Speciale: Anglo-Français

Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Le caratteristiche e le grandi qualità venatorie di questo cane da seguita fortemente voluto dagli allevatori francesi emergono grazie alle opinioni di appassionati italiani della razza

Bruno Baraldi,Roberta Ercoli, Gianluca Lerda e Giovanni Poli sono in stretto ordire alfabetico. gli appassionati esperti della razza hanno risposto alle nostre domande e che attraverso le loro parole, ci hanno fornito un’interessante spaccato sulle caratteristiche e le qualità venatorie di questo segugio francese che sta raccogliendo sempre più consensi tra i segugisti del nostro Paese che lo impiegano in particolare nella caccia al cinghiale.

D. – Vuole provare a spiegarci quali sono le caratteristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire l’Anglo-Francais ai suoi potenziali utilizzatori, aspetto alle altre razze da seguita? Bruno Baraldi: “Le preferenze sono molto soggette e dipendono sa tanti fatta n quali. ad esempio. Il sentimento l’aspirazione,l’amore  eccetera.”.

Gianluca Lerda: “Sul lavoro sono segugi di straordinaria volontà e determinazione che non mollano mai nella cerca e nella risoluzione del covo, che rimane il loro obiettivo. Inoltre si adattano benissimo tanto alla caccia alla lepre che in quella al cinghiale; poi sono dei cani che non sentono la fatica del lavoro, cosicché potrebbero cacciare la lepre al mattino e il cinghiale al pomeriggio. Ma la loro qualità maggiore è sicuramente il rientro, dovuto al loro grandissimo senso di orientamento che fa si che questi cani ritornino esattamente nel medesimo punto in cui sono stati sciolti.”.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio di questa razza per essere tale veramente?

Gianluca Lerda: “Mio padre Oscaldo, in qualità di mio maestro,mi ha insegnato che un buon “segugio” deve innanzitutto possedere,venatoriamente,una grande volonta e una forte determinazione sul terreno di caccia.Poi lavorare naso a terra sulla fase di incontro,dare buona voce sulla pastura e/o sul maneggio notturno,arrivare allo scovo e seguire il selvatico con continuità e senza farsi depistare dai falli dell’animale in fuga.Se poi il segugio in questione si dimostra capace di scovare sia la lepre che il cinghiale… beh ,allora lo definirei un “grande segugio”.

D. – Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?

Gianluca Lerda: “Mi sembra evidente che datala risposta precedente le qualità dell’Anglo-Francais sono conosciute solamente da quanti hanno personalmente provato questo segugio, utilizzandolo sul terreno ci caccia. Come allevatori della razza noi abbiamo la fortuna che i nostri promotori sono gli stessi cacciatori segugisti che, avendo acqui-stato qualche soggetto ed essendone estremamente soddisfatti, ne parlano bene ai loro colleghi, alcuni dei quali decidono, a volte, di provare questi cani anche loro.”

Video

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L’intervista: 9 domande a Gianluca Lerda

Gianluca Lerda con un Briquet Griffon Vendéen del suo allevamento (Foto G.M.)

Gianluca Lerda con un Briquet Griffon Vendéen del suo allevamento (Foto G.M.)

Insieme al padre Osvaldo al quale, negli anni, è subentrato a tempo pieno, Gianluca Lerda alleva a Caraglio, in provincia di Cuneo, segugi francesi di razza Petit Anglo Francois, Briquet Griffon Vendéen e Ariégeois. Ed è proprio a proposito di quest’ultima razza che (questa volta) ho pensato di rivolgermi a lui che, per il fatto di essere praticamente nato con questi cani e quindi di conoscerli da una vita, può sicuramente parlarci dei “segreti” di questa razza che, attualmente, è una tra le più apprezzate dai segugisti italiani. Ecco quindi le sue risposte alle mie domande.

D. — Quando ha maturato l’idea d’iniziare ad allevare e perché proprio questa razza di segugi?
R. — Per la verità io mi sono trovato questi Segugi in casa. Infatti, spinto dalla passione per la caccia alla lepre e al cinghiale con i cani da seguita mio padre, in seguito ad alcuni viaggi di lavoro nel Midì di Francia, vedendo per la prima volta degli Ariégeois impegnati sul terreno di caccia s’innamorò di questa razza e, coinvolgendomi, decise d’iniziarne l’allevamento. Farla conoscere agli appassionati italiani, all’inizio, non fu facilissimo, ma il fatto che oggigiorno la razza sia utilizzata con soddisfazione da molti ci ha reso felici e orgogliosi che ciò sia successo.

D. — Vuole provare a spiegarci quali sono le caratte-ristiche che fanno (o dovrebbero fare) preferire questi cani ai potenziali utilizzatori rispetto alle altre razze da seguita?
R. — Credo che, per quanto riguarda la caccia alla lepre, sia sicuramente l’innata vocazione dell’Ariégeois per il lavoro di traccia e la sua iniziativa di scovo, nella quale eccelle per la sua determinazione a risolvere i falli e le doppie, per poi lanciarsi nell’inseguimento della fuggitiva con tutto sé stesso con la sua voce ululata che da i brividi. Nella caccia al cinghiale, invece, se selezionato su giuste linee di sangue di grinta e coraggio, l’Ariégeois da dimostrazione della sua intelligenza nell’abbaio a fermo dove sa tenere la giusta distanza dal selvatico, tuttavia sono sempre le sue qualità di tracciatore di scovatore a distinguerlo anche sull’irsuto “re del bosco”.

D. — A suo parere, vi è una dote che oggi non viene te-nuta nella dovuta considerazione da parte degli “addetti ai lavori”?
R. — Direi di no; personalmente, infatti, ritengo che il segugista cacciatore, quando possiede davvero un buon soggetto, non può non scoprire le grandi qualità di questa razza e, anche, perdonarne gli eventuali difetti.

D. – E quali doti deve necessariamente possedere un “buon” segugio per essere tale veramente?
R. — A questa domanda ho già risposto, in parte, nelle domande precedenti. Tuttavia voglio parlare di quella che ho potuto riscontrare durante gli anni di caccia con l’Ariégeois e che, secondo me, è una grande dote: vale a dire quella di riuscire a specializzarsi sul selvatico da noi prediletto rifiutando ogni altro animale.

