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II Briquet Griffon Vendéen

Briquet Griffon Vendéen
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Quella di questo segugio è la soia razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”, il termine con cui, anticamente, venivano genericamente indicati i cosiddetti “bracchetti di paese”

di Luca Colombo

Originario della regione francese della Vandea, il Briquet Griffon Vendeén, cane segugio utilizzato per la caccia in battuta con il fucile, è la sola razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”. Va ricordato, infatti, come, con il termine “briquets de pays”, (bracchetti di paese) anticamente venivano genericamente indicati tutti quei cani di taglia media, di sangue non nobile, piuttosto focosi, testardi, indisciplinati e irregolari nella loro azione, ma intelligenti e dotati d’iniziativa nel dipanare i grovigli ed i falli sulla traccia della lepre. Curiosamente, tuttavia, furono proprio i briquets che contribuirono a formare in Francia una serie di cani da lepre di mezzo sangue dalle ottime capacità venatorie. Anzi, molte di quelle razze che all’epoca della rivoluzione del 1789 andarono disperse o deliberatamente distrutte perché appartenenti all’odiata nobiltà, hanno trovato la possibilità, attraverso i briquets, di perpetuare la loro stirpe. Si spiega quindi così anche l’origine del Briquet Griffon Vendeén, che sarebbe derivato dal griffone di Vandea di grande taglia, per Hubert Dezamy, dal momento che questo cane pare essere una riduzione armonica e migliorata di quello, poiché in esso tutto è stato ridotto nelle dimensioni senza tuttavia perdere la distinzione del tipo originario e mantenendo integre le doti naturali di quel gran cane; doti che risultano essere ideali tanto per la caccia alla lepre, quanto per quella al cinghiale.

 Briquet Griffon Vendéen

In tempi più recenti, la selezione del Briquet Griffon Vendeén fu intrapresa, prima della prima guerra mondiale, dal conte d’Elva. Dopo il suo intervento, infatti, si potevano trovare degli esemplari di questa razza in diversi equipaggi della regione. Purtroppo la razza subì una drastica riduzione nel numero dei suoi esemplari durante il triste periodo delle due guerre mondiali.

Tuttavia il Briquet Griffon Vendeén iapparve, anche se ridotto quasi ai minimi termini, a Fontenay-le-Comte nel 1946, nella muta di monsier Guilleme e da lì prese il via il suo allevamento moderno. Soggetti di una qualità straordinaria sono stati allevati nella patria d’origine da madama Chataigner, monsieur Coper e monsieur Moinet, e nel 1995 una muta di questi cani vinse il “Trofeo di Francia” nelle prove di lavoro su capriolo. Ed è grazie alla sapiente mano selettiva degli uomini che si sono dedicati al suo allevamento e che ne hanno saputo fissare le straordinarie doti venatorie se il Briquet Griffon Vendéen si è fatto apprezzare anche nel nostro Paese soprattutto per le sue qualità venatorie

Un segugio vero

E, a proposito di qualità venatorie, non v’è motivo di tacere come, tra le caratteristiche del Briquet Griffon Vendéen, la testardaggine e la resistenza nel far canizza e nell’abbaiare a fermo al cinghiale rappresentino, per molti, un aspetto della razza che fa preoccupare. Tuttavia, chi decide di allevare un cucciolo di Vandeano deve sicuramente considerare altresì come questi cani presentino anche molte caratteristiche positive.

Questo segugio, infatti, durante la caccia non si risparmia, né fisicamente né psicologicamente, essendo un cacciatore assiduo, in continua ricerca del fiato dell’animale, che qui da noi, in Italia, è rappresentato per lui per lo più quasi esclusivamente dal cinghiale. Selvatico sul quale, ad esempio, un’altra dote molto importante di questo cane si rivela essere il coraggio innato; dote che, a volte, può persino essere pericolosa in quanto è capace di tenere testa ad animali molto cattivi, capaci di infliggergli ferite molto gravi quando non mortali. Briquet Griffon Vendéen

La razza è numericamente piuttosto presente nel nostro Paese dove viene impiegata, come già sottolineato, quasi esclusivamente, per la caccia al cinghiale e, ma solo rarissimamente, per la caccia alla lepre. Tant’è vero che in una sua intervista rilasciata qualche anno fa, Gianluca Lerda, noto allevatore della razza ebbe a dire: ‘Il Briquet Griffon vendéen ha fortunatamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori”. Lo stesso allevatore poi, ad una precisa domanda sulle caratteristiche venatorie di questi cani, proseguiva sostenendo altresì: “A caccia vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo; tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non li perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il vandeano che non sia “lungo” nella seguita. Orbene, a questi signori io ribatto che, se il cane riesce un buon segugio da cinghiale, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, dal momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.

In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto”.

E del resto, a detta dei suoi appassionati, è un dato di fatto che se possiede il giusto sangue da lavoro e se viene selezionato in serietà, attraverso accoppiamenti mirati su linee di sangue diverse, i Briquet Griffon Vendéen (indipendentemente dal colore del mantello), possiedono generalmente degli importanti mezzi per divenire ottimi ausiliari per la caccia al cinghiale. Questo segugio non è, in genere, un cane di passata, ma arriva molto velocemente ad abbaiare a fermo al cinghiale sfruttando il vento, ed è da notare come, la sua voce possa variare da una corrente di sangue all’altra: infatti, alcuni soggetti possono “urlare”, mentre altri possono “scagnare”.

Note conclusive

II Briquet Griffon Vendéen è un cane che, durante la cacciata, è sì capace di compiere degli atti estremi, ma più in generale si può altresì affermare che il Vandeano sia un segugio dotato di metodo, capace di dare buona voce sulla pastura notturna dell’irsuto ungulato, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa, coraggioso e dinamico, con grande attitudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.

II colore del suo mantello può essere bianco-arancio, ma possiamo trovare anche dei soggetti bianco-grigi, bianco-neri e tricolori, mentre il suo pelo deve essere lungo, piuttosto duro, con un po’ di sottopelo, ma comunque mai lanoso. Gli occhi e il tartufo devono essere scuri, ben pigmentati e mai chiari. Infine, la pelle di questo segugio è molto spessa e tale dote, unitamente allacaratteristica del suo pelo, fa sì che durante la stagione fredda (proprio il periodo della caccia al cinghiale), il Briquet Griffon Vendéen presenti un’alta resistenza alle basse temperature concomitanti, anche abbastanza di frequente, con pioggia e neve; a differenza di molti altri cani che, a volte, in presenza di tali condizioni meteorologiche cessano l’azione di caccia. Per contro, però, soffre molto il caldo, ragione per cui è quindi opportuno mettere a riposo il nostro Vandeano, durante l’estate, allo scopo di evitargli colpi di calore.

