Al cinghiale con ariégeois e vandeani

articolo tratto da “Diana Caccia”di Massimo Scheggi

I cani da seguita stranieri

Gli chiens courants stanno per essere sostituiti dai segugi maremmani nella caccia al cinghiale? La domanda provocatoria dipende dai fatto che ostra razza, ormai riconosciuta ufficialmente, sta prendendo sempre campo fra le squadre dei cinghialai. I numeri però sono lì a riaffermare diffusione delle razze da seguita straniere e la loro validità.
Come ci racconta Gianluca Lerda

E ora come la mettiamo? No, dico, dopo il riconoscimento del segugio maremmano, ma soprattutto dopo che questo ha dimostrato la sua valentia sul cinghiale. Mi giunge voce che alcuni stanno abbandonando le razze da seguita straniere a favore del nostro cane. Che c’entra’ Gli è che varie volte ho affermato come il diffondersi di razze straniere da seguita nel nostro Paese, è dipeso dallo sviluppo della caccia al cinghiale. Che cioè in molti casi si è preferito al nostro segugio italiano delle razze estere già abituate a cacciare gli ungulati. Ora si tornerebbe alla cinofilia italica, visto che il segugio maremmano non ha niente da invidiare, riguardo ormai anche alle carte, a razze ben più onuste di storia e pure di gloria. Perché va rilevato (sia detto fra parentesi) che il segugio maremmano si sta pure affinando nelle forme, migliora morfologicamente, in una parola: è più razza. L’ho del resto potuto constatare al raduno di segugi maremmani e piccoli lepraioli italiani che si è tenuto a Ruralia il 29 maggio scorso. Duecento soggetti dalle caratteristiche morfologiche notevoli, quasi tutti riconosciuti, con tanto di complimenti da parte dei giudici Giuseppe Gramignoli e Giuseppe Mozzi. Ebbene, alcuni dei cinghialai presenti che fino a qualche anno fa avevano segugi esteri, adesso sono passati decisamente al nostro segugio.
Queste considerazioni non sono tuttavia confortate dai numeri a livello nazionale, vale a dire dalle iscrizioni al Roi del 2003 che contano ancora molti soggetti fra gli chiens courants e altre razze estere. Vediamo un momento. Nel 2003 sono stati iscritti al Roi 960 ariégeois che ormai rappresentano la razza francese di segugi più diffusa in Italia, la quale ha scavalcato da qualche anno, a livello numerico, i briquet griffon vendéen che adesso sono 792. Seguono i petit bleu de Gascogne con 550 soggetti e gli altri bleu, i griffon, che contano 546 cuccioli. A queste vanno aggiunte poi le altre razze francesi, i bruni del Giura (334), gli istriani (300), il dachsbracke (364, in crescita continua) e non possiamo certo dimenticare il beagle (3.459), che ormai è diventato il segugio più numeroso dopo il segugio italiano a pelo raso. Stanno bene quindi i francesi. Diciamo allora che i segugi maremmani gli si affiancano degnamente.
Per conoscere comunque alcune caratteristiche di lavoro delle razze più diffuse, come l’ariégeois e il briquet griffon vendéen, abbiamo chiesto al giovane Gianluca Lerda, titolare con il babbo Osvaldo dell’allevamento de I Lupi del Grana, in quel di Caraglio (Cuneo), di raccontarci qualche episodio di caccia al cinghiale in compagnia di questi segugi. Eccone il racconto.