D. — Come giudica lo stato attuale della razza nel nostro Paese e, se fosse in suo potere farlo, vi è qualcosa che vorrebbe modificare nell’allevamento odierno di questi cani?
R. — L’Ariégeois sta avendo la fortuna di essere sempre più conosciuto, e quindi apprezzato, dai segugisti italiani, cacciatori e/o cinofili che siano. Pertanto, secondo me, nel suo allevamento occorre solamente continua-re a selezionarlo cercando di migliorarne sempre più le qualità.

D. — Secondo Lei, la razza e le sue caratteristiche sono, oggigiorno, conosciute abbastanza bene dai suoi potenziali utilizzatori o vi è ancora molto da fare?
R. — Come ho già detto, nel nostro Paese, attualmente L’Ariégeois si è fatto ben conoscere ed è ben presente sui terreni di caccia. Voglio comunque fare un inciso: io penso che ogni razza vada sempre rispettata, e ciò anche se a priori non ci esalta per via del nostro modo di vedere e di apprezzare un certo tipo di metodologia di lavoro o di voce.

D. – Personalmente ritiene necessario partecipare ai ra-duni, alle prove di lavoro e alle esposizioni con i suoi soggetti?
R. — Certo! Il confronto fa sempre migliorare e il giudizio di un esperto può solo accrescere il miglioramento morfologico e qualitativo della razza. Inoltre, e questo vale in generale, è importante portare la razza alla visione di tanti appassionati che magari ancora non la conoscono o, addirittura, non l’hanno mai vista dal vivo.

D. — A suo giudizio in quale forma di caccia, e quindi su quale selvatico, trova che i soggetti di questa razza siano portati ad eccellere?
R. — Come ho già detto sicuramente l’Ariégeois eccellente nella caccia alla lepre, ma anche in egual misura (in presenza delle giuste linee di sangue), nella caccia al cinghiale.

D. — Infine, a conclusione di questa nostra chiacchierata, quali consigli si sentirebbe di poter dare ad un ipotetico neofita che avesse deciso di avvalersi di un segugio della sua razza per sod-disfare la propria passione venatoria?
R. — Per iniziare gli direi di non illudersi che basti che il suo soggetto possieda il sangue giusto perché tutto, poi, venga da sè. Di sicuro, infatti, se il Segugio ha del talento e iniziativa tutto diventa più facile, ma il neofita deve sapere che è altresì necessario, sempre, che il suo soggetto sia seguito da lui con passione, amore e pazienza facendogli fare la necessaria esperienza, sino a diventare, negli anni, un bravo ausiliare. E, in questo caso, il suo Ariégeois saprà sicuramente ricambiare la sua dedizione, facendolo divertire e procurandogli sul terreno di caccia quelle emozioni che lo ripagheranno dell’impegno profuso per il suo addestramento.

Il Briquet Griffon Vendéen

articolo tratto da “Cani da seguita”
di Luca Colombo

Questa   razza di origine francese è molto presente numericamente in ltaiia, dove viene impiegata, quasi esclusivamente, per la caccia al cinghiale e solo rarissimamente per la caccia alla lepre

Originaria della regione francese della Vandea, della razza dei vandeani esistono ben quattro varietà: il Petit Basset Griffon (da 34 a 38 cm), il Grand Basset (da 39 a 42 cm), il Briquet Griffon Vendéen (da 50 a 55 cm) e il Grand Griffon Vendéen (da 60 a 65 cm). Tra queste, il Briquet Griffon Vendeén, cane segugio utilizzato per la caccia in battuta con il fucile, è la sola razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”. Va ricordato, infatti, come, con il termine “briquets de pays”, (bracchetti di paese) anticamente venivano genericamente indicati tutti quei cani di taglia media, di sangue non nobile, piuttosto focosi, testardi, indisciplinati e irregolari nella loro azione, ma intelligenti e dotati d’iniziativa nel dipanare i grovigli ed i falli sulla traccia della lepre. Curiosamente, tuttavia, furono proprio i briquets che contribuirono a formare in Francia una serie di cani da lepre di mezzo sangue dalle ottime capacità venatorie. Anzi, molte di quelle razze che all’epoca della rivoluzione del 1789 andarono disperse o deliberatamente distrutte perché appartenenti all’odiata nobiltà, hanno trovato la possibilità, attraverso i briquets, di perpetuare la loro stirpe. Si spiega quindi così anche l’origine del Briquet Griffon Vendeén, che sarebbe derivato dal griffone di Vandea di grande taglia, per Hubert Dezamy, dal momento che questo cane pare essere una riduzione armonica e migliorata di quello, poiché in esso tutto è stato ridotto nelle-dimensioni senza tuttavia perdere la distinzione del tipo originario e mantenendo integre le doti naturali di quel gran cane; doti che risultano essere ideali tanto per la caccia alla lepre, quanto per quella al cinghiale. In tempi più recenti, la selezione del Briquet Griffon Vendeén fu intrapresa, prima della prima guerra mondiale, dal conte d’Elva. Dopo il suo intervento, infatti, si potevano trovare degli esemplari di questa razza in diversi equipaggi della regione. ImagePurtroppo la razza subì una drastica riduzione nel numero dei suoi esemplari durante il triste periodo delle due guerre mondiali. Tuttavia il Briquet Griffon Vendeén iapparve, anche se ridotto quasi ai minimi termini, a Fontenay-le-Comte nel 1946, nella muta di monsier Guilleme e da lì prese il via il suo allevamento moderno. Soggetti di una qualità straordinaria sono stati allevati nella patria d’origine da madama Chataigner, monsieur Coper e monsieur Moinet, e nel 1995 una muta di questi cani vinse il “Trofeo di Francia” nelle prove di lavoro su capriolo.

 

Lo stato attuale della razza, grazie anche all’opera svolta dal Club che la tutela, ha oramai raggiunto anche nel nostro Paese un livello davvero buono, e questo sia numericamente sia per ciò che concerne la morfologia dei soggetti prodotti. Tanto che, tra i suoi appassionati, vi è addirittura chi ritiene che sotto l’aspetto della morfologia ci si possa sentire all’altezza della patria d’origine della razza, la Francia. Oggigiorno, infatti, grazie alle prove di lavoro, alle esposizioni e anche a tutti i mezzi d’informazione, è piuttosto facile sapere tutto ciò che si vuole sul Briquet Griffon Vendéen ed è un dato di fatto che questo cane sia ormai piuttosto conosciuto anche qui da noi, in Italia, e pertanto i nostri segugisti ne conoscono pregi e difetti. Pregi che sono, naturalmente, in misura assai maggiore dei difetti.

Alcune note generali

Il colore del mantello del Briquet Griffon Vendéen può essere bianco-arancio, ma possiamo trovare anche i tricolore, i bianco-grigi e i bianco-neri. Il pelo deve essere lungo, piuttosto duro, con un po’ di sottopelo, mai lanoso. Gli occhi e il tartufo scuri, ben pigmentati, mai chiari mentre la cute di questo segugio è molto spessa: tale dote, unitamente alla caratteristica del suo pelo, fa sì che durante la stagione fredda (proprio il periodo della caccia al cinghiale), esso presenti un’alta resistenza alle basse temperature concomitanti, anche abbastanza di frequente, con pioggia e neve; diversamente da molti altri cani che, a volte, in presenza di tali condizioni meteorologiche cessano l’azione di caccia. Per contro soffre molto il caldo, tanto che è quindi opportuno mettere a riposo il nostro Vandeano, durante l’estate, per evitargli colpi di calore.
L’appassionato deve sapere, poi, che l’addestramento del Briquet Griffon Vendéen richiede, innanzitutto, di avere del tempo a disposizione da dedicargli. E questo poiché il Vandeano è un segugio che ha bisogno di tempo per cacciare e ha bisogno di tempo per rientrare. Ed anche che, oltre a dedicarsi molto all’addestramento di questo segugio, occorre altresì che il suo padrone faccia attenzione anche al mantenimento della forma fisica esteriore dei suoi esemplari in quanto sono cani a pelo lungo e pertanito devono essere spazzolati spesso.Inoltre a volte alcuni soggetti soffrono di otite e quindi ,periodicamente,un controllo veterinario è d’bbligo.Ciononostante di tratta di un segugio forte e robusto, molto resistente a quasi tutte le malattie virali e batteriche che, se sverminato e vaccinato regolarmente, non presenta quasi mai qualche problema. Tant’è vero che chi possiede e, quindi, conosce davvero il Briquet Griffon Vendéen, o lo ha semplicemente visto lavorare non può certo dirne male.
Cane che come sottolineato nel sottotitolo di questo articolo viene utilizzato, in Italia, pressoché esclusivamente per la caccia al cinghiale, per via delle sue caratteristiche particolari quali il coraggio, la tenacità e l’iniziativa, questo segugio, infatti, non è solito, in genere, arrivare molto velocemente ad abbaiare a fermo al cinghiale sfruttando il vento; ed è da notare come la sua voce possa, spesso, variare da una corrente di sangue all’altra, alcuni soggetti, infatti, possono “urlare”, mentre altri possono “scagnare”. Per quanto riguarda poi il lato affettivo, il vandeano è insuperabile essendo molto legato al proprietario .

 

E’ coraggioso e dinamico

Pur essendo il Briquet Griffon Vendéen un cane capace, durante la cacciata, di compiere anche degli atti estremi, più in generale si può affermare comunque che il Vandeano è un segugio dotato di metodo, capace di dare buona voce sulla pastura notturna del cinghiale, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa, coraggioso e dinamico, con grande attitudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.
Riassumendole le doti migliori del Briquet Griffon Vendéen sono la grande iniziativa, l’atti- – tudine all’abbaio a fermo, la voce e la ricerca della passata, oltre alla grande generosità nella seguita, anche se, a proposito di quest’ultima, stante le miserevoli condizioni in cui versa oggigiorno la caccia nel nostro Paese, costretta dentro confini ben precisi, un segugio che ha la capacità di inseguire a fondo è considerato da molti cacciatori di cinghiali quasi un handicap. A caccia, infatti, vi è chi è abituato ai piccoli cani (spesso frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo. Tuttavia vi è più di un cacciatore che apprezza il fatto di sapere sempre dove sono e di non perderli mai.Image
Ma a nostro parere un buon segugio da cinghiale, invece, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. E se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito venga “padellato” o non ci passi, deviandole, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio che caccia con il cuore non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttoredal momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.
In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen (ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro) il selvatico che ha scovato gli viene abbattuto, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto. ❑

40 anni al servizio dei francesi

articolo tratto da Diana Caccia

 Dopo aver dedicato diversi servizi al nostro segugio italiano, ci occupiamo stavolta di segugi francesi ed in particolare di ariegeois e briquet griffon vendéen. Ne abbiamo parlato con Osvaldo e Gianluca l.erda che grazie anche all'esperienza quarantennale di appassionati cacciatori cinofili, con il loro allevamento «dei Lupi del Grana» hanno selezionato apprezzati cani da seguita francesi per la caccia alla lepre ed al cinghiale, raggiungendo ottimi risultati nel lavoro

Secondo i dati relativi alle iscrizioni nei Libri Genealogici forniti dall'Enci per l'anno 2007, vediamo che almeno nella scorsa stagione alcuni cani da seguita sono stati ridimensionati quanto a numeri. Tra questi anche gli chiens courants francesi. Se in casa italiana le cose appaiono rosee – con i segugi italiani a pelo raso che passano dai 4.612 soggetti del 2006, ai 5.132 del 2007, e quelli a pelo forte che contano oggi 2.235 soggetti con un bel più 297 rispetto al 2006 – lo stesso non può dirsi per tutti i cugini transalpini. Gli ariégeois, seppur lontani dai numeri del 2005 per non parlare di quelli registrati nel 2002, aumentano invero rispetto al 2006 potendo contare nel 2007 su 791 soggetti. Confermano in tal modo la loro superiorità – almeno numerica… – sui briquet griffon vendéen fermi a quota 596. I briquet, per molto tempo i segugi francesi più diffusi in Italia anche perché considerati lo chien courant più adatto nella caccia alla bestia nera, dopo una bella ripresa nel 2006,anno perso infatti 117 effettivi per strada. Battuta d'arresto anche del petit bleu de Gascogne che passa dalle 291 iscrizioni del 2006 alle 211 del 2007 (ma nel 2003 erano 550), per non parlare dell'anglo-francese che «crolla» da 132 a 41 soggetti. Praticamente costante invece il porcelaine con i suoi 97 soggetti. Abbiamo  parlato di questa situazione con Osvaldo e Gianluca Lerda
 

L'amore per i segugi francesi si è trasmesso ai Lerda dal frequentare la Provenza francese dove risiedono alcuni parenti; e proprio dalla Francia hanno attinto i primi esemplari e le prime linee di sangue

 
Conosco, almeno «di fama», la famiglia Lerda ormai da alcuni anni e più precisamente da quando, colpiti da alcune pubblicazioni di mio padre Massimo sui segugi, decisero di inviarci a casa dei deliziosi cioccolatini cuneesi. Se li intervistiamo non è certo per questa gentilezza, per altro ripetuta nel tempo, ma perché i Lerda allevano con successo segugi francesi dal 1968 ed hanno dunque alle spalle ben 40 anni di esperienza nel settore. Ovviamente, come la maggior parte degli allevatori, anche Osvaldo e Gianluca si sono specializzati e dunque non si occupano di tutti i segugi francesi, avendo preferito concentrarsi su ariégeois, briquet griffon vendéen e anglo francesi de petite vénerie.

L'amore per i segugi francesi, o come sarebbe meglio dire per gli chiens courants, si è trasmesso ai Lerda dal frequentare la Provenza francese dove risiedono alcuni parenti; e proprio dalla Francia hanno attinto i primi esemplari e le prime linee di sangue. Partendo da queste basi negli anni hanno poi lavorato sui loro soggetti e le loro genealogie, puntando adun continuo miglioramento dei ceppi originari ma rallentando sempre più il rinsanguamento «estero». Non certo per ragioni campanilistiche, come ci spiega Gianluca: «Vedi Carlo, una delle caratteristiche del nostro Allevamento e dei nostri segugi è quella di aver puntato sulla selezione di soggetti dalla taglia contenuta, non eccessivamente lunghi e robusti, ma piuttosto raccolti e ben costruiti. Viste le attuali condizioni ambientali dei nostri territori, caratterizzati da boschi molto fitti e zone non troppo estese, e le esigenze del cacciatore moderno, siamo convinti infatti che cani così costruiti corrispondano maggiormente alle attuali esigenze che richiedono cani pratici e capaci di entrar nello sporco senza problemi. In Francia, dove esistono differenti realtà territoriali e metodi di caccia, puntano invece ancora su taglie forti che garantiscono certamente maggior spettacolarizzazione della caccia ed una voce più forte ma che a mio avviso non sono troppo adatte da noi». Queste parole trovano conferma nei fatti ed effettivamente i segugi di Gianluca sono più «leggeri» di quelli francesi. Gli accoppiamenti operati nell'Allevamento hanno così portato alla nascita di vandeani dalla taglia contenuta in 52 cm al garrese per le femmine e 55 cm per i maschi, ed ariegeois dì taglia media,con altezza al garrese tra 48 e 55 cm.
Ma tornando ai dati iniziali che abbiamo riportato domandiamo a Gianluca come valuta la situazione attuale dei segugi francesi: «Tutto sommato positivamente direi. Indubbiamente un certo calo sì è registrato, come del resto per altre razze.
Noi comunque non possiamo lamentarci troppo anche perché, modestamente, possiamo contare sulla fiducia dei nostri vecchi clienti che costituiscono anche un'ottima forma di pubblicità. Le difficoltà certo non mancano ma le razze che alleviamo presentano oggi, grazie ad un'accurata selezione, ottimi soggetti capaci di regalare buone soddisfazioni agli amanti della caccia alla lepre ed al cinghiale. Ritengo che nel complesso i francesi siano andati verso un'evoluzione migliorativa e che se un calo c'è stato è dipeso da svariati fattori quale, ad esempio, la diffusione del maremmano che ha sottratto adepti a queste razze, sopratutto in Toscana e Umbria dove ha dato buoni risultati nelle macchie fitte. Certo i francesi per voce e metodo… e poi nei boschi…». Forse, per la modestia innata,Gianluca insomma non vuol troppo dilungarsi nel tesser le lodi dei suoi francesi, ma è indubbio, e non potrebbe esser altrimenti, che il suo giudizio sulla razza ed i soggetti in circolazione è più che buono.

Dicevamo all'inizio che i francesi «dei Lupi del Grana» sono ariégeois, briquet griffon vendéen e anglo francesi  de petite vénerie. Anche nella scelta delle razze, Osvaldo e Gianluca si sono in un certo senso dovuti adeguare alla mutata realtà puntando sempre maggiormente, negli ultimi anni, sugli ariegeois e confermando in tal modo i dati forniti sopra.«Beh su questa scelta hanno inciso anche ragioni meteorologiche e climatiche». Cosa? Ho capito bene? «Può sembrar bizzarro ma è così. Come ormai tutti riconoscono negli ultimi 5 anni il clima è cambiato diventando più secco, asciutto, caldo. In primavera non piove quasi più, l'estate raggiunge temperature record e così all'apertura, a settembre, ci ritroviamo con terreni aridi, talvolta desertici. Tutto ciò rende la caccia più difficoltosa e richiede l'impiego di segugi molto forti di naso, capaci di percepire anche le tracce più deboli: in questa situazione, rispetto al vandeano, l'ariegeois si rivela maggiormente adatto e dunque è più richiesto, mentre il primo non può esprimersi al suo meglio e ne esce penalizzato anche a causa del pelo lungo e irsuto. Langlo francese, che è un cane molto forte capace di ben lavorare anche a inizio caccia, nel secco, ha difficoltà invece ad affermarsi perché meno conosciuto e perché è difficile immaginare un segugista che si dedichi contemporaneamente a tre cani diversi».

Ecco Gianluca ma quali sono le caratteristiche dei segugi dell'allevamento «dei Lupi del Grana»? «II nostro pallino è di selezionare sul campo di lavoro, direttamente sui terreni di caccia, magari trascurando gare ed esposizioni dove si potrebbe anche fare bella figura visti i nostri soggetti. Da cacciatori appassionati ci piace lavorare per i cacciatori segugisti e poter offrire loro validi soggetti. Seppur convinti che il cane perfetto non esista e che quello migliore ha sempre da nascere, crediamo di selezionare buoni cani, equilibrati, con positive doti caratteriali, come ci confermano i nostri clienti. I nostri vandeani sono compatti, ben costruiti nel quadrato, con voce modulata, capaci di resistere alla fatica ed inclini al rientro spontaneo; mentre gli ariegeois hanno forte iniziativa nella cerca, buon rientro, doti olfattive notevoli e ottime capacità di abbaio a fermo sul cinghiale sebbene possano essere impiegati senza problemi sulla lepre. Chi cerca un segugio forte, instancabile, veloce può poi optare anche per i nostri anglo francesi».La filosofia che sorregge l'Allevamento è insomma quella di selezionare soggetti forse meno belli e morfologicamente meno tipici ma si rivelino degli ottimi segugi per la caccia, sia questa alla lepre o al cinghiale. Lentusiasmo e la passione di Gianluca, sempre coadiuvato ovviamente dal padre Osvaldo, spinge poi verso un continuo e costante miglioramento dal punto di vista qualitativo e ad un'attenzione verso i particolari. Circostanza questa che ha condotto ai «Lupi del Grana» anche tanti giovanissimi cinghialai, a riprova che se si lavora bene c'è spazio per attirare nel bel mondo della caccia anche le nuove generazioni. A loro, come a tutti, Gianluca ed Osvaldo mettono a disposizione la propria esperienza e professionalità oltre ad offrire validi consigli sul migliore addestramento («che non deve essere forzato, ma paziente, continuo, costante e non deve trascurare nessun soggetto»). Pare insomma proprio il caso di andarli a trovare, in via Prata, 16, a Caraglio (Cn), unendo magari alla visita una degustazione di quei
deliziosi cioccolatini cuneesi… 

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Come eravamo

articolo tratto da “Cani da seguita”  di Osvaldo Lerda

Il titolo si riferisce alla realtà del mondo segugistico di quarant’anni or sono e mira , attraverso le parole e i ricordi di quanti possono orgogliosamente dire:”io c’ero”, a far emergere un quadro il più preciso possibile di quegli anni in cui la filosofia della cinofilia segugistica era agli inizi

Quando si è giovani il tempo sembra non passi mai. Da ragazzini si desidera diventare grandi subito, ma poi da adulto capisci, invece, come il tempo sia volato via veloce e allora vorresti rallentarne la corsa. Tuttavia, pur se tornare indietro non si può, quello che, fortunatamente, si può fare è rivivere, anche se con un po’ di inevitabile nostalgia, i ricordi nella nostra mente. Così i miei ricordi, di allevatore e di cacciatore, sono indelebili, ricchi come sono di emozioni e di soddisfazioni, anche se non ho certo dimenticato i grandi sacrifici che pure mi sono costate.

Quarant’anni fa

A quell’epoca, più di quarant’anni fa, la caccia era l’espressione di una vera fusione con il mondo della natura, con i segugi e con i selvatici. lo iniziai praticando solo la caccia alla lepre. Negli anni Sessanta/Settanta, infatti, i territori erano popolati da molti selvatici che vi proliferavano naturalmente, non essendo ancora insidiati né dai liquidi studiati dall’uomo per l’intensificazione agricola né dalle monoculture intensive e solo più tardi, specialmente nei territori di montagna dove ho sempre cacciato, la gente è andata via via scomparendo poiché i giovani inseguivano un lavoro più comodo nelle città.
Ma allora l’uomo viveva ancora in simbiosi con la natura alimentandosi dei frutti che questa gli metteva a disposizione e avendone cura, tenendo puliti i boschi e i prati necessari per il foraggiamento degli animali domestici. Gli inverni erano freddi e nevosi, il che garantiva il verde intenso della primavera e significava abbondanza d’acqua per tutta la successiva estate. Di tutto ciò ne trae-vano beneficio tutti i selvatici della montagna, ma soprattutto le lepri e, di conseguenza, anche noi amanti dei segugi che potevamo contare sulla sicura riuscita del loro addestramento.

Personalmente sono cresciuto con questi valori ed è per questo che, logicamente, ho cercato di trasmetterli anche a mio figlio Gianluca che, fin da piccolissimo, mi seguiva nelle mie avventure di caccia e non, ma sempre in compagnia dei miei amati segugi. E, attualmente, sto cercando di fare lo stesso anche con mio nipote, suo figlio Alex, anche se però, purtroppo, nel suo caso l’esempio di una natura incontaminata sono oramai più solamente nei miei racconti che non nella possibilità di fargliela toccare e vedere.

I segugi di ieri e quelli di oggi

Dai tempi in cui io ho iniziato, l’evoluzione che hanno fatto registrare i segugi ed i segugisti è stata davvero notevole. Vi è stato, infatti, un grande miglioramento,che ha interessato tutte le razze da seguita, che in generale ha riguardato sia la struttura morfologica, sia le loro qualità venatorie. Quello che si è smarrito, proprio  per il trascorrere del tempo che scandisce l’evoluzione della nostra vita (come ho già detto inizialmente), purtroppo è il fascino di certi grandi cacciatori anziani che con il loro bagaglio di esperienze, conoscenze e tradizioni rappresentavano un insostituibile esempio per le nuove leve. E questo anche se i loro insegnamenti vivono tuttora dentro di melo, che da sempre ero rimasto affascinato dai Vandeani, a quel tempi importavo e addestravo i miei primi Ariégeois, unitamente a qualche Porcelaine e a qualche Fulvo di Bretagna (razze, queste ultime due, che poi sostituii con gli Anglo-Francais de petit venerie), e per questo, nell’ambiente segugistìco di allora ero visto un po’ come una meteora nello spazio. Poiché, all’epoca, il segugista viveva la caccia molto più con la mentalità del carniere a discapito del godimento dato dall’osservare il lavoro dei segugi. E in fondo, a ben pensarci, ancora oggigiorno vi è più di qualcuno che continua ad avere un simile atteggiamento anche se, indubbiamente quanto fortunatamente, una tale situazione è andata cambiando in meglio. Così come la figura del cacciatore segugista è sicuramente migliorata grazie, anche, all’aumentato benessere sociale che ha ingenerato una mentalità nuova e un diverso approccio all’attività venatoria.