Infine, un ultima considerazione sul Briquet Griffon Vendéen circa alcuni aspetti delle cure veterinarie di cui, a volte, necessità questo cane.E’ bene ricordare, infatti, che le orecchie, gli occhi e il pelo vanno curati in modo particolare, e che inoltre, può soffrire di allergie cutanee. Ma, a ben vedere, si tratta di un segugio forte e robusto, molto resistente a quasi tutte le malattie virali e batteriche che, se sverminato e vaccinato regolarmente, non presenta quasi mai qualche problema.

 


L’Ariégeois

Gianluca Lerda
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Frutto di sapienti incroci, operati dagli allevatori d’oltralpe,questo grande segugio francese è dotato di fine olfatto e di un carattere dolce che, unitamente alla grande intelligenza, contribuisce a facilitarne l’addestramento.

 

 Gianluca Lerda

 

Inizialmente ottenuto dall’accoppiamento di  un Briquet dell’Ariége con il meticcio Gascon Saintongeois e, successivamente,migliorato tramite l’infusione di sangue del Grand Bleu de Gascogne con una selezione meticolosa ed accurata, I’Ariégeois è in sostanza un tre quarti di sangue dove l’influsso dei Briquet locale è stato oramai ridotto al minimo.E giusto quella degli Ariégeois fu la prima delle razze francesi ad essere utilizzata da mio padre Osvaldo allorché, proprio agli inizi della sua carriera venatoria, egli si dedicava principalmente alla caccia alla lepre che praticava nelle nostre vallate montane del cuneense. E da allora, di quei primi cani, si ricorda ancor oggi, come fossero accadute ieri, gesta e performances sui terreni di caccia. L’Ariégeois, infatti, possiede innate qualità ed una bramosia tali che gli consentono di rimanere legato all’usta e di dipanare così il complicato ricamo intessuto dalla lepre (sia per soddisfare il suo naturale fabbisogno alimentare, quanto per cercare di celarsi ai suoi tanti nemici), durante il suo peregrinare notturno, fino a giungere allo scovo.

 

Un segugio che non lascia indifferenti ariegeois

Se, indubbiamente, I’Ariégeois è un cane che non può certo lasciare indifferente il cacciatore appassionato delle razze da seguita francesi, vi è tuttavia altresì da sottolineare come anche il segugista per il quale esso non rappresenti il proprio ideale di segugio, osservando lavorare sul terreno di caccia questo cane non possa,comunque, fare a meno di apprezzarne le evidenti capacità venatorie (beninteso, naturalmente, se si tratta di un soggetto mediamente in possesso delle qualità di razza). Segugio dall’aspetto generale elegante ed atletico,evidenziato anche dalle movenze aggraziate che unitamente al mantello bianco nero consentono di distinguerlo anche da lontano, è capace di seguire la traccia del selvatico (lepre o cinghiale che sia), anche in presenza di condizioni climatiche sfavorevoli e su terreni aridi, o poco umidi, dalla mattina alla sera.

L’Ariégeois svolge la propria azione di caccia naso a terra alla ricerca dell’usta e con un movimento armonico della coda, che fa muovere più freneticamente tanto più forte è il sentore del selvatico che sta rilevando, quindi,alzando con decisione la testa ne da la segnalazione, con voce ululata, al suo conduttore. Poi, allorché il cane sente di essere vicino alla rimessa del selvatico perseguito, il tono della sua voce (da consecutivo e arrabbiato), cambia per diventare un ululato urlato e sempre più serrato allo scovo e alla conseguente partenza della seguita.Durante la risoluzione dei falli imposti dall’animale in fuga, la voce dell’Ariégeois diventa quindi un intercalare che diventa nuovamente un ululato urlato alla ripresa del giusto filo che fa riprendere la seguita.n conclusione ritengo  roprio di poter affermare che si tratta di un segugio dotato, perlomeno della maggior parte dei suoi soggetti, di notevole bravura e capacità che gli consentono di venire impiegato, sempre con ottimi risultati, tanto nella caccia alla lepre, quanto in quella al cinghiale. Su entrambi questi selvatici, infatti, lo si può specializzare essendo I’Ariégeois naturalmente portato a recepire i nostri comandi e insegnamentì in modo davvero esemplare. Infine, è un cane che può essere indifferentemente utilizzato in muta c in coppia e, anche, singolarmente.

E’ uno dei migliori segugi francesi

AriégeoisIn Italia, oramai da diversi anni e praticamente in ogni regione del nostro Paese, I’Ariégeois,considerato in Francia uno dei migliori segugi per la caccia alla lepre, ha avuto la possibilità di dimostrare agli appassionati segugisti del nostro Paese le proprie qualità anche nella caccia al cinghiale riscotendo,generalmente, ottimi consensi e raggiungendo, di conseguenza, un buon livello di popolarità e conoscenza. Come ben si sa,
infatti, il solo modo per conoscere davvero – nella completezza di tutte le sue qualità – una razza di segugi, è sicuramente quello di utilizzarne i soggetti, soprattutto, a caccia.Per questo, personalmente, mi sento di poter affermare che ancor di più l’ideale sarebbe quello di far ciò acquistando e quindi iniziando ad addestrare l’Ariégeois fin da quando è cucciolo; poiché, in questo modo,già durante le fasi della sua crescita il piccolo segugio si plasmerebbe ai comandi e al modo di cacciare del proprio conduttore (in base alle esigenze di ognuno). Naturalmente, però,non voglio certo nascondere a nessuno come, decidendo di prendersi cura di un cucciolo,da lì ad ottenere dei risultati il cammino sia lungo e non facile;e spirito di sacrificio e tanta pazienza dovranno necessariamente far parte del bagaglio di chi si appresta ad intraprendere questa strada. Ma, se alla base vi è un buon sangue da lavoro, certamente il seguirne l’inserimento e l’ambientamento nel suo nuovo ambiente, il progressivo affezionarsi a noi e la sua lenta maturazione mentre assimila, mano a mano, i nostri insegnamenti e le nostre esigenze sul terreno di caccia, rappresenteranno dei momenti unici e irripetibili che, dall’ultimo ma non ultimi, sapranno poi premiarci nel migliore dei modi allorché il nostro allievo susciterà l’apprezzamento di tutti i componenti della nostra squadra per le sue doti e la sua educazione, riempiendoci di sano e più che giustificato orgoglio.

 


L’Anglo Francais (de petit venerie)

bilu e domino

Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Rispetto a tutte le altre razze francesi,l’Anglo Français è un segugio atipico, che raggruppa in se un po’ tutte le qualità che caratterizzano e contraddistinguono segugi d’oltralpe

bilu e domino
Iniziai a conoscere l’Anglo Francais de petit venerie, e ad apprezzarne le indubbie doti venatorie, verso la metà degli anni ’80, allorché mio padre Osvaldo, per mezzo di un cacciatore francese, entrò casualmente in possesso di un soggetto di questa razza: una femmina bianco arancio di tre anni che si chiamava Alpina. Era una segugia tutta tinta unita arancio sulla schiena, con una leggera scriminatura bianca sul cranio, sulle zampe e sotto il dorso, di taglia media misurava 2 centimetri al garrese era ben aperta di torace.’ mentre le zampe evidenziavano una buona muscolatura che, senza farla apparire pesante, le conferiva un aspetto prestante ed atletico.
A quell’epoca mio padre aveva già avuto modo di provare, sui terreni di caccia, le qualità di altre razze seguge francesi quali, ad esempio, il Griffone Nivernese,il Fulvo di Bretagna e il Porcelaine, e per la Verità tutte e tre queste razze gli avevano fornito, chi più chi meno, dei buoni risultati, ma quando si avvicinò all’Anglo Francais capì ben presto che questo cane era un francese atipico rispetto alle altre razze d’oltralpe e che, proprio per questo, meritava di essere selezionato, poiché si trattava di un segugio che raggruppava i sé un po’ di tutte le loro qualità. Fu così che l’Anglo Francais divenne la terza razza del nostro allevamento. A quel tempo io ero ancora impegnato negli studi e non potevo quindi dedicarmi, come invece avrei voluto, a tempo pieno al nostro canile, tuttavia bastarono poche uscite di caccia al fianco di mio padre per farmi innamorare a mia volta di quei cani. Nel frattempo, infatti, ad Alpina, la nostra capostipite, erano arrivati ad allargare il nostro ceppo i vari Batù, Belle e Trombette, tutti soggetti tricolori, dei quali il maschio Batù era specializzato a cacciare unicamente il cinghiale, mentre le femmine, al pari di Alpina, erano brave anche nella caccia alla lepre.

Un “mix” molto ben riuscito

BilùL’Anglo Francais de petit venerie è, delle 28 razze francesi da seguita riconosciute dalla S.C.C., quella che deriva da un mix di incroci tra razze diverse come gli chien d’Artois, gli Ariégeois, i Petit Bleu de Gascogne,il Porcelaine, i Briquet “de pais” ecc. Fu, infatti, tramite il sangue di questi segugi di gran metodo sulla traccia, mescolato, attraverso mirati accoppiamenti, con quello dei segugi inglesi, più potenti fisicamente e dotati di grande passione per la caccia, che l’Anglo Francais venne definitivamente fissato. Si tratta, a mio parere, di un segugio micidiale, in possesso di una struttura fisico atletica eccelsa, per di più dotato di una grande passione per la caccia e di una volontà innata nella cerca; un cane di metodo che da voce sulla traccia (soprattutto se fresca), della passata notturna.

Nella sua azione di accostamento, che precede lo scovo, ha la qualità dell’iniziativa e la perspicacia di risolvere i falli della lepre o d’infilare, in modo smaliziato, l’uscita dal maneggio sul cinghiale. Grazie al loro olfatto, davvero fine, i soggetti di questa razza sono quindi più veloci (a parità di condizioni climatiche), nello scovare. Ed è allo scovo poi, allorché parte la seguita, che emerge tutta la forza dell’Anglo Francais capace di inseguire il selvatico in piedi mantenendone la distanza in termini molto minori rispetto alle altre razze francesi con voce potente e melodiosa che si fa ben sentire, sempre alla francese, ma non ululata. La sua velocità, che nella seguita gli permette di pressare il selvatico, ne esalta altresì il metodo di lavoro consentendogli, a favore di vento, di percepire l’emanazione dell’animale inseguito a testa alta e potendo tagliare la strada tracciata dal fuggitivo in diagonale (e per
questo accade, anche frequentemente, che i postaioli che hanno visto passare nei loro pressi un cinghiale senza riuscire a fermarlo, vedendo arrivare gli Anglo Francais e notando che questi cani non passano esattamente sulle peste del selvatico, sono portati a pensare che i segugi siano sulle tracce di un altro animale quando, in realtà non è affatto così). Questo metodo consente all’Anglo Francais di cadere raramente in fallo poiché, pressato da vicino, il selvatico, lepre o cinghiale che sia, non riesce a ragionare e quindi a mettere in atto le sue astuzie; ed a questo, inoltre, va aggiunto che grazie alla sua infaticabile vitalità è capace di portare una seguita di ore.

Leggi tutto “L’Anglo Francais (de petit venerie)”

L’Ariègeois

ariegeois

ariegeois

Elegante nella sua veste bianca, l’ariégeois seduce a prima vista. Ma sono le sue qualità di naso e di gola e le sue abilità nelle situazioni più difficili che lo fanno apprezzare dai cacciatori.

La denominazione di questo segugio tipicamente francese rimanda subito alle origini. Si tratta infatti di ogni incrocio tra selezionati briquet dell’Ariegeois con stalloni Ganscon e Ganscons Saintongeois appartenenti alle mute locali, com’è stato efficacemente descritta da Pierre Megnien nella sua opera “Le chien et ses races” , edito nel lontano 1899. All’inizio del XX secolo, il conte Elia de Vezin lo definiva una volta come un mezzo sangue…. Questo celebre cacciatore divenne tuttavia un accanito promotore di questa specie. Proseguì la linea di sangue ganscon e saintongeois , cara ai puristi, incrociandola con il sangue lo spirito briquet, ai quali gli utilizzatori locali erano ferocemente attaccati. Organizzò quindi una miglior selezione. Intrapresa la carriera di giudice in tutte le esposizioni cinofile nel Midi di Francia, arrivò a godere di una grande popolarità e autorevolezza. Senza dubbio per lui a far conoscere, sia pur nel limitato mondo degli appassionati, questa razza canina. Vale in cerca in questo periodo che nacque il club Gaston Phoebus al quale si deve l’organizzazione delle prime prove di caccia alla lepre nel 1910 e 1912. Poco a poco, i progressi della cinofilia si sono fatti sentire sull’ariégeois , che ha guadagnato molto sotto l’aspetto dell’omogeneità. Dopo la seconda guerra mondiale Paul Daubigné, giudice molto famoso all’epoca, si recò nella zona del Midi e dei Pirenei, per rendersi conto di cose era divenuto l’ariégeois e stilò questa conclusione:” l’esposizione di Saint-Girons gode della fama di essere il cantone più rinomato per il numero alla qualità dei suoi cani”.

Tuttavia nel 1975, quando il ministero dell’agricoltura francese impose le sue regole ai club di razza d’oltralpe, si constatò che era impossibile raggiungere la quota minima di nascita richiesta, 50 esemplari all’anno. Il club Gaston Phoebus così si fuse nel Club Chien du Gascogne e Gascon Saintongeois. La stessa cosa vieni oggi in Italia, dove l’ariégeois é affiliato al club italiano de Gascogne.

L'Ariégeois stupisce sempre per la sua saggia prudenza.E' un cane eccezionale per la ricerca delle tracce notturneUn’efficacia mai smentita

Il fatto più singolare di questa razza è che il suo processo di allenamento e di selezione è avvenuto quasi al livello confidenziale. Tenuto conto delle sue origini da mezzo sangue, nel corso di un secolo le sue caratteristiche hanno subito diverse variazioni, della taglia, nel volume ed anche nell’aspetto generale. Fatto inevitabile, tenuto conto delle diverse linee di sangue che ne hanno dato origine. Si narra addirittura che in passato si siano visti dei fratelli concorrere nelle esposizioni in razze differenti: Ariégeois e Petit Gascon Saintongeois!.

Ma ciò ormai è un patto conosciuto. L’essenziale è che l’Ariégeois abbia conservato nel tempo le sue grandi qualità da cacciatore. Infatti, dietro al fisico seducente che lo contraddistingue, si nasconde un gran lavoratore dall’altro particolarmente il vino, che senza dubbio è la sua qualità principale. Spesso il suo eccezionale olfatto gli permette di trovare la caccia dove altri si sono arresi. Questa grande sensibilità gli offre anche i mezzi per non indugiare sulla traccia, di mantenere un’andatura regolare. Inoltre sopporta bene le avversità climatiche ed è caratterizzato da una certa regolarità ed un buon ritmo di caccia.

Uno specialista

Quando si muove l'ariégeois tiene sempre la testa alta.Qeusto segugio ha una voce da urlatore,con ululati flautanti,prolungati e molto sonoriL’Ariégeois stupisce soprattutto per la sua saggia prudenza è la regolarità nella caccia. La sua taglia media nella sua leggerezza lo rendono un ausiliario preciso, dinamico, intraprendente sia da solo che in muta, capace di districarsi con facilità anche i terreni particolarmente difficili. Inutile dire che un esperto nella ripresa (soluzione dei falli) è nella conduzione di una muta. È un segugio ben applicato e volenteroso, un ottimo scovatore, dotato di molta iniziativa e regolarità. Senza forzare eccessivamente, caccia in maniera metodica, spedito sempre ben ammutato. Non a caso in Francia si dice che una muta di questi cani è in grado di cacciare su un fazzoletto. Molto bello dal punto di vista estetico, è spettacolare caccia, quando segue l’animale al collo teso in testa dritta mezza altezza,con scagni flautati dal timbro chiaro che sono un’altra delle sue caratteristiche. Gran urlatore, emette degli scagni prolungati è molto sonori che oltre far godere dei proprietari possono essere sentiti anche a grande distanza. Dotato di un ottimo carattere, è un segugio dolce ed equilibrato, facile da gestire facilmente addestrabile. Se vive a fianco del padrone, come avveniva nelle cascine del Midi di Francia, si mostra molto affettuoso, quasi sottomesso. E inoltre un segugio precoce, anche se per la caccia al cinghiale è opportuno attendere l’età adulta. Adatto ad essere impiegato in mute numerose, si presta bene anche adoperare da solo o in coppia.

 

Una razza alla conquista dell’Italia

 

L’ariégeois è uno dei segugi di razza francese più diffusi nel nostro paese: adatto all’impiego su qualsiasi tipo di terreno, dalla landa pietrosa alle zone umide, dall’altura alla montagna, dal coltivo al bosco, ha un carattere molto perseverante e tenace che ha conquistato molti cacciatori nostrani. Nel paese d’origine,l’Haute Ariége , viene impiegato nella caccia di montagna fino a quota destinata nei 2000 metri e il suo manto chiaro rappresenta un vantaggio perché consente di scorgerlo fino a grandi distanze.

Benche la sua preda prediletta è la lepre, viene impiegato con altrettanto profitto anche nella caccia al cinghiale. Tuttavia nella zona dei Pirenei gli viene preferito il suo cugino Bleu de Gascogne , dal manto delicato e dal carattere leggermente più aggressivo. Comunque sia ormai non è raro trovarli nei suoi terreni di caccia di tutta la penisola italiana, dove questo bel segugio ha trovato numerosi estimatori .

 

Christian Pujol

Segni particolari

L'ariégois è un cane vigoroso  e molto affettuoso con il suo conduttore

L’Ariégeois è un segugio francese a pelo raso di taglia media, è elegante vigoroso. La sua altezza al garrese varia dai 52 al 53 centimetri per i maschi, da 50 a 56 per le femmine. Il cranio visto di fronte leggermente compatto e non troppo largo, con protuberanza occipitale poco marcata. La fronte è piena, le arcate sopraccigliari poco marcate. Il tartufo nero, le labbra leggere i fini, le palpebre tese che non fanno intravedere il rosso dell’occhio. Il dorso è ben muscoloso è sostenuto, il petto lungo e di media altezza, che scende fino al livello dei gomiti. Le membra sono ben proporzionate muscolose senza essere pesanti. Il pelo è corto fine e chiuso, di colore bianco a tacche nere con contorni ben delimitati con l’eventuale presenza di moschettature. Agli occhi e dalle labbra sono presenti anche leggere focature.

Articolo tratto da “La caccia al Cinghiale” n°6 Marzo-Aprile 2002


Il Parere degli utilizzatori

L’Ariégeois , nella nostra selezione di segugi francesi, ha sempre avuto molta attenzione. In passato non è stato semplice: non riuscivamo a trovare nemmeno in Francia dei soggetti come ci eravamo prefissati noi, sulla vera taglia Ariége, con un’altezza al garrese di 0,50 per le femmine e 5,52 per i maschi. Si tratta in questa casa di segugi slanciati, leggeri ma ben costruiti, con una certa eleganza che li contraddistingue dal più pesante Gascon Saintongeois.

È un cane da seguita a pelo raso, che lavora con metodo,dà voce alla pastura così pure nell’insegnamento. Possiede un fiuto molto fine, si comporta in modo retto e saggio, ha molta attitudine alla disciplina e al lavoro. Si adatta bene sia sui terreni di pianura che in montagna, è docile, possiede molto olfatto ed è di facile addestramento. Difficilmente per della traccia del selvatico che sta scovando, è in definitiva uno dei migliori segugi da lepre e da cinghiale dei nostri cugini francesi.

