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"CANI DA SEGUITA"

 

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lupi

 

Il capriolo “salva” il cinghiale

capriolo
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Durante le battute di caccia al cinghiale l’aumento esponenziale del piccolo cervide fa si che,molto spesso e con disappunto dei canettieri,non siano pochi i segugi che si lanciano al suo inseguimento trascurando  il “re del bosco” e offrendogli così l’inconsapevole opportunità di salvarsi

 

caprioloDalle mie esperienze di caccia al cinghiale, maturata nella squadra che gestisco con mio padre Osvaldo nelle nostre vallate Grana e Maira, in provincia di Cuneo, ho da lamentare (per la felicità degli “amici di Bambi”), la notevole crescita del capriolo, al punto che ora come ora la specie è, forse, più numerosa e presente sul territorio di quanto non lo sia lo stesso suide. Cercando di prendere con filosofia una tale situazione vado pertanto ripetendomi (quasi a volermene convincere), che la dannazione che ci fa vivere questo piccolo ungulato portandosi dietro, in seguita, i cani, ha altresì l’inconsapevole facoltà di “salvare” i cinghiali presenti in quella stessa zona; i quali, infatti, hanno così l’opportunità di andarsene. Spero, ovviamente, non a farsi abbattere da una squadra concorrente ..

Occorre “specializzare” il segugio

Stante la premessa di cui sopra, ritengo appaia chiaro ai più come, a seguito della situazione descritta, sia oltremodo indispensabile cercare di specializzare i nostri segugi a perseguire solamente l’usta del cinghiale. Ma, naturalmente, ciò non è per nulla facile e anzi, molte volte, all’apertura di una nuova stagione venatoria risulta quasi impossibile, specie per i soggetti più giovani, astenersi dal compiere una bella “sfuriata” sulla seguita del capriolo.
E questo accade anche perché il terreno, reso duro dalla siccità estiva, non consente al canettiere di dedurre con assoI uta certezza a quale selvatico appartengono le orme che vi si trovano impresse … e i caprioli, purtroppo, praticano gli stessi trotto i dei cinghiali. E’ chiaro, quindi, che addestrare il segugio e “specializzarlo” a perseguire un solo selvatico non è poi così facile per qualunque cacciatore segugista. Ed è proprio per questo che sia io che mio padre Osvaldo, fermamente convinti in ciò dalla nostra esperienza di allevatori e di cacciatori, diciamo onestamente che il segugio “perfetto” deve ancora nascere. Ma, ciò nonostante, non rinunciamo certo a perseguirlo anzi … quello a cui abbiamo ritenuto di poter tranquillamente rinunciare, infatti, è invece l’avvalerci di quei congegni elettronici che, pur se indubbiamente e in certi casi ci consentirebbero di semplificare l’addestramento del segugio per contro, con il loro utilizzo, non ci permetterebbero, di verificare le effettive qualità naturali di quei soggetti che intendiamo poi utilizzare in riproduzione. Del resto, riteniamo anche che la base per ridurre il desiderio d’inseguire il capriolo da parte del segugio sia, prima di tutto, il selezionare una corrente di sangue di lavoro (meglio ancora un ceppo di correnti), che abbia insito nel proprio DNA una passione fortissima per il cinghiale (oppure la lepre, a seconda del selvatico sul quale si desidera poi utilizzare il cane). Inoltre, oltre a questa base sicuramente indispensabile, risulta poi almeno altrettanto fondamentale l’addestramento del giovane soggetto, sul terreno di caccia, da parte del suo proprietario/conduttore.

Sono necessarie passione e pazienza

E qui occorre premettere che, per ottenere dei buoni risultati nell’addestramento del proprio segugio, qualunque cacciatore segugista dovrà avere tanta pazienza ed essere animato da una forte passione. E questo risulta ancora più vero allorché si dovrà insegnare al giovane soggetto che non potrà limitarsi ad inseguire ogni usta utile che incrocerà durante la fase di cerca, ma dovrà perseguire unicamente un ben specifico animale. Per riuscirvi bisognerà, innanzitutto, portare il giovane allievo in una zona ricca del selvatico su cui intendiamo specializzarlo in maniera che il suo incontro con l’animale prescelto risulti più facile.
cinghiale
Per il cinghiale, mio padre e io, consigliamo di mettere il segugio da specializzare al guinzaglio lungo e di tracciare gli animali avvalendosi di un soggetto già esperto, meglio se un capo muta, che ci indirizzerà nell’accostamento del selvatico. Quindi, allorché il cane maturo segnala la vicinanza dei cinghiali si sciolga il giovane segugio che, certamente, si dimostrerà smanioso di lavorare e si unirà a quello per aiutarlo nello scovo. Ora, poiché il segugio, per conciliare l’esperienza dello scovo con la cattura del selvatico ha bisogno di vedere concludere con l’abbattimento la sua azione, bisognerà fare di tutto per riuscire a fermare l’animale che sta inseguendo. Così, tanti più saranno i cinghiali (e sempre solo quelli), abbattuti sulle seguite eseguite dal nostro allievo, tanto più bravo e specializzato egli diventerà.
Da ultimo permettetemi una considerazione: anni fa non era più facile di adesso, ma sicuramente, al giorno d’oggi, le difficoltà per specializzare un segugio a perseguire solamente il cinghiale sono di molto aumentate e questo, manco a dirlo, proprio a causa dell’imponente presenza del capriolo.