Fondamentale in questo senso è stata poi l’attività di propaganda del cane segugio svolta dalla società specializzata, la Sìps, dall’Enci e, soprattutto, dagli esperti giudici che in esposizione e nelle prove dì lavoro hanno promosso una migliore conoscenza dei cani da seguita tra gli appassionati e gli stessi allevatori. Con il risultato che al giorno d’oggi (che alla lepre e al cinghiale si va a caccia organizzati in squadre composte da un minimo di tre o quattro ad oltre trenta persone, a seconda dell’animale perseguito), in genere si presta molta attenzione al lavoro svolto dai segugi dando, giustamente, un’importanza più relativa alla cattura del selvatico. Anche se poi, in definitiva quest’ultima rimane pur sempre lo scopo ultimo della caccia.

I rapporti tra Nord e Sud

Nel corso degli anni, sia io che mio figlio Gianluca, come allevatori con l’affisso “dei Lupi del Grana, siamo andati via via accrescendo i nostri contatti con i segugisti di tutta Italia. In particolare dobbiamo tanto al Sud e non solo perché lui è sposato, da più dì tredici anni, con una ragazza siciliana che gli ha regalato due figli splendidi. Abbiamo, infatti, una sincera stima, profonda e ricambiata, con tanti bravi segugisti del Meridione che amano la caccia con i segugi in modo appassionato e che hanno ritenuto di accordarci la loro fiducia avvalendosi dei nostri segugi francesi per soddisfare la loro passione venatoria. E noi, proprio grazie a ciò, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con delle realtà territoriali diverse cercando sempre di migliorarci nella selezione dei nostri cani, affinché i nostri soggetti avessero a rispondere nel migliore dei modi alle esigenze di quanti praticavano metodi di caccia anche diversi dai nostri.

Da ultimo, pertanto, dirò che voglio sperare che anche questo nostro atteggiamento abbia, sia pure in minima parte, contribuito a rafforzare i legami tra i segugisti del Nord e quelli del Sud, in un rapporto di fiducia reciproca che faccia crescere sempre più la voglia di migliorarsi, tutti insieme, per cercare di raggiungere dei risultati sempre più grandi nell’ottenere dei segugi tanto belli quanto bravi ed uniti nel divertimento e nella passione che solo la caccia con i nostri cani ci sa regalare.

II Briquet Griffon Vendéen

Briquet Griffon Vendéen
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Quella di questo segugio è la soia razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”, il termine con cui, anticamente, venivano genericamente indicati i cosiddetti “bracchetti di paese”

di Luca Colombo

Originario della regione francese della Vandea, il Briquet Griffon Vendeén, cane segugio utilizzato per la caccia in battuta con il fucile, è la sola razza francese ad avere conservato la denominazione “Briquet”. Va ricordato, infatti, come, con il termine “briquets de pays”, (bracchetti di paese) anticamente venivano genericamente indicati tutti quei cani di taglia media, di sangue non nobile, piuttosto focosi, testardi, indisciplinati e irregolari nella loro azione, ma intelligenti e dotati d’iniziativa nel dipanare i grovigli ed i falli sulla traccia della lepre. Curiosamente, tuttavia, furono proprio i briquets che contribuirono a formare in Francia una serie di cani da lepre di mezzo sangue dalle ottime capacità venatorie. Anzi, molte di quelle razze che all’epoca della rivoluzione del 1789 andarono disperse o deliberatamente distrutte perché appartenenti all’odiata nobiltà, hanno trovato la possibilità, attraverso i briquets, di perpetuare la loro stirpe. Si spiega quindi così anche l’origine del Briquet Griffon Vendeén, che sarebbe derivato dal griffone di Vandea di grande taglia, per Hubert Dezamy, dal momento che questo cane pare essere una riduzione armonica e migliorata di quello, poiché in esso tutto è stato ridotto nelle dimensioni senza tuttavia perdere la distinzione del tipo originario e mantenendo integre le doti naturali di quel gran cane; doti che risultano essere ideali tanto per la caccia alla lepre, quanto per quella al cinghiale.

 Briquet Griffon Vendéen

In tempi più recenti, la selezione del Briquet Griffon Vendeén fu intrapresa, prima della prima guerra mondiale, dal conte d’Elva. Dopo il suo intervento, infatti, si potevano trovare degli esemplari di questa razza in diversi equipaggi della regione. Purtroppo la razza subì una drastica riduzione nel numero dei suoi esemplari durante il triste periodo delle due guerre mondiali.

Tuttavia il Briquet Griffon Vendeén iapparve, anche se ridotto quasi ai minimi termini, a Fontenay-le-Comte nel 1946, nella muta di monsier Guilleme e da lì prese il via il suo allevamento moderno. Soggetti di una qualità straordinaria sono stati allevati nella patria d’origine da madama Chataigner, monsieur Coper e monsieur Moinet, e nel 1995 una muta di questi cani vinse il “Trofeo di Francia” nelle prove di lavoro su capriolo. Ed è grazie alla sapiente mano selettiva degli uomini che si sono dedicati al suo allevamento e che ne hanno saputo fissare le straordinarie doti venatorie se il Briquet Griffon Vendéen si è fatto apprezzare anche nel nostro Paese soprattutto per le sue qualità venatorie

Un segugio vero

E, a proposito di qualità venatorie, non v’è motivo di tacere come, tra le caratteristiche del Briquet Griffon Vendéen, la testardaggine e la resistenza nel far canizza e nell’abbaiare a fermo al cinghiale rappresentino, per molti, un aspetto della razza che fa preoccupare. Tuttavia, chi decide di allevare un cucciolo di Vandeano deve sicuramente considerare altresì come questi cani presentino anche molte caratteristiche positive.

Questo segugio, infatti, durante la caccia non si risparmia, né fisicamente né psicologicamente, essendo un cacciatore assiduo, in continua ricerca del fiato dell’animale, che qui da noi, in Italia, è rappresentato per lui per lo più quasi esclusivamente dal cinghiale. Selvatico sul quale, ad esempio, un’altra dote molto importante di questo cane si rivela essere il coraggio innato; dote che, a volte, può persino essere pericolosa in quanto è capace di tenere testa ad animali molto cattivi, capaci di infliggergli ferite molto gravi quando non mortali. Briquet Griffon Vendéen

La razza è numericamente piuttosto presente nel nostro Paese dove viene impiegata, come già sottolineato, quasi esclusivamente, per la caccia al cinghiale e, ma solo rarissimamente, per la caccia alla lepre. Tant’è vero che in una sua intervista rilasciata qualche anno fa, Gianluca Lerda, noto allevatore della razza ebbe a dire: ‘Il Briquet Griffon vendéen ha fortunatamente fatto riscontrare una buona diffusione: Si può sostenere, infatti, che un po’ in tutte le squadre di cinghialai ben organizzate, o perlomeno nella maggioranza di esse, sia presente almeno un soggetto di questa razza. E personalmente ritengo che questa sia la migliore “onda” che, consentendo la diffusione e la conoscenza delle proprie caratteristiche, una razza di segugi che possa avere allo scopo di farsi accreditare presso i cacciatori”. Lo stesso allevatore poi, ad una precisa domanda sulle caratteristiche venatorie di questi cani, proseguiva sostenendo altresì: “A caccia vi è chi è abituato ai piccoli cani (magari frutto d’incroci di vario genere), che se vedono il selvatico lo abbaiano, magari anche a fermo, ma poi desistono dalla seguita e non fanno la traccia allo scovo; tuttavia il cacciatore sa sempre dove sono e non li perdono mai. Allo stesso modo vorrebbero, quindi, il vandeano che non sia “lungo” nella seguita. Orbene, a questi signori io ribatto che, se il cane riesce un buon segugio da cinghiale, deve essere in grado sull’accostamento della pastura di abbaiare il filo della traccia fino al covo del selvatico, per poi mettersi al fermo e quindi partire sulla seguita per spingerlo alle poste. Se poi, nella cacciata, si ha la sfortuna che l’animale inseguito ci deride sulle poste, perché “padellato” o perché non ci passa e le devia, il buon segugio non deve comunque abbandonare la seguita. E questo anche se finisce fuori zona e fa, magari, abbattere il selvatico ad un’altra squadra. Perché il segugio, che caccia con il cuore, non può certo sapere che sarebbe meglio fermarsi e tornare dal conduttore, dal momento che lui fa solo il suo lavoro cercando di perseguire, al massimo delle sue possibilità, il suo obiettivo che è quello di vedere il cinghiale abbattuto.

In conclusione: se sulla seguita del Briquet Griffon Vendéen, ma in generale di qualunque altro segugio completo e bravo in tutte le fasi del suo lavoro, gli abbattiamo il selvatico che ha scovato, il cane si ferma su quell’animale e la battuta è, di fatto, finita. Ma nel caso che, oltre a quello abbattuto alle poste vi siano altri cinghiali che scollinano, il cane deve comunque continuare a seguire quelli vivi e toccherà a conduttori e postaioli, purtroppo, cercare d’impedire che questo accada. Altrimenti non rimane che aspettare, il vandeano, infatti, una volta esaurite le risorse dei propri polmoni e delle proprie zampe farà sicuro rientro dal conduttore, nella zona da dove è stato sciolto”.

E del resto, a detta dei suoi appassionati, è un dato di fatto che se possiede il giusto sangue da lavoro e se viene selezionato in serietà, attraverso accoppiamenti mirati su linee di sangue diverse, i Briquet Griffon Vendéen (indipendentemente dal colore del mantello), possiedono generalmente degli importanti mezzi per divenire ottimi ausiliari per la caccia al cinghiale. Questo segugio non è, in genere, un cane di passata, ma arriva molto velocemente ad abbaiare a fermo al cinghiale sfruttando il vento, ed è da notare come, la sua voce possa variare da una corrente di sangue all’altra: infatti, alcuni soggetti possono “urlare”, mentre altri possono “scagnare”.

Note conclusive

II Briquet Griffon Vendéen è un cane che, durante la cacciata, è sì capace di compiere degli atti estremi, ma più in generale si può altresì affermare che il Vandeano sia un segugio dotato di metodo, capace di dare buona voce sulla pastura notturna dell’irsuto ungulato, anche a distanza di 8 – 10 ore, scorrevole e deciso a risolvere lo scovo. Un cane d’iniziativa, coraggioso e dinamico, con grande attitudine a non demordere anche nelle macchie sporche e difficili da penetrare e capace di incoraggiare tutta la muta nel rimanere compatta per far uscire l’animale dalla lestra e ad iniziarne la seguita.

II colore del suo mantello può essere bianco-arancio, ma possiamo trovare anche dei soggetti bianco-grigi, bianco-neri e tricolori, mentre il suo pelo deve essere lungo, piuttosto duro, con un po’ di sottopelo, ma comunque mai lanoso. Gli occhi e il tartufo devono essere scuri, ben pigmentati e mai chiari. Infine, la pelle di questo segugio è molto spessa e tale dote, unitamente allacaratteristica del suo pelo, fa sì che durante la stagione fredda (proprio il periodo della caccia al cinghiale), il Briquet Griffon Vendéen presenti un’alta resistenza alle basse temperature concomitanti, anche abbastanza di frequente, con pioggia e neve; a differenza di molti altri cani che, a volte, in presenza di tali condizioni meteorologiche cessano l’azione di caccia. Per contro, però, soffre molto il caldo, ragione per cui è quindi opportuno mettere a riposo il nostro Vandeano, durante l’estate, allo scopo di evitargli colpi di calore.

Infine, un ultima considerazione sul Briquet Griffon Vendéen circa alcuni aspetti delle cure veterinarie di cui, a volte, necessità questo cane.E’ bene ricordare, infatti, che le orecchie, gli occhi e il pelo vanno curati in modo particolare, e che inoltre, può soffrire di allergie cutanee. Ma, a ben vedere, si tratta di un segugio forte e robusto, molto resistente a quasi tutte le malattie virali e batteriche che, se sverminato e vaccinato regolarmente, non presenta quasi mai qualche problema.

 


L’Ariégeois

Gianluca Lerda
Articolo tratto dalla rivista “Cani da seguita”

Frutto di sapienti incroci, operati dagli allevatori d’oltralpe,questo grande segugio francese è dotato di fine olfatto e di un carattere dolce che, unitamente alla grande intelligenza, contribuisce a facilitarne l’addestramento.