Dal 1994 siamo riusciti finalmente ad arrivare su una corrente che corrisponde requisiti da noi richiesti. Oltre all’aspetto morfologico contiamo su una selezione di grande carattere, senza paure né timidezze.Partimmo cos’è il femmine e due maschi di produttori e lavorammo molto sull’addestramento a lepre, da passare poi sul cinghiale. Fu sempre nel 1994 che vendemmoo tre femmine e due maschi al compianto Gabriello Santori, che fece brillare quei cani nell’esposizioni e gare al lavoro su cinghiale. Andando avanti nel tempo alla nostra selezione si è allargata, ed abbiamo anche fornito nel 1999 una muta all’amico Marco Barbanera, che nel 2000 e 2001 si è imposto vincendo in numerose competizioni.

Ciao Massimo

Massimo Scheggi

 

 Massimo Scheggi

Massimo Scheggi non c’è più. Inutile girarci attorno, trovare belle espressioni, far finta che non sia così. La verità purtroppo è questa nella sua cruda realtà. Un altro duro colpo dopo che poco tempo fa anche un altro amico, Francesco Parducci, che ricordiamo in questo stesso numero, ci aveva lasciati. Nel suo caso, per quel poco che serve, eravamo in un certo modo preparati. Con Massimo no.
Se ne è andato all’improvviso, un sabato dello scorso novembre. Negli ultimi _:orni aveva lamentato qualche problema di salute, ma tutto sembrava risolto per il meglio, tanto che ci permettevamo di scherzarci sopra.
Proprio per i postumi di quei disturbi aveva dovuto rinunciare ad essere dei nastri per prendere parte ad una eacciarella al cinghiale, un’altra delle sue tante passioni. Ed è proprio quando abbiamo acceso i telefoni tornando alla casa di caccia che abbiamo saputo. Inutile dire che la notizia ci ha lasciato tutti impietriti. E quando dico tutti intendo veramente tutto il nostro mondo, nel quale Massimo era una presenza forte e rappresentativa. Se mai ce ne fosse stato bisogno, a provarlo sarebbero sufficienti le telefonate ricevute in questi giorni e la rapidità con cui si è diffusa la notizia, portando con sé un dolore e uno sgomento difficili persino da immaginare.
II suo impegno per la scuola, il suo lavoro, per la caccia, per la cinofilia, il suo ruolo in Federcaccia, dove per anni ha retto importanti incarichi dirigenziali… i suoi tanti interessi, come l’ornitologia, la letteratura, l’amore per le tradizioni di Firenze, la sua città…
il vuoto che lascia è enorme. Per molti, in particolare per noi di Diana – che prossimamente lo commemorerà in maniera ufficiale – sarà difficile non poter contare più sulla sua collaborazione, assolutamente impossibile

godere più della sua amicizia. L’ultima volta che ci eravamo sentiti, lui convalescente, pochi giorni prima di andarsene per sempre, mi aveva salutato con una promessa: «La stagione non è ancora finita. Adesso torniamo a caccia insieme… ».
Lo sapeva quanto mi piaceva cacciare con lui e con i suoi cani e appena possibile me lo proponeva, con quei suoi modi bonari. Siamo stupidi, noi uomini, e per un malinteso senso di «virilità» certe cose non ce le diciamo, ma credo che provasse dell’affetto per me, che a volte trapelava, magari con una carezza sul callo, un po’ paterna, un po’ burbera, come quelle che faceva ai suoi bracchi e con uno spontaneo «Non fare i’ bischero…» in risposta a qualche mia uscita poco ortodossa. Certo io gli ero affezionato e, come sempre, adesso lo dico a chi in fondo non interessa, ma non l’ho mai detto a lui. Spero tu sia a caccia adesso, Massimo, lo spero davvero. Meglio, ne sono convinto, perché
eri un uomo buono e se c’è un Paradiso a te è toccato di sicuro. Certamente sarai con i tuoi bracchi. E quando sarà, presto o tardi, spero manterrai la promessa che mi hai fatto. Ciao Massimo, non mi riesce di continuare. Mi mancherai. Anzi, manchi già a tutti noi, perché quello che ho scritto io lo pensano
tutti gli amici di Diana e tutti coloro che ti hanno conosciuto.

Marco Ramanzini

 

articolo tratto dalla rivista “Diana Caccia”

 

A caccia nella “Granda”

gruppo di caccia

gruppo di caccia

articolo tratto dalla rivista “La caccia al cinghiale”di Alessandro Cipriani

 

In provincia di Cuneo il “sus scrofa” é in netta espansione, tanto da essere divenuto una causa non insolita di incidenti stradali:dal febbraio 2000 all’agosto 2001 sono stati investiti da automobili ben 86 cinghiali, un dato che la dice lunga sulla diffusione di questo animale. Di pari passo aumentano anche i danni al patrimonio agro/silvo/pastorale.Il mese scorso abbiamo voluto iniziare la stagione venatoria proprio in questa provincia, ospitati da Osvaldo e Gianluca Lerda, noti allevatori di segugi francesi ed appassionati di caccia al cinghiale.

Primi passi verso la gestione controllata

 

L'ex riserva del Paian,per anni rifugio dei cinghiali della zonaA causa dell’aumento degli incidenti automobilistici e delle richieste di danni al partimonio agro/silvo/pastorale la Provincia ha emanato di recente delle linee guida per il controllo del cinghiale, che prevedono non solo una maggior attenzione verso gli allevamenti di questi animali, che lo ricordiamo possono essere cresciuti solo per scopo alimentare, ma anche una maggior sensibilizzazione dei Comitati di Gestione (A.T.C. e C.A.) che si attua attraverso il monitoraggio delle popolazioni residenti e l’esortazione a riequilibrare attraverso la caccia la struttura delle popolazioni concentrando il prelievo verso gli indiviclui più giovani e risparmiando gli adulti.Inoltre la Provincia ha previsto degli interventi diretti al contenimento numerico che possono svolgersi anche al di fuori del normale periodo venatorio. In questo caso l’intervento si attua attraverso battute con fucili a canna liscia, a tiri (diurni o notturni) con la carabina ed ottica di mira dall’altana o da appostamento fisso o mobile e grazie all’impiego di gabbie e chiusini con successivo abbattimento degli animali catturati.

