A caccia nella “Granda”

gruppo di caccia

articolo tratto dalla rivista “La caccia al cinghiale”di Alessandro Cipriani

 

In provincia di Cuneo il “sus scrofa” é in netta espansione, tanto da essere divenuto una causa non insolita di incidenti stradali:dal febbraio 2000 all’agosto 2001 sono stati investiti da automobili ben 86 cinghiali, un dato che la dice lunga sulla diffusione di questo animale. Di pari passo aumentano anche i danni al patrimonio agro/silvo/pastorale.Il mese scorso abbiamo voluto iniziare la stagione venatoria proprio in questa provincia, ospitati da Osvaldo e Gianluca Lerda, noti allevatori di segugi francesi ed appassionati di caccia al cinghiale.

Primi passi verso la gestione controllata

 

L'ex riserva del Paian,per anni rifugio dei cinghiali della zonaA causa dell’aumento degli incidenti automobilistici e delle richieste di danni al partimonio agro/silvo/pastorale la Provincia ha emanato di recente delle linee guida per il controllo del cinghiale, che prevedono non solo una maggior attenzione verso gli allevamenti di questi animali, che lo ricordiamo possono essere cresciuti solo per scopo alimentare, ma anche una maggior sensibilizzazione dei Comitati di Gestione (A.T.C. e C.A.) che si attua attraverso il monitoraggio delle popolazioni residenti e l’esortazione a riequilibrare attraverso la caccia la struttura delle popolazioni concentrando il prelievo verso gli indiviclui più giovani e risparmiando gli adulti.Inoltre la Provincia ha previsto degli interventi diretti al contenimento numerico che possono svolgersi anche al di fuori del normale periodo venatorio. In questo caso l’intervento si attua attraverso battute con fucili a canna liscia, a tiri (diurni o notturni) con la carabina ed ottica di mira dall’altana o da appostamento fisso o mobile e grazie all’impiego di gabbie e chiusini con successivo abbattimento degli animali catturati.

 

La caccia al cinghiale in provincia di Cuneo

Anzitutto parliamo delle armi utilizzabili nell’ambito della normale stagione venatoria: la carabina è consentita solo in casi eccezionali e soltanto negli A.T.C. ove sia stato stilato un piano di abbattimento quali/quantitativo (ovvero si è stabilito quanti adulti e quanti giovani abbattere, il loro sesso, ecc.). In pratica la scorsa stagione si è tirato con il canna rigata solo in Valle Stura; sul resto del territorio era obbligatorio l’uso del fucile a canna liscia.

Per questa stagione venatoria non è stato stabilito alcun quorum di abbattimento: l’unico limite è costituito dal numero di cinghiali prelevabili (la ciascun cacciatore, che può incarnierare nel corso cella stagione dieci animali. In pratica si andrà avanti ad oltranza fino alla metà di dicembre, visto che quest’anno la stagione al cinghiale è stata anticipata alla metà di settembre per venire incontro alle esigenze degli agricoitori che temevano le scorribante alimentari dei cinghiali proprio nel momento della maturazione finale dei vitigni (la legge Regionale 8 giugno 1989 n.36 prevede comunque all’articolo10 il risarcimento dei danni causati alle coltivazioni agricole dall’azione della fauna selvatica.II sistema di caccia più diffuso è la battuta,ma sono consentite anche la cosidetta girata e la caccia a singolo.

Fino allo scorso anno il territorio adibito alla caccia al cinghiale non era suddiviso in zone: le squadre erano libere, di muoversi sul territorio e provvedevano all’organizzazione delle battute mediante accordi verbali. A partire da questa stagione i singoli A.T.C. ed i Comparti Alpini possono dividere il territorio in zone da affidare a singole squadre, cosa che non è stata fatta da tutti.Noi per esempio abbiamo cacciato in territorio “libero”, ovvero a disposizione di chiunque. E’ una cosa singolare (a proposito si veda il box “Cinghiali… e avvoltoi”), contraria ad ogni norma di sicurezza e povera di etica venatoria.

Una battuta in Val Maira

Sul manto di Bill,magnifico anglo-francese,i segni di un incontro ravvicinato con il re del boscoGrazie all’ospitalità della squadra di Gianluca e Bertu abbiamo potuto partecipare il 26 settembre a una battuta al cinghiale. La zona prescelta è il monte Meloi, nel comune di Piossasco, un piccolo paese posto all’imbocco della Val Maira. Nei pressi si trovano Dronero e Caraglio, due importanti comuni della campagna cuneese.
lo che ho letto molti libri sulla resistenza cuneese, sbircio i cartelli stradali e chiedo informazioni: così spiega a Gianluca, che lui a Caraglio ci vive, che nella vecchia filatura del paese, ora sottoposta a restauro perché si tratta di un edificio molto bello e particolare, tipico di quest’area ciel Piemonte, c’era il supermarket delle armi dei partigiani. Un’intera armata italiana lasciò qui il suo armamento prima di sciogliersi dopo I’8 settembre. Quei babbei dei tedeschi se ne sono accorti dopo mesi e mesi. Mentre parlo mi rendo conto che ho buttato via quattro anni all’università per studiare storia. Ormai queste cose non interessano più a nessuno, anch’io mi chiedo perché ho tirato fuori questi argomenti. Comunque facciamo amicizia e ci avviciniamo al territorio di caccia.A fianco del Meloi si trova l’ex riserva di Paian, per anni rifugio dei cinghiali della zona.