 

 Gianluca Lerda

 

Inizialmente ottenuto dall’accoppiamento di  un Briquet dell’Ariége con il meticcio Gascon Saintongeois e, successivamente,migliorato tramite l’infusione di sangue del Grand Bleu de Gascogne con una selezione meticolosa ed accurata, I’Ariégeois è in sostanza un tre quarti di sangue dove l’influsso dei Briquet locale è stato oramai ridotto al minimo.E giusto quella degli Ariégeois fu la prima delle razze francesi ad essere utilizzata da mio padre Osvaldo allorché, proprio agli inizi della sua carriera venatoria, egli si dedicava principalmente alla caccia alla lepre che praticava nelle nostre vallate montane del cuneense. E da allora, di quei primi cani, si ricorda ancor oggi, come fossero accadute ieri, gesta e performances sui terreni di caccia. L’Ariégeois, infatti, possiede innate qualità ed una bramosia tali che gli consentono di rimanere legato all’usta e di dipanare così il complicato ricamo intessuto dalla lepre (sia per soddisfare il suo naturale fabbisogno alimentare, quanto per cercare di celarsi ai suoi tanti nemici), durante il suo peregrinare notturno, fino a giungere allo scovo.

 

Un segugio che non lascia indifferenti ariegeois

Se, indubbiamente, I’Ariégeois è un cane che non può certo lasciare indifferente il cacciatore appassionato delle razze da seguita francesi, vi è tuttavia altresì da sottolineare come anche il segugista per il quale esso non rappresenti il proprio ideale di segugio, osservando lavorare sul terreno di caccia questo cane non possa,comunque, fare a meno di apprezzarne le evidenti capacità venatorie (beninteso, naturalmente, se si tratta di un soggetto mediamente in possesso delle qualità di razza). Segugio dall’aspetto generale elegante ed atletico,evidenziato anche dalle movenze aggraziate che unitamente al mantello bianco nero consentono di distinguerlo anche da lontano, è capace di seguire la traccia del selvatico (lepre o cinghiale che sia), anche in presenza di condizioni climatiche sfavorevoli e su terreni aridi, o poco umidi, dalla mattina alla sera.

L’Ariégeois svolge la propria azione di caccia naso a terra alla ricerca dell’usta e con un movimento armonico della coda, che fa muovere più freneticamente tanto più forte è il sentore del selvatico che sta rilevando, quindi,alzando con decisione la testa ne da la segnalazione, con voce ululata, al suo conduttore. Poi, allorché il cane sente di essere vicino alla rimessa del selvatico perseguito, il tono della sua voce (da consecutivo e arrabbiato), cambia per diventare un ululato urlato e sempre più serrato allo scovo e alla conseguente partenza della seguita.Durante la risoluzione dei falli imposti dall’animale in fuga, la voce dell’Ariégeois diventa quindi un intercalare che diventa nuovamente un ululato urlato alla ripresa del giusto filo che fa riprendere la seguita.n conclusione ritengo  roprio di poter affermare che si tratta di un segugio dotato, perlomeno della maggior parte dei suoi soggetti, di notevole bravura e capacità che gli consentono di venire impiegato, sempre con ottimi risultati, tanto nella caccia alla lepre, quanto in quella al cinghiale. Su entrambi questi selvatici, infatti, lo si può specializzare essendo I’Ariégeois naturalmente portato a recepire i nostri comandi e insegnamentì in modo davvero esemplare. Infine, è un cane che può essere indifferentemente utilizzato in muta c in coppia e, anche, singolarmente.

E’ uno dei migliori segugi francesi

AriégeoisIn Italia, oramai da diversi anni e praticamente in ogni regione del nostro Paese, I’Ariégeois,considerato in Francia uno dei migliori segugi per la caccia alla lepre, ha avuto la possibilità di dimostrare agli appassionati segugisti del nostro Paese le proprie qualità anche nella caccia al cinghiale riscotendo,generalmente, ottimi consensi e raggiungendo, di conseguenza, un buon livello di popolarità e conoscenza. Come ben si sa,
infatti, il solo modo per conoscere davvero – nella completezza di tutte le sue qualità – una razza di segugi, è sicuramente quello di utilizzarne i soggetti, soprattutto, a caccia.Per questo, personalmente, mi sento di poter affermare che ancor di più l’ideale sarebbe quello di far ciò acquistando e quindi iniziando ad addestrare l’Ariégeois fin da quando è cucciolo; poiché, in questo modo,già durante le fasi della sua crescita il piccolo segugio si plasmerebbe ai comandi e al modo di cacciare del proprio conduttore (in base alle esigenze di ognuno). Naturalmente, però,non voglio certo nascondere a nessuno come, decidendo di prendersi cura di un cucciolo,da lì ad ottenere dei risultati il cammino sia lungo e non facile;e spirito di sacrificio e tanta pazienza dovranno necessariamente far parte del bagaglio di chi si appresta ad intraprendere questa strada. Ma, se alla base vi è un buon sangue da lavoro, certamente il seguirne l’inserimento e l’ambientamento nel suo nuovo ambiente, il progressivo affezionarsi a noi e la sua lenta maturazione mentre assimila, mano a mano, i nostri insegnamenti e le nostre esigenze sul terreno di caccia, rappresenteranno dei momenti unici e irripetibili che, dall’ultimo ma non ultimi, sapranno poi premiarci nel migliore dei modi allorché il nostro allievo susciterà l’apprezzamento di tutti i componenti della nostra squadra per le sue doti e la sua educazione, riempiendoci di sano e più che giustificato orgoglio.

 


Allenatori e allevatori

BENEDETTI SILVANO e blanco

 

BENEDETTI SILVANO e blanco

Onorati della visita in allevamento a sinistra affiancato a Diana capomuta razza ariégeois il Signor BENEDETTI SILVANO responsabile tecnico della Scuola Calcio Torino F.C. ed ex giocatore di Torino e Roma negli anni ’80 e ’90 vicino a Blanco dei Lupi del Grana sempre ariégeois il grande mister della Scuola Calcio Torino F.C. in particolare dei pulcini secondo e ultimo anno il signor ERMANNO DE MARIA il cui padre era un cacciatore cinghialaio


Antonio COMI

Antonio COMI e Silvano BENEDETTI  responsabili tecnici del SETTORE GIOVANILE del TORINO F.C. nonchè ottimi giocatori in serie A di TORINO e ROMA.

(Il signor COMI è alla mia sinistra, io Gianluca LERDA sono in mezzo con il segugio anglo-francese Bilù e alla mia destra c’è il signor BENEDETTI)