 


L’intervista: 9 domande a Gianluca Lerda

foto briquet
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita” foto briquet
Gianluca Lerda, insieme al padre Osvaldo del quale ha raccolto non solo idealmente il testimone, alleva con passione, serietà e competenza, ben tre razze di segugi francesi, e precisamente: i Petit Anglo Francois, gli Ariégeois e i Briquet Griffon Vendéen. E proprio per il fatto di essere praticamente nato con questi cani e, quindi, di poter sostenere di conoscerli da una vita, decisamente a ragion veduta e non solo per modo di dire, ho pertanto pensato di andarlo ad intervistare affinché, attraverso le sue parole, potessi capire meglio quali sono i “segreti” del Briquet Griffon Vendéen, sicuramente uno dei segugi più utilizzati dai cacciatori italiani nella caccia al cinghiale.
Ecco cosa m i ha detto:

L’intervista

D. – Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio una razza di segugi come il Briquet Griffon Vendéen?
R. – Per la verità io mi sono semplicemente limitato ad “ereditare” questa razza da mio padre Osvaldo. Fu lui, infatti, che iniziò da ragazzino, negli anni ’60, recandosi in Francia e precisamente nel “Luc” nel dipartimento del “Var” in Provenza, dapprima per far visita ad una sua sorella colà emigrata in cerca di fortuna e poi, in seguito, per lavorarvi nelle serre di rose e nelle coltivazioni dei vigneti di” Rosè doc”, a scopri re le razze di segugi del paese transalpino che oggi sono presenti nel mio canile e ad avvicinarvisi.
Per l’esattezza, poiché a quei tempi mio padre sfogava la propria passione venatoria essenzialmente sulla lepre, dal momento che il cinghiale non era ancora presente nelle nostre vallate, il Briquet Griffon Vendéen fu la seconda razza francese, in ordine di tempo, a richiamare il suo interesse. E così, solamente sul finire degli anni ’70, allorché iniziò a dedicarsi alla caccia di questo ungulato, rifacendosi all’esperienza avuta al seguito di alcuni cacciatori francesi durante qualche battuta al cinghiale e ricordando l’emozione provata nel vedere lavorare i Vandeani e nel sentire le loro voci cavernose che facevano tremare le vallate francesi, decise d’importare questi segugi pieni di ardore e coraggio. E proprio con quei soggetti, che furono alla base della nostra selezione, organizzò e diede vita ad una delle prime squadre che si specializzarono nella caccia al cinghiale nella “nostra” valle Grana. Da cui il nome del nostro affisso: “Dei Lupi del Grana”.
D.- Vuole provare a spiegarci quali sono le caratteristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizza tori rispetto alle altre razze da seguita?
R. – Nella nostra selezione, quella del Briquet Griffon Vendéen, è la razza che utilizziamo e specializziamo esclusivamente per la caccia al cinghiale. Rispetto alle altre razze seguge, che esistono e a quelle che noi stessi alleviamo (Ariegéois e Petit Anglo Francais), non potrei mai, né mi permetterei mai, di confrontare e sti lare grad uatorie. Infatti, anche se chiaramente il Vandeano può avere dei pregi, in più o in meno, che lo distinguono nel bene e nel male, a mio parere, ogni razza è bella per quello che è e che i suoi soggetti possono dare a chi li utilizza. Pertanto non desidero affatto fare paragoni di sorta. Del resto, come accade per i miei due figli, Alex e Martina, per i quali stravedo e a proposito dei quali non riuscirei mai a dire:
“Quello è meglio, o preferisco l’altro”; per lo stesso motivo non giudico le razze che allevo e seleziono.
Per quanto riguarda il Briquet Griffon Vendéen posso solo dire che, se possiede il giusto sangue da lavoro e se viene selezionato in serietà, attraverso accoppiamenti mirati su linee di sangue diverse, i prodotti che se ne hanno, sia con il mantello bianco arancio che bianco grigio, generalmente possiedono mezzi importanti per divenire ottimi ausiliari per la caccia al cinghiale. Più in generale si può altresì affermare che il Vandeano è un segugio dotato di metodo. capace di dare buona voce sulla pastura notturna dell’irsuto ungulato, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa. coraggioso e dinamico, con grande a titudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.
 foto briquet 2

D. – A suo parere, vi è una dote che oggi non viene tenuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. Chi possiede, e quindi conosce davvero il Vandeano, o lo ha semplicemente visto lavorare, non può certo dirne ma le. Pertanto, nel rispondere a questa domanda, più che gli “addetti ai lavori”, mi vengono in mente le richieste di certi segugisti che m’interpellano perché interessati al Briquet Griffon Vendéen, ma che si dicono preoccupati dalla presunta testardaggine di questi segugi che, secondo loro, non rientrerebbero. Ebbene a questo dire mi viene, in sincera umiltà, da sorridere poiché i punti di vista sono esattamente opposti. A cacc ia, infatti, vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo;
tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non I i perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il Vandeano che non sia “lungo” nella seguita
Orbene, a questi signori io ribatto che, se i I cane riesce u n buon segugio da c i nghiaie, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, al momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.