 

La caccia al cinghiale in provincia di Cuneo

Anzitutto parliamo delle armi utilizzabili nell’ambito della normale stagione venatoria: la carabina è consentita solo in casi eccezionali e soltanto negli A.T.C. ove sia stato stilato un piano di abbattimento quali/quantitativo (ovvero si è stabilito quanti adulti e quanti giovani abbattere, il loro sesso, ecc.). In pratica la scorsa stagione si è tirato con il canna rigata solo in Valle Stura; sul resto del territorio era obbligatorio l’uso del fucile a canna liscia.

Per questa stagione venatoria non è stato stabilito alcun quorum di abbattimento: l’unico limite è costituito dal numero di cinghiali prelevabili (la ciascun cacciatore, che può incarnierare nel corso cella stagione dieci animali. In pratica si andrà avanti ad oltranza fino alla metà di dicembre, visto che quest’anno la stagione al cinghiale è stata anticipata alla metà di settembre per venire incontro alle esigenze degli agricoitori che temevano le scorribante alimentari dei cinghiali proprio nel momento della maturazione finale dei vitigni (la legge Regionale 8 giugno 1989 n.36 prevede comunque all’articolo10 il risarcimento dei danni causati alle coltivazioni agricole dall’azione della fauna selvatica.II sistema di caccia più diffuso è la battuta,ma sono consentite anche la cosidetta girata e la caccia a singolo.

Fino allo scorso anno il territorio adibito alla caccia al cinghiale non era suddiviso in zone: le squadre erano libere, di muoversi sul territorio e provvedevano all’organizzazione delle battute mediante accordi verbali. A partire da questa stagione i singoli A.T.C. ed i Comparti Alpini possono dividere il territorio in zone da affidare a singole squadre, cosa che non è stata fatta da tutti.Noi per esempio abbiamo cacciato in territorio “libero”, ovvero a disposizione di chiunque. E’ una cosa singolare (a proposito si veda il box “Cinghiali… e avvoltoi”), contraria ad ogni norma di sicurezza e povera di etica venatoria.

Una battuta in Val Maira

Sul manto di Bill,magnifico anglo-francese,i segni di un incontro ravvicinato con il re del boscoGrazie all’ospitalità della squadra di Gianluca e Bertu abbiamo potuto partecipare il 26 settembre a una battuta al cinghiale. La zona prescelta è il monte Meloi, nel comune di Piossasco, un piccolo paese posto all’imbocco della Val Maira. Nei pressi si trovano Dronero e Caraglio, due importanti comuni della campagna cuneese.
lo che ho letto molti libri sulla resistenza cuneese, sbircio i cartelli stradali e chiedo informazioni: così spiega a Gianluca, che lui a Caraglio ci vive, che nella vecchia filatura del paese, ora sottoposta a restauro perché si tratta di un edificio molto bello e particolare, tipico di quest’area ciel Piemonte, c’era il supermarket delle armi dei partigiani. Un’intera armata italiana lasciò qui il suo armamento prima di sciogliersi dopo I’8 settembre. Quei babbei dei tedeschi se ne sono accorti dopo mesi e mesi. Mentre parlo mi rendo conto che ho buttato via quattro anni all’università per studiare storia. Ormai queste cose non interessano più a nessuno, anch’io mi chiedo perché ho tirato fuori questi argomenti. Comunque facciamo amicizia e ci avviciniamo al territorio di caccia.A fianco del Meloi si trova l’ex riserva di Paian, per anni rifugio dei cinghiali della zona.

E’ rimarchevole notare come i componenti della squadra siano favorevoli ad una nuova chiusura della riserva poiché tutti sono concordi nell’affermare che sia necessaria una zona in cui gli animali selvatici  si possano riprodurre con tranquillità. In questa zona infatti il numero di cinghiali è andato progressivamente calando dopo l’apertura del Paian. Anche qui però si deve fare il conto con le richieste di danni presentate dagli agricoltori, che hanno causato l’apertura della riserva all’attività venatoria.

Uno mugugna sul fatto che talvolta i danni siano gonfiati, che i rimborsi Siano un buon sistema per farsi degli amici (in fondo ad erogarli è la provincia, governata dai politici sempre in cerca di voti), che i campi vengano seminati appositamente per farseli danneggiare dai cinghiali. Non è la prima volta che sento queste accuse in Piemonte: Donato Adduci, ex consigliere regionale e sindaco di Robassomero, un piccolo comune alle porte di Torino, afferma le stesse cose; leggerete sul prossima numero Ia sua intervista.

L’area coperta dalla battuta era molto vasta: i boschi del Meloi, ricoperti di castagni, faggi ma soprattutto pini costituiscono un territorio difficile per cacciatori e cani, che necessitano di potenti garretti e polmoni.

Mentre ci spostiamo nel bosco con una coppia di magnifici segugi anglo?francesi che continuano a battere il terreno senza dar segno di trovare le tracce ci spiega Osvaldo Lerda:”dopo tre mesi di siccità è piovuto abbondantemente per un paio di giorni.Quando si verifica questo fenomeno i processi di putrefazione, rallentati per mancanza dell’acqua, riprendono con grande intensità. Per almeno una decina di giorni i cani vengono disorientati dalla presenza di questa miriade di odori sprigionati a livello del suolo. Ecco perché i cani hanno difficoltà a trovare le tracce: solo i fuoriclasse riescono a districarsi in questa miriade di segnali odorosi”.

E qui, cari lettori, scatta il tranello: Gianluca la butta lì, con noncuranza:”Conosco un luogo dove esiste un insoglio naturale. Se ce la facessi ad arrivare potresti fare delle foto molto belle …”. Io, preoccupato a scattare il maggior numero di immagini per riempire degnamente le otto pagine assegnate all’articolo, rispondo di botto, senza pensare alle conseguenze: “Perché non ci andiamo?”.
La mezz’ora successiva la passiamo ad arrampicarci per uno di quei sentieri rettilinei utilizzati dai boscaioli per far arrivare a valle Ia legna tagliata.

Mentre sbuffo maledicendo il vizio di fumare penso a quanto duro deve essere questo lavoro, che impone marce massacranti al termine delle quali inizia un’attività altrettanto impegnativa.

Stiamo passando in questa sorta di ferita nel bosco e Osvaldo mi indica le tracce dei cinghiali: “Guarda, lì c’è una “trasera” (ovvero un trattoio, un sentiero realizzato dal costante passaggio dei cinghiali), passa vicino a quegli alberi laggiù e poi porta alla “pastura” dove siamo stati prima”. lo rispondo di sì col capo, preoccupato ad immagazzinare la maggior quantità possibile di ossigeno per il resto del tragitto, di cui ignoro la lunghezza.

Finalmente arriviamo in un punto dove abbandoniamo il sentiero dei boscaioli per inoltrarci nel fitto del bosco. Intuisco che la tortura è quasi finita e quando finalmente arriviamo alla “sagna” (insoglio in piemontese) ho ancora la baldanza di fare lo spiritoso,minacciando di fotografare Osvaldo mentre si leva i pantaloni per sfilarsi la calzamaglia.

In effetti ora fa proprio caldo, infatti mi levo anche il maglione, così avrò qualcosa in più da portare indietro, lo zaino l’ho lasciato in macchina.La foto dell’insoglio la vedete, a me sembra interessante: si vede la pozza fangosa e l’azione abrasiva dei cinghiali sull’ albero. Osvaldo mi indica le tracce del catrame che ha messo sul tronco.E’ noto che i cinghiali apprezzano sfregarsi sugli alberi spalmati di questo materiale. Il tutto ha la sua bellezza, perché è frutto dell’azione naturale dei cinghiali.E” stato Bertu a trovare qualche anno fa l’insoglio, che ora di tanto in tanto riceve il suo apporto di catrame (azione peraltro inutile, poiché sono stati i cinghiali a scegliele quel posto e molto difficilmente lo abbandoneranno).

Lo sfregamento continuo dei cinghiali ha letteralmente consumato il tronco di quest'alberoGianluca molla gli anglo-francesi, che si inoltrano nel bosco seguendo una traccia precisa. Lei sentiamo abbaiare a lungo, poi scollinano e li perdiamo. E’ il momento di scendere. La caviglia che mi sono infortunato con Diego il 14 agosto mi dà qualche fitta. Mi sembra di essere goffo nei movimenti come l’omino Michelin e mi rendo conto della diversa preparazione fisica di Gianluca e Osvaldo che sgambettano come camosci.

Mentre scendiamo senza i cani partiva via radio la notizia tanto attesa. Dall’altro versante gli ariégeois di Adriano hanno spinto un cinghiale alle poste.A fulminarlo è Dennis , figlio di Adriano. A 18 anni ed è alle prime esperienze. Oggi è il suo secondo giorno di caccia e la settimana scorsa ha catturato un altro cinghiale: ha un Benelli senza tacca , di quelli dalla caccia mista, è veramente un tiratore formidabile.

Osservò la ferita e trovo un buco unico, fatto a otto.Dennis ha sparato due colpi e li ha infilati in un solo foro! Sulla pelle del cinghiale, che peserà sui 40 chili, si vede anche una cicatrice fresca, causata da un colpo di striscia. Si tratta probabilmente del maschio a cui Dario ha sparato una settimana prima: lo ha visto cadere, ma poi si è rialzato ed è sparito. Certo che questi animali hanno una vitalità e un metabolismo straordinari: la pelle strappata è quasi del tutto emarginata, non vi è traccia di infezioni!.

È strana questa caccia: per chi è abituato alle battute con 25-30 poste è una vera sorpresa, poiché non si capisce come si possa catturare dei cinghiali con dei varchi così aperti tra un cacciatore all’altro avendo un così grande territorio a disposizione.

Sono le squadre che conoscono bene la zona possono avere dei risultati soddisfacenti e la squadra di Gianluca e Bertu è costituita da gente esperta. L’età media è elevata, tuttavia non mancano i giovani che c’è anche una donna (Marisa, la moglie di Bertu). Certo qui i carnieri sono molto più limitati: se in un anno la squadra riesce prendere una trentina di cinghiali è gran festa. Quando meno dicono mi viene in mente Maurizio Ciferri , che lo scorso anno, in Maremma, con la sua squadra ha battuto in una sola giornata quello che gli amici di Cuneo catturano in un’intera stagione!.

Dennis ha abbattuto il cinghiale con un tiro precisissimo alla sua prima licenza di cacciaCi fermiamo a mangiare mentre si fa la conta dei cani che ancora mancano all’appello: sono cinque,tre ariégeois e due anglo-francesi . I cacciatori li cercheranno dopo lo spuntino. Adriano ha invece già recuperato i suoi quattro ariégeois, acquistati da Osvaldo. Faccio le foto e poi insieme a Gianluca lascio la squadra per avviarmi al suo allevamento. Passiamo davanti ad un carrello e con sorpresa vedo Bill, uno dei due anglo-francesi, nei pressi. Gianluca lo chiama e lo infila nella gabbia nel bagagliaio del nostro fuoristrada, poi sorride felice. Lui i cani li vende e sa di aver fatto una bella figura con me. II suo anglo-francese (di una rara varietà bicolore bianco-arancio) ha fatto spontaneamente ritorno al carrello; sentenzia: “per una buona caccia il recupero è importante quanto la capacità di seguire le tracce”. Non posso che dargli ragione, pensando alle incazzature di Enzo, il mio capocaccia, quando la domenica sera sa che l’indomani non potrà andare a lavorare perché abbiamo lasciato passare i cani senza fermarli.

Prima di lasciarci Gianluca mi fa vedere l’allevamento dei lupi del Grana, l’attività che conduce con il padre Osvaldo: le razze seguite sono Ariegeois, Briquet Griffon Vandéen e petit Anglo?Francesi. Spiega:”Ora che fa caldo uso gli Ariegeois. Quando arriva il freddo allora li sostituisco con i vandeani. Gli anglo francesi vanno sempre bene, sono cani straordinari, specie i miei bianco-arancio”.

Non è questo il momento di parlarvi di queste razze canine, però un consiglio lo posso dare: se vi serve un buon segugio per la caccia al cinghiale può valere la pena di andare a trovare Osvaldo e Gianluca Lerda.
Vivono a Caraglio, in provincia di Cuneo ed il loro telefono è 0171/619424

Quando ormai sono seduto in macchina Gianluca confessa: “Sai volevo vedere se eri uno di quei giornalisti che son tanto bravi con la penne ma che poi scoppiano quando li porti in montagna….” Soltanto adesso mi accorgo di aver superato una sorta di prova iniziatica.
Mentre guido verso casa sorrido pensando che in fondo, nonostante i quarantadue anni, il colesterolo alto e le sigarette me la sono ancora cavata bene.
Certo che è come diceva il buon Eduardo de Filippo:” Gli esami non finiscono mai “

 

 

I nostri cani

Alpina dei Lupi del Grana,anglo francese bianco arancio

I nostri cani

Articolo di Massimo Scheggi apparso sulla rivista "DIANA Caccia"

Che bravi! Mi hanno mandato dei cioccolatini niente male, anzi eccezionali. Dei cuneesi a tutto ripieno. Dice che mi leggono con piacere sulla rivista e nella mia grande opera» sui Segugi. Grazie. Non importava. Fa piacere però. Ora magari qualcuno dirà che mi faccio comprare per dei cioccolatini. Niente meno. Il fatto è piuttosto che Osvaldo e Gianluca Lerda (padre e figlio) allevano con successo dal 1968.Che cosa allevano? Segugi francesi. Tutti?. No, sarebbero troppi. Diciamo allora che sono specializzati, come dicono loro, in ariégeois, briquet grfffon vendéen e anglo francesi de petite vénerie. E specializzati significa, lo diciamo noi, che soprattutto dagli anni Novanta in poi hanno ottenuto grossi risultati nelle prove di lavoro su cinghiale (ma anche in esposizione) soprattutto con gli ariégeois. E’ il caso di citare quelli del compianto Gabriello Santori di Lucca. di Doriano Damiani di Siena e di Marco Barbanera di Perugia. E poi, si trotti di ariégeois, anglos o di vandeani, hanno fatto felici molti cacciatori.Ma sentiamo cosa ha da direi il giovane Gianluca Lerda, diplomato come perito elettrotecnico, che è un po' l'Aronne della situazione. portavoce cioè anche di Osvaldo. Intanto una premessa: l'amore per i segugi francesi, meglio gli chiens courants. è venuta ai Lerda dal frequentare la Provenza francese dove risiedono alcuni parenti. Ancoro adesso in Francia si recano Osvaldo e Gianlura quando ritengono il caso dl rinfrescare alcune linee di sangue. Il collage di tutto questo, evidentemente,è rappresentato dalla passione per la caccia. Prima praticata soprattutto sulla lepre e poi sul cinghiale, da quando questo ungulato si è molto diffuso anche in Piemonte.

I primi segugi che abbiamo allevato sono stati « i primi ariégeois e i briquet griffon vendéen. Nel 1968 ottenemmo l'affisso Lupi del Grana, poi nel 1982 ci trasferimmo dove attualmente abitiamo, a Caraglio (Cuneo) e, dopo l'ampliamento del canile, aumentò anche il numero delle razze selezionate, con la scopetta di un segugio di grandi qualità fisiche e venatorie: Alpina dei Lupi del Grana,anglo francese bianco aranciol'anglo français de petit vénerie. Iniziammo con una femmina eccezionale, Alpina, della quale conserviamo ancora la linea di sangue. All'inizio mio padre, per farsi meglio conoscere, si dedicava alle esposizioni e a qualche prova di lavoro. Non abbiamo però mai tralasciato la caccia quale linea guida e selezione principale del nostro allevamento. Quando questa termina iniziamo l'addestramento dei più giovani in riserve a nostra disposizione e in aree addestramento cani. I nostri soggetti sono insomma sempre sotto, da soli o in muta, sia sulla lepre che sul cinghiale, e le femmine non vengono adibite alla riproduzione prima dei due anni e mezzo/tre, finché cioè non abbiano dimostrato di avere valide caratteristiche venatorie. Così facendo abbiamola convinzione dì ridurre al minimo le eventuali sorprese per quanto riguarda i cuccioli.Comunque facciamo accoppiamenti mirati e non in consanguineità, disponendo di varie correnti di sangue. I cuccioli prodotti annualmente sono circa 30 per. gli ariégeois e altrettanti per i briquet griffon vendéen, un po' meno per gli anglo francesi». Sentiamo adesso da Gianiuca quali sono le caratteristiche principali delle razze allevate dal padre e da lui. “Secondo noi l'ariègeois é ottimo ausiliare sulla lepre.Segugio di metodo in pastura, naso fine, risolve bene i falli ed è di buon collegamento e rientro. Tutte e tre le razze da noi allevate, cerchiamo di selezionarle nei canoni dello standard anche per quanto riguarda il timbro della voce che deve rimanere tipico, diverso per per razza. Propendiamo anche per una taglia contenuta, pur sempre nei limiti previsti dallo standard, perchè ci siamo accorti che un segugio più leggero ma ben costuito, è più elegante e di buon rientro. I cani pesanti, lamentando di più le fatiche della battuta, rientrano peggio. Nella selezione dell'ariégeois abbiamo cercato soggetti di grinta e carattere per la impegnativa caccia al cinghiale. Queste doti sono fondamentali per la riuscita di un buon cane da seguita da usare sull''ungulato. Se comunque un ariégeois lo specializzi su un certo selvatico, non ti deluderà inseguendo altri animali. Per quanto riguarda il vandeano, qui siamo di fronte davvero ad uno specialista sul cinghiale, a un cinghialaio per eccellenza. Noi crediamo molto nella taglia del briquet, dai 50 ai 55cm al garrese, selezionato però con voce del grande vandeano. Rispetto a quest'ultimi briquet sono chiens courants più collegati e di buon rientro.

Noi insistiamo su questa caratteristica, perchè alla fine della battuta, quando gli altri cacciatori hanno finito e se ne vanno, i canottieri devono rimanere alla ricerca dei cani. Blanco Ariégeois capomuta da cinghiale.Blanco è figlio di  Diana dei Lupi del GranaQuelli di fisico più minuto ma resistente, quelli più intelligenti rientrano da sé, al punto in cui sono stati sciolti o al carrello, ma altri, soprattutto nella taglia del grand non conoscono rientro e questo ti fa impazzìre. Un buon segugio da cinghiale deve dare la voce in passata, seguire le tracce fino al covo, abbaiate bene a fermo, inseguire a fondo, però quando la battuta è finita deve rientrare. E' importante quindi selezìonare anche sotto questo aspetto. Per quanto riguarda l'anglo francese, noi abbiamo due linee di sangue che per semplicità si distinguono trai colori bianco arancio tricolore. Si tratta di un segugio veloce, di ottimo olfatto, elegante e intrapendente, di abbaìo piacevole, adatto indifferentemente a cacciare sia la lepre che i conigli selvatici, come il cinghiale. Lavora di iniziativa, è rapido a trovare il filo dell'uscita della pastura e andare allo scovo, senza per forza cadere in fallo., Per la sua rapidità e scaltrezza, lo consigliamo a quei cacciatori che usano segugi veloci sulla seguita come, ad esempio, il segugio italiano a pelo raro, oppure i maremmani o certi segugi slavi. Perché di tutte le razze transalpine, l'anglo francese è quello che può inserirsi meglio in mute anche non omogenee, di soggetti cîoè della stessa razza (anche se questa soluzione rimane migliore). Infatti mantiene lo stesso passo, si adegua cioè alle varie esigenze e ai diversi compagni. È po' come per i cioccolatini. Quelli di Firenze son buoni, ma ci si adegua anche a quelli di Cuneo. Sperar che si capisca l'ironia toscana.