E’ rimarchevole notare come i componenti della squadra siano favorevoli ad una nuova chiusura della riserva poiché tutti sono concordi nell’affermare che sia necessaria una zona in cui gli animali selvatici  si possano riprodurre con tranquillità. In questa zona infatti il numero di cinghiali è andato progressivamente calando dopo l’apertura del Paian. Anche qui però si deve fare il conto con le richieste di danni presentate dagli agricoltori, che hanno causato l’apertura della riserva all’attività venatoria.

Uno mugugna sul fatto che talvolta i danni siano gonfiati, che i rimborsi Siano un buon sistema per farsi degli amici (in fondo ad erogarli è la provincia, governata dai politici sempre in cerca di voti), che i campi vengano seminati appositamente per farseli danneggiare dai cinghiali. Non è la prima volta che sento queste accuse in Piemonte: Donato Adduci, ex consigliere regionale e sindaco di Robassomero, un piccolo comune alle porte di Torino, afferma le stesse cose; leggerete sul prossima numero Ia sua intervista.

L’area coperta dalla battuta era molto vasta: i boschi del Meloi, ricoperti di castagni, faggi ma soprattutto pini costituiscono un territorio difficile per cacciatori e cani, che necessitano di potenti garretti e polmoni.

Mentre ci spostiamo nel bosco con una coppia di magnifici segugi anglo?francesi che continuano a battere il terreno senza dar segno di trovare le tracce ci spiega Osvaldo Lerda:”dopo tre mesi di siccità è piovuto abbondantemente per un paio di giorni.Quando si verifica questo fenomeno i processi di putrefazione, rallentati per mancanza dell’acqua, riprendono con grande intensità. Per almeno una decina di giorni i cani vengono disorientati dalla presenza di questa miriade di odori sprigionati a livello del suolo. Ecco perché i cani hanno difficoltà a trovare le tracce: solo i fuoriclasse riescono a districarsi in questa miriade di segnali odorosi”.

E qui, cari lettori, scatta il tranello: Gianluca la butta lì, con noncuranza:”Conosco un luogo dove esiste un insoglio naturale. Se ce la facessi ad arrivare potresti fare delle foto molto belle …”. Io, preoccupato a scattare il maggior numero di immagini per riempire degnamente le otto pagine assegnate all’articolo, rispondo di botto, senza pensare alle conseguenze: “Perché non ci andiamo?”.
La mezz’ora successiva la passiamo ad arrampicarci per uno di quei sentieri rettilinei utilizzati dai boscaioli per far arrivare a valle Ia legna tagliata.

Mentre sbuffo maledicendo il vizio di fumare penso a quanto duro deve essere questo lavoro, che impone marce massacranti al termine delle quali inizia un’attività altrettanto impegnativa.

Stiamo passando in questa sorta di ferita nel bosco e Osvaldo mi indica le tracce dei cinghiali: “Guarda, lì c’è una “trasera” (ovvero un trattoio, un sentiero realizzato dal costante passaggio dei cinghiali), passa vicino a quegli alberi laggiù e poi porta alla “pastura” dove siamo stati prima”. lo rispondo di sì col capo, preoccupato ad immagazzinare la maggior quantità possibile di ossigeno per il resto del tragitto, di cui ignoro la lunghezza.

Finalmente arriviamo in un punto dove abbandoniamo il sentiero dei boscaioli per inoltrarci nel fitto del bosco. Intuisco che la tortura è quasi finita e quando finalmente arriviamo alla “sagna” (insoglio in piemontese) ho ancora la baldanza di fare lo spiritoso,minacciando di fotografare Osvaldo mentre si leva i pantaloni per sfilarsi la calzamaglia.

In effetti ora fa proprio caldo, infatti mi levo anche il maglione, così avrò qualcosa in più da portare indietro, lo zaino l’ho lasciato in macchina.La foto dell’insoglio la vedete, a me sembra interessante: si vede la pozza fangosa e l’azione abrasiva dei cinghiali sull’ albero. Osvaldo mi indica le tracce del catrame che ha messo sul tronco.E’ noto che i cinghiali apprezzano sfregarsi sugli alberi spalmati di questo materiale. Il tutto ha la sua bellezza, perché è frutto dell’azione naturale dei cinghiali.E” stato Bertu a trovare qualche anno fa l’insoglio, che ora di tanto in tanto riceve il suo apporto di catrame (azione peraltro inutile, poiché sono stati i cinghiali a scegliele quel posto e molto difficilmente lo abbandoneranno).

