L’intervista: 9 domande a Gianluca Lerda

Gianluca Lerda con un Briquet Griffon Vendéen del suo allevamento (Foto G.M.)

Insieme al padre Osvaldo al quale, negli anni, è subentrato a tempo pieno, Gianluca Lerda alleva a Caraglio, in provincia di Cuneo, segugi francesi di razza Petit Anglo Francois, Briquet Griffon Vendéen e Ariégeois. Ed è proprio a proposito di quest’ultima razza che (questa volta) ho pensato di rivolgermi a lui che, per il fatto di essere praticamente nato con questi cani e quindi di conoscerli da una vita, può sicuramente parlarci dei “segreti” di questa razza che, attualmente, è una tra le più apprezzate dai segugisti italiani. Ecco quindi le sue risposte alle mie domande.

D. — Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio questa razza di segugi?
R. — Per la verità io mi sono trovato questi Segugi in casa. Infatti, spinto dalla passione per la caccia alla lepre e al cinghiale con i cani da seguita mio padre, in seguito ad alcuni viaggi di lavoro nel Midì di Francia, vedendo per la prima volta degli Ariégeois impegnati sul terreno di caccia s’innamorò di questa razza e, coinvolgendomi, decise d’iniziarne l’allevamento. Farla conoscere agli appassionati italiani, all’inizio, non fu facilissimo, ma il fatto che oggigiorno la razza sia utilizzata con soddisfazione da molti ci ha reso felici e orgogliosi che ciò sia successo.

D. — Vuole provare a spiegarci quali sono le caratte-ristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizzatori rispetto alle altre razze da seguita?
R. — Credo che, per quanto riguarda la caccia alla lepre, sia sicuramente l’innata vocazione dell’Ariégeois per il lavoro di traccia e la sua iniziativa di scovo, nella quale eccelle per la sua determinazione a risolvere i falli e le doppie, per poi lanciarsi nell’inseguimento della fuggitiva con tutto sé stesso con la sua voce ululata che da i brividi. Nella caccia al cinghiale, invece, se selezionato su giuste linee di sangue di grinta e coraggio, l’Ariégeois da dimostrazione della sua intelligenza nell’abbaio a fermo dove sa tenere la giusta distanza dal selvatico, tuttavia sono sempre le sue qualità di tracciatore di scovatore a distinguerlo anche sull’irsuto “re del bosco”.

D. — A suo parere, vi è una dote che oggi non viene te-nuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. — Direi di no; personalmente, infatti, ritengo che il segugista cacciatore, quando possiede davvero un buon soggetto, non può non scoprire le grandi qualità di questa razza e, anche, perdonarne gli eventuali difetti.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. — A questa domanda ho già risposto, in parte, nelle domande precedenti. Tuttavia voglio parlare di quella che ho potuto riscontrare durante gli anni di caccia con l’Ariégeois e che, secondo me, è una grande dote: vale a dire quella di riuscire a specializzarsi sul selvatico da noi prediletto rifiutando ogni altro animale.

D. — Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. — L’Ariégeois sta avendo la fortuna di essere sempre più conosciuto, e quindi apprezzato, dai segugisti italiani, cacciatori e/o cinofili che siano. Pertanto, secondo me, nel suo allevamento occorre solamente continua-re a selezionarlo cercando di migliorarne sempre più le qualità.

D. — Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. — Come ho già detto, nel nostro Paese, attualmente L’Ariégeois si è fatto ben conoscere ed è ben presente sui terreni di caccia. Voglio comunque fare un inciso: io penso che ogni razza vada sempre rispettata, e ciò anche se a priori non ci esalta per via del nostro modo di vedere e di apprezzare un certo tipo di metodologia di lavoro o di voce.

D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai ra-duni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. — Certo! Il confronto fa sempre migliorare e il giudizio di un esperto può solo accrescere il miglioramento morfologico e qualitativo della razza. Inoltre, e questo vale in generale, è importante portare la razza alla visione di tanti appassionati che magari ancora non la conoscono o, addirittura, non l’hanno mai vista dal vivo.

D. — A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. — Come ho già detto sicuramente l’Ariégeois eccellente nella caccia alla lepre, ma anche in egual misura (in presenza delle giuste linee di sangue), nella caccia al cinghiale.

D. — Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per sod-disfare la propria passione venatoria?
R. — Per iniziare gli direi di non illudersi che basti che il suo soggetto possieda il sangue giusto perché tutto, poi, venga da sè. Di sicuro, infatti, se il Segugio ha del talento e iniziativa tutto diventa più facile, ma il neofita deve sapere che è altresì necessario, sempre, che il suo soggetto sia seguito da lui con passione, amore e pazienza facendogli fare la necessaria esperienza, sino a diventare, negli anni, un bravo ausiliare. E, in questo caso, il suo Ariégeois saprà sicuramente ricambiare la sua dedizione, facendolo divertire e procurandogli sul terreno di caccia quelle emozioni che lo ripagheranno dell’impegno profuso per il suo addestramento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *