket delle armi dei partigiani. Un’intera armata italiana lasciò qui il suo armamento prima di sciogliersi dopo I’8 settembre. Quei babbei dei tedeschi se ne sono accorti dopo mesi e mesi. Mentre parlo mi rendo conto che ho buttato via quattro anni all’università per studiare storia. Ormai queste cose non interessano più a nessuno, anch’io mi chiedo perché ho tirato fuori questi argomenti. Comunque facciamo amicizia e ci avviciniamo al territorio di caccia.A fianco del Meloi si trova l’ex riserva di Paian, per anni rifugio dei cinghiali della zona.

E’ rimarchevole notare come i componenti della squadra siano favorevoli ad una nuova chiusura della riserva poiché tutti sono concordi nell’affermare che sia necessaria una zona in cui gli animali selvatici  si possano riprodurre con tranquillità. In questa zona infatti il numero di cinghiali è andato progressivamente calando dopo l’apertura del Paian. Anche qui però si deve fare il conto con le richieste di danni presentate dagli agricoltori, che hanno causato l’apertura della riserva all’attività venatoria.

Uno mugugna sul fatto che talvolta i danni siano gonfiati, che i rimborsi Siano un buon sistema per farsi degli amici (in fondo ad erogarli è la provincia, governata dai politici sempre in cerca di voti), che i campi vengano seminati appositamente per farseli danneggiare dai cinghiali. Non è la prima volta che sento queste accuse in Piemonte: Donato Adduci, ex consigliere regionale e sindaco di Robassomero, un piccolo comune alle porte di Torino, afferma le stesse cose; leggerete sul prossima numero Ia sua intervista.

L’area coperta dalla battuta era molto vasta: i boschi del Meloi, ricoperti di castagni, faggi ma soprattutto pini costituiscono un territorio difficile per cacciatori e cani, che necessitano di potenti garretti e polmoni.

Mentre ci spostiamo nel bosco con una coppia di magnifici segugi anglo?francesi che continuano a battere il terreno senza dar segno di trovare le tracce ci spiega Osvaldo Lerda:”dopo tre mesi di siccità è piovuto abbondantemente per un paio di giorni.Quando si verifica questo fenomeno i processi di putrefazione, rallentati per mancanza dell’acqua, riprendono con grande intensità. Per almeno una decina di giorni i cani vengono disorientati dalla presenza di questa miriade di odori sprigionati a livello del suolo. Ecco perché i cani hanno difficoltà a trovare le tracce: solo i fuoriclasse riescono a districarsi in questa miriade di segnali odorosi”.

E qui, cari lettori, scatta il tranello: Gianluca la butta lì, con noncuranza:”Conosco un luogo dove esiste un insoglio naturale. Se ce la facessi ad arrivare potresti fare delle foto molto belle …”. Io, preoccupato a scattare il maggior numero di immagini per riempire degnamente le otto pagine assegnate all’articolo, rispondo di botto, senza pensare alle conseguenze: “Perché non ci andiamo?”.
La mezz’ora successiva la passiamo ad arrampicarci per uno di quei sentieri rettilinei utilizzati dai boscaioli per far arrivare a valle Ia legna tagliata.

Mentre sbuffo maledicendo il vizio di fumare penso a quanto duro deve essere questo lavoro, che impone marce massacranti al termine delle quali inizia un’attività altrettanto impegnativa.

Stiamo passando in questa sorta di ferita nel bosco e Osvaldo mi indica le tracce dei cinghiali: “Guarda, lì c’è una “trasera” (ovvero un trattoio, un sentiero realizzato dal costante passaggio dei cinghiali), passa vicino a quegli alberi laggiù e poi porta alla “pastura” dove siamo stati prima”. lo rispondo di sì col capo, preoccupato ad immagazzinare la maggior quantità possibile di ossigeno per il resto del tragitto, di cui ignoro la lunghezza.

Finalmente arriviamo in un punto dove abbandoniamo il sentiero dei boscaioli per inoltrarci nel fitto del bosco. Intuisco che la tortura è quasi finita e quando finalmente arriviamo alla “sagna” (insoglio in piemontese) ho ancora la baldanza di fare lo spiritoso,minacciando di fotografare Osvaldo mentre si leva i pantaloni per sfilarsi la calzamaglia.

In effetti ora fa proprio caldo, infatti mi levo anche il maglione, così avrò qualcosa in più da portare indietro, lo zaino l’ho lasciato in macchina.La foto dell’insoglio la vedete, a me sembra interessante: si vede la pozza fangosa e l’azione abrasiva dei cinghiali sull’ albero. Osvaldo mi indica le tracce del catrame che ha messo sul tronco.E’ noto che i cinghiali apprezzano sfregarsi sugli alberi spalmati di questo materiale. Il tutto ha la sua bellezza, perché è frutto dell’azione naturale dei cinghiali.E” stato Bertu a trovare qualche anno fa l’insoglio, che ora di tanto in tanto riceve il suo apporto di catrame (azione peraltro inutile, poiché sono stati i cinghiali a scegliele quel posto e molto difficilmente lo abbandoneranno).