Ariégeois o vandeani ? ,Purchè siano francesi

La selezione per un segugio DOC che diventi nel nostro caso un buon riproduttore per l’allevamento, non è tanto semplice, perché, oltre alla morfologia più tipica, deve soprattutto dimostrare delle grandi qualità venatorie e caratteriali che saranno doti fondamentali per la trasmissione genetica ai cuccioli. Il territorio di caccia del cuneese è molto selettivo, nel senso che non vi è alta densità di selvatici, lepri e cinghiali. Inoltre il cinghiale dalla pastura della notte fa molta strada nel sottobosco delle nostre vallate (dai 1.000 ai 1.200 me­tri di altitudine) prima della rimessa. In questi casi il segugio deve per forza di cose lavorare naso a terra e usare tutto il suo olfatto per rilevare la traccia lunga prima di raggiungere il covo dei cinghiali. Certe volte ci è capitato che, tracciando una zona o comunque facendone il perimetro, magari nei mesi di settembre/ ottobre. quando i terreni sono asciutti e duri e pertanto occorre affidarsi a un cane, di non rilevare niente. Mi è successo però che rifacendo la stessa tracciata con soggetti esperti, ho constatato che invece gli animali c’erano, quelli che nella notte avevano vagato in quei posti. Ma quando trascorrono 12/14 ore su uno sterrato duro, in situazioni climatiche quasi estive, solo un segugio di grandi qualità olfattive è in grado di fare la differenza, tracciando al guinzaglio e portandoti allo scovo. Una situazione da ricordare come esempio è questa: in una battuta a cinghiali. al mattino, sull’incontro della pastura notturna, alcuni ariégeois pren­dono la direzione dei selvatici e vanno fuori zona. Ma io tenendo legata la Diana, un altro ariégeois, entro in una macchia fitta circostante la zona già battuta. La Diana alza subito la testa e dà la voce. Lo aveva preso a vento. Sciolgo il cane che fa alzare un cinghiale che poi viene abbattuto alle poste. Nella stessa mattinata mio padre mi comunica via radio di voler cambiare zona e batterla con dei vandeani freschi. Io però non sono convinto e voglio ritentare ancora dove la Diana aveva alzato il cinghiale. Con tre vandeani legati a guinzaglio, ripercorro gli stessi territori. I segugi iniziano a dare la voce già dalla pastura, li sciolgo nelle macchie e cominciano a salire il vallone con un cinghiale davanti che viene anch’esso abbattuto alla posta. Va rilevato del resto che il cane esperto, e in questo caso soprattutto i vandeani, va a volte di naso come fosse un cane da ferma e avventa i cinghiali an­che da grosse distanze. Una grande soddisfazione per me, perché gli anziani, dall’alto della loro esperienza, credono che se un giovane fa di testa sua. abbia sempre torto. Quell’esperienza mi fece monito che quando si trova un cinghiale in una zona, prima di lasciarla è bene essere sicuri che non ci siano altri animali. In effetti se in una rimessa ci sono diversi cinghiali, i segugi fanno la seguita su quelli che si alzano e corrono, mentre il cinghiale più smaliziato e picchiatore a volte non si muove. In questa situazione, ripassando una seconda volta, c’è la possibilità di rimettere in piedi altri cinghiali. Nell’ultimo giorno di caccia dell’anno scorso, la mattina, con gli ariéoeois si prese un bel maschio di cinghiale. Nel pomeriggio mio padre decide, con due briquet griffon vendéen, di andare in una zona soleggiata, di vegetazione bassa, con molti rovi e spinaie nella parte centrale del monte. Io mi tenni più in basso, dove c’è un ìnsoglio circondato da pini, nel quale i cinghiali si impiastricciano e poi si strofinano all’albero più grande (in dialetto piemontese la sagna). Avevo con me Rocki, il vandeano capomuta, che poi è anche il riproduttore del nostro allevamento. Lo tenevo legato con guinzaglio lungo. per essere sicuro di scioglierlo sulla traccia giusta. Quella notte i cinghiali non erano stati all’insoglio. Proseguo a zig zag nel fitto del bosco, fino alla cresta della montagna e sciolgo Rocki. Il vandeano subito si allunga nella cerca fino a non vederlo più. A un tratto sento in lontananza un urlo impressionante, tipico dei vandeani. Aveva preso i cinghiali di vento. A trecento metri il cane era ad abbaiare a fermo davanti, anzi quasi sopra, ad una prunaia fittissima e, come fosse uno sciame d’api, da quegli spini cominciarono a sparpagliarsi a ventaglio 7 cinghiali che subito il vandeano prese a inseguire in canizza. Anche mio padre. più lontano, scioglie allora i suoi due vandeani che subito vanno dietro a Rocki. Avviso i postaioli di stare attenti. Vennero abbattuti due cinghiali, ma i vandeani proseguirono nell’inseguimento di quelli che avevano passato le poste. A conclusione di queste brevi esperienze voglio semplicemente dire che una buona cacciata è tutto merito del cane. È lui che grazie alle sue qualità olfattive, alla sua iniziativa, alla sua passione, si inventa in alcuni casi la riuscita della battuta. Lo scovo pomeridiano che ho raccontato, fu appunto un’invenzione di Rocki. Quando pensi che ormai la caccia per un giorno sia finita e poi invece ti accorgi che, per me­rito di un cane, le emozioni più belle sono ancora
da vivere, ebbene non puoi che amare sempre più questo sport di natura e segugio. E io ringrazio i miei cani, gli ariégeois. i vandeani come gli anglo francesi, che riescono a farmi vivere queste emozioni. No, non c’è pericolo che queste razze vengano sostituite da altre».
Parola di un giovane esperto.


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