In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. –  Circa le doti di un “buon segugio”,oltre a quelle cui ho già ampiamente accennato nelle mie precedenti risposte, personalmente sono particolarmente esigente sul rientro. lo non sono uso utilizzare collari elettronici, sicuramente funzionali e molto comodi capaci come sono di localizzare il segugio nella zona dove può essere finito, e per questo pretendo dai miei cani il senso dell’orientamento che li faccia ritornare sui loro passi, sino al luogo della sciolta. Logicamente va tenuto conto che, se i I soggetto lavora mattino e pomeriggio e durante l’ultima cacciate scollina, non avrà più la forza materiale per essere pronto al rientro immediato nella stessa sera, ma tornerà, invece, per l’indomani allorché avrà recuperato le energie necessarie.
D. – Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. – Da sempre mio padre mi ha educato, e sicuramente me lo ha lasciato in eredità nel mio DNA, nella caparbietà di volermi sempre migliorare senza credere mai di essere “arrivato”. Pertanto sono fortemente convi nto d i dover sem pre limitarmi a guardare in casa mia. E guardando alla selezione dei nostri soggetti posso quindi affermare, pur sempre in umiltà, di ritenermi moderatamente soddisfatto dei risultati raggiunti dai nostri Briquet Griffon Vendéen, anche se certamente occorre continuare a lavorare sulla base dei risultati ottenuti sul terreno di caccia.
D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. – Il Briquet Griffon Vendéen ha fortu natamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori.
D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai raduni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. – Purtroppo, a malincuore, noi come allevamento (per come seguiamo direttamente gli accoppiamenti, l’addestramento e tutto il lavoro connesso alla funzionalità dell’allevamento stesso), riusciamo poco a praticare queste manifestazioni. Anche se le considero decisamente importanti e gratificanti, per chi ama i segugi, come il giusto riconoscimento dei sacrifici, non solamente economici, e di tutto il prodigarsi che comporta il mettere a punto un soggetto preparato, sia per le prove di lavoro sia per le esposizion i. Pertanto siamo davvero onorati quando dei segugi nati e cresciuti dalla nostra selezione si rendono protagonisti, in mano a nostri clienti, di prove e manifestazioni che ne mettano in risalto le qualità che corrispondono, in senso meritevole, allo standard della razza, alla voce, al metodo di lavoro ecc.
D. – A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. – Senza dubbio il cinghiale è, per il Vandeano, un chiodo fisso nel suo DNA. Pertanto, personalmente. ritengo proprio che sia sicuramente questo il selvatico capace di esaltare appieno tutte le grandi qualità lavorative di cui è dotata questa razza di sègugi.
foto briquet3
D. – Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per soddisfare la propria passione venatoria?
R. – Allorché vi è un interessamento verso un soggetto francese di nostra selezione, magari da parte di un appassionato che non ha mai avuto esperienze con questo tipo di segugi, cerco innanzitutto di farmi ben spiegare le qualità che va ricercando nel suo segugio ideale, le sue abitudini di caccia, le caratteristiche del territorio sul quale pratica la propria attività venatoria e quelle dei cani di cui già dispone. Da queste indicazioni, solitamente, trovo la motivazione per indirizzarlo verso una razza piuttosto che su un’altra, convincendolo che, anche se inizialmente magari lo entusiasma meno, al fine delle sue esigenze proprio questa può esprimere al meglio le qualità che lui sta ricercando nel cane. Tuttavia, beninteso, stiamo altresì attenti a mettere da subito ben in chiaro che, pur fatte salve le caratteristiche morfologiche e di metodo di lavoro di una razza,
non bisogna certo illudersi che queste bastino da sole a determinare la sicura riuscita del segugio. Vale a dire cioè che perché un cucciolo possa diventare un giorno, da adulto, un buon segugio capace di scovare, di abbaiare a fermo, di effettuare una buona seguita e dotato di un pronto rientro, non basta certo che quel cane sia in possesso di indubbie qualità genetiche o doti naturali, ma è indispensabile, invece, che il suo addestramento sia opportunamente condotto con la giusta dose di pazienza, di dedizione e di impegno da parte del suo nuovo proprietario.
Allora e solo allora, tutti questi sacrifici verranno sicuramente ripagati dalla buona riuscita del giovane segugio che, sulla base delle esperienza che il suo conduttore sarà capace di fargli fare, saprà regalargli delle belle soddisfazioni nel suo lavoro sul terreno di caccia. Così come auguriamo a tutti gli appassionati segugisti, che come mio padre e me condividono la grande passione per questi can i meravigl iosi, d i poter vivere com pi Lltamente la natura che li circonda cacciando in compagnia di soggetti che siano davvero bravi e belli.