Lo sfregamento continuo dei cinghiali ha letteralmente consumato il tronco di quest'alberoGianluca molla gli anglo-francesi, che si inoltrano nel bosco seguendo una traccia precisa. Lei sentiamo abbaiare a lungo, poi scollinano e li perdiamo. E’ il momento di scendere. La caviglia che mi sono infortunato con Diego il 14 agosto mi dà qualche fitta. Mi sembra di essere goffo nei movimenti come l’omino Michelin e mi rendo conto della diversa preparazione fisica di Gianluca e Osvaldo che sgambettano come camosci.

Mentre scendiamo senza i cani partiva via radio la notizia tanto attesa. Dall’altro versante gli ariégeois di Adriano hanno spinto un cinghiale alle poste.A fulminarlo è Dennis , figlio di Adriano. A 18 anni ed è alle prime esperienze. Oggi è il suo secondo giorno di caccia e la settimana scorsa ha catturato un altro cinghiale: ha un Benelli senza tacca , di quelli dalla caccia mista, è veramente un tiratore formidabile.

Osservò la ferita e trovo un buco unico, fatto a otto.Dennis ha sparato due colpi e li ha infilati in un solo foro! Sulla pelle del cinghiale, che peserà sui 40 chili, si vede anche una cicatrice fresca, causata da un colpo di striscia. Si tratta probabilmente del maschio a cui Dario ha sparato una settimana prima: lo ha visto cadere, ma poi si è rialzato ed è sparito. Certo che questi animali hanno una vitalità e un metabolismo straordinari: la pelle strappata è quasi del tutto emarginata, non vi è traccia di infezioni!.

È strana questa caccia: per chi è abituato alle battute con 25-30 poste è una vera sorpresa, poiché non si capisce come si possa catturare dei cinghiali con dei varchi così aperti tra un cacciatore all’altro avendo un così grande territorio a disposizione.

Sono le squadre che conoscono bene la zona possono avere dei risultati soddisfacenti e la squadra di Gianluca e Bertu è costituita da gente esperta. L’età media è elevata, tuttavia non mancano i giovani che c’è anche una donna (Marisa, la moglie di Bertu). Certo qui i carnieri sono molto più limitati: se in un anno la squadra riesce prendere una trentina di cinghiali è gran festa. Quando meno dicono mi viene in mente Maurizio Ciferri , che lo scorso anno, in Maremma, con la sua squadra ha battuto in una sola giornata quello che gli amici di Cuneo catturano in un’intera stagione!.

Dennis ha abbattuto il cinghiale con un tiro precisissimo alla sua prima licenza di cacciaCi fermiamo a mangiare mentre si fa la conta dei cani che ancora mancano all’appello: sono cinque,tre ariégeois e due anglo-francesi . I cacciatori li cercheranno dopo lo spuntino. Adriano ha invece già recuperato i suoi quattro ariégeois, acquistati da Osvaldo. Faccio le foto e poi insieme a Gianluca lascio la squadra per avviarmi al suo allevamento. Passiamo davanti ad un carrello e con sorpresa vedo Bill, uno dei due anglo-francesi, nei pressi. Gianluca lo chiama e lo infila nella gabbia nel bagagliaio del nostro fuoristrada, poi sorride felice. Lui i cani li vende e sa di aver fatto una bella figura con me. II suo anglo-francese (di una rara varietà bicolore bianco-arancio) ha fatto spontaneamente ritorno al carrello; sentenzia: “per una buona caccia il recupero è importante quanto la capacità di seguire le tracce”. Non posso che dargli ragione, pensando alle incazzature di Enzo, il mio capocaccia, quando la domenica sera sa che l’indomani non potrà andare a lavorare perché abbiamo lasciato passare i cani senza fermarli.

Prima di lasciarci Gianluca mi fa vedere l’allevamento dei lupi del Grana, l’attività che conduce con il padre Osvaldo: le razze seguite sono Ariegeois, Briquet Griffon Vandéen e petit Anglo?Francesi. Spiega:”Ora che fa caldo uso gli Ariegeois. Quando arriva il freddo allora li sostituisco con i vandeani. Gli anglo francesi vanno sempre bene, sono cani straordinari, specie i miei bianco-arancio”.

Non è questo il momento di parlarvi di queste razze canine, però un consiglio lo posso dare: se vi serve un buon segugio per la caccia al cinghiale può valere la pena di andare a trovare Osvaldo e Gianluca Lerda.
Vivono a Caraglio, in provincia di Cuneo ed il loro telefono è 0171/619424

Quando ormai sono seduto in macchina Gianluca confessa: “Sai volevo vedere se eri uno di quei giornalisti che son tanto bravi con la penne ma che poi scoppiano quando li porti in montagna….” Soltanto adesso mi accorgo di aver superato una sorta di prova iniziatica.
Mentre guido verso casa sorrido pensando che in fondo, nonostante i quarantadue anni, il colesterolo alto e le sigarette me la sono ancora cavata bene.
Certo che è come diceva il buon Eduardo de Filippo:” Gli esami non finiscono mai “