Lo sfregamento continuo dei cinghiali ha letteralmente consumato il tronco di quest'alberoGianluca molla gli anglo-francesi, che si inoltrano nel bosco seguendo una traccia precisa. Lei sentiamo abbaiare a lungo, poi scollinano e li perdiamo. E’ il momento di scendere. La caviglia che mi sono infortunato con Diego il 14 agosto mi dà qualche fitta. Mi sembra di essere goffo nei movimenti come l’omino Michelin e mi rendo conto della diversa preparazione fisica di Gianluca e Osvaldo che sgambettano come camosci.

Mentre scendiamo senza i cani partiva via radio la notizia tanto attesa. Dall’altro versante gli ariégeois di Adriano hanno spinto un cinghiale alle poste.A fulminarlo è Dennis , figlio di Adriano. A 18 anni ed è alle prime esperienze. Oggi è il suo secondo giorno di caccia e la settimana scorsa ha catturato un altro cinghiale: ha un Benelli senza tacca , di quelli dalla caccia mista, è veramente un tiratore formidabile.

Osservò la ferita e trovo un buco unico, fatto a otto.Dennis ha sparato due colpi e li ha infilati in un solo foro! Sulla pelle del cinghiale, che peserà sui 40 chili, si vede anche una cicatrice fresca, causata da un colpo di striscia. Si tratta probabilmente del maschio a cui Dario ha sparato una settimana prima: lo ha visto cadere, ma poi si è rialzato ed è sparito. Certo che questi animali hanno una vitalità e un metabolismo straordinari: la pelle strappata è quasi del tutto emarginata, non vi è traccia di infezioni!.

È strana questa caccia: per chi è abituato alle battute con 25-30 poste è una vera sorpresa, poiché non si capisce come si possa catturare dei cinghiali con dei varchi così aperti tra un cacciatore all’altro avendo un così grande territorio a disposizione.

Sono le squadre che conoscono bene la zona possono avere dei risultati soddisfacenti e la squadra di Gianluca e Bertu è costituita da gente esperta. L’età media è elevata, tuttavia non mancano i giovani che c’è anche una donna (Marisa, la moglie di Bertu). Certo qui i carnieri sono molto più limitati: se in un anno la squadra riesce prendere una trentina di cinghiali è gran festa. Quando meno dicono mi viene in mente Maurizio Ciferri , che lo scorso anno, in Maremma, con la sua squadra ha battuto in una sola giornata quello che gli amici di Cuneo catturano in un’intera stagione!.

Dennis ha abbattuto il cinghiale con un tiro precisissimo alla sua prima licenza di cacciaCi fermiamo a mangiare mentre si fa la conta dei cani che ancora mancano all’appello: sono cinque,tre ariégeois e due anglo-francesi . I cacciatori li cercheranno dopo lo spuntino. Adriano ha invece già recuperato i suoi quattro ariégeois, acquistati da Osvaldo. Faccio le foto e poi insieme a Gianluca lascio la squadra per avviarmi al suo allevamento. Passiamo davanti ad un carrello e con sorpresa vedo Bill, uno dei due anglo-francesi, nei pressi. Gianluca lo chiama e lo infila nella gabbia nel bagagliaio del nostro fuoristrada, poi sorride felice. Lui i cani li vende e sa di aver fatto una bella figura con me. II suo anglo-francese (di una rara varietà bicolore bianco-arancio) ha fatto spontaneamente ritorno al carrello; sentenzia: “per una buona caccia il recupero è importante quanto la capacità di seguire le tracce”. Non posso che dargli ragione, pensando alle incazzature di Enzo, il mio capocaccia, quando la domenica sera sa che l’indomani non potrà andare a lavorare perché abbiamo lasciato passare i cani senza fermarli.

Prima di lasciarci Gianluca mi fa vedere l’allevamento dei lupi del Grana, l’attività che conduce con il padre Osvaldo: le razze seguite sono Ariegeois, Briquet Griffon Vandéen e petit Anglo?Francesi. Spiega:”Ora che fa caldo uso gli Ariegeois. Quando arriva il freddo allora li sostituisco con i vandeani. Gli anglo francesi vanno sempre bene, sono cani straordinari, specie i miei bianco-arancio”.

Non è questo il momento di parlarvi di queste razze canine, però un consiglio lo posso dare: se vi serve un buon segugio per la caccia al cinghiale può valere la pena di andare a trovare Osvaldo e Gianluca Lerda.
Vivono a Caraglio, in provincia di Cuneo ed il loro telefono è 0171/619424

Quando ormai sono seduto in macchina Gianluca confessa: “Sai volevo vedere se eri uno di quei giornalisti che son tanto bravi con la penne ma che poi scoppiano quando li porti in montagna….” Soltanto adesso mi accorgo di aver superato una sorta di prova iniziatica.
Mentre guido verso casa sorrido pensando che in fondo, nonostante i quarantadue anni, il colesterolo alto e le sigarette me la sono ancora cavata bene.
Certo che è come diceva il buon Eduardo de Filippo:” Gli esami non finiscono mai “

